Corriere della Sera, 19 maggio 1904, 4 luglio 2014
Tags : Madama Butterfly
Intervista a Puccini dopo il Fiasco di Madama Butterfly alla Scala
Corriere della Sera, 19 febbraio 1904
Ci siamo recati a salutare Giacomo Puccini nella sua casa di via Giuseppe Verdi, 4. L’abbiamo trovato circondato da molti amici. Era tranquillo, sebbene un po’ amareggiato. C’era la Storchio, c’era Tito Ricordi. Nelle parole di tutti era una protesta per il contegno del pubblico.
Il maestro ci disse: «Domandi a Ricordi. Prima della Manon, prima della Bohème, prima della Tosca ero agitatissimo. E quelle opere furono dei successi. Questa volta mi sentivo tanto tranquillo! L’opera mi commuoveva sempre, quando la eseguivo al pianoforte. [...] Le prove confortarono la mia fede. Tutti ci si appassionavano, dagli artisti ai più modesti lavoratori delle scene e delle soffitte. Io vedevo i miei ascoltatori, pochi e dispersi nella gran sala della Scala, partecipare con pieno cuore alle vicende. Vedevo che anch’essi amavano la mia giapponesina come l’amavo e come l’amo. Finché scrivevo la musica, io me la vedevo la piccola donna, dolce e malinconica, la seguivo nella sua vita, la immaginavo seduta sul ciglione d’una collina, la testa reclinata, ad aspettare, ad aspettare. Alla prova generale non cantava la mia brava Storchietta, eppure, anche data così, l’opera ebbe lo stesso effetto. Dopo...»
Dopo...
«Dopo ho sentito dal palcoscenico imperversare la bufera. Ma essa non mi ha abbattuto. Io voglio ancora bene a Butterfly. Ci credo ancora. L’ho scritta con tanta emozione! Io non ascolto mai con piacere le mie opere, tranne forse l’ultimo atto della Bohème. Ma questa sì, tutta, e divertendomi e interessandomene. Ho la coscienza d’aver scritta la più moderna delle mie opere. Sì, la più moderna».
Poi, prendendosi la testa fra le mani:
«Delle esagerazioni no, no, assolutamente no. È tutta sincera, tutta sentita».
Poi, con uno scatto:
«Mi hanno accusato di enfasi!»
E dovevano lodarti per la sobrietà, interruppe Tito Ricordi.
E il maestro:
«E capisco anche perché nessuno sia insorto contro tanta fiera ostilità. Perché Butterfly è un’opera di suggestione. Rotta questa suggestione, l’incanto cade. E i tumulti, gli strepiti, hanno infranto quell’atmosfera limpida e dolce di piccolo sogno doloroso che poteva mostrar vive le figure e le passioni. Il pubblico non poté sentire, e quindi non poté giudicare [...]. Adesso daremo l’opera con dei tagli in un ambiente minore, dove non possano infiltrarsi malevolenze preventive».
In ogni modo è assai lieta cosa che ella sia così sereno.
«Sì, sereno, sebbene addolorato, oggi più di ieri». [...]
Ci siamo recati a salutare Giacomo Puccini nella sua casa di via Giuseppe Verdi, 4. L’abbiamo trovato circondato da molti amici. Era tranquillo, sebbene un po’ amareggiato. C’era la Storchio, c’era Tito Ricordi. Nelle parole di tutti era una protesta per il contegno del pubblico.
Il maestro ci disse: «Domandi a Ricordi. Prima della Manon, prima della Bohème, prima della Tosca ero agitatissimo. E quelle opere furono dei successi. Questa volta mi sentivo tanto tranquillo! L’opera mi commuoveva sempre, quando la eseguivo al pianoforte. [...] Le prove confortarono la mia fede. Tutti ci si appassionavano, dagli artisti ai più modesti lavoratori delle scene e delle soffitte. Io vedevo i miei ascoltatori, pochi e dispersi nella gran sala della Scala, partecipare con pieno cuore alle vicende. Vedevo che anch’essi amavano la mia giapponesina come l’amavo e come l’amo. Finché scrivevo la musica, io me la vedevo la piccola donna, dolce e malinconica, la seguivo nella sua vita, la immaginavo seduta sul ciglione d’una collina, la testa reclinata, ad aspettare, ad aspettare. Alla prova generale non cantava la mia brava Storchietta, eppure, anche data così, l’opera ebbe lo stesso effetto. Dopo...»
Dopo...
«Dopo ho sentito dal palcoscenico imperversare la bufera. Ma essa non mi ha abbattuto. Io voglio ancora bene a Butterfly. Ci credo ancora. L’ho scritta con tanta emozione! Io non ascolto mai con piacere le mie opere, tranne forse l’ultimo atto della Bohème. Ma questa sì, tutta, e divertendomi e interessandomene. Ho la coscienza d’aver scritta la più moderna delle mie opere. Sì, la più moderna».
Poi, prendendosi la testa fra le mani:
«Delle esagerazioni no, no, assolutamente no. È tutta sincera, tutta sentita».
Poi, con uno scatto:
«Mi hanno accusato di enfasi!»
E dovevano lodarti per la sobrietà, interruppe Tito Ricordi.
E il maestro:
«E capisco anche perché nessuno sia insorto contro tanta fiera ostilità. Perché Butterfly è un’opera di suggestione. Rotta questa suggestione, l’incanto cade. E i tumulti, gli strepiti, hanno infranto quell’atmosfera limpida e dolce di piccolo sogno doloroso che poteva mostrar vive le figure e le passioni. Il pubblico non poté sentire, e quindi non poté giudicare [...]. Adesso daremo l’opera con dei tagli in un ambiente minore, dove non possano infiltrarsi malevolenze preventive».
In ogni modo è assai lieta cosa che ella sia così sereno.
«Sì, sereno, sebbene addolorato, oggi più di ieri». [...]