La Gazzetta dello Sport, 10 maggio 2011
Ieri Berlusconi s’è presentato al processo Mills, in cui è imputato di corruzione in atti giudiziari

Ieri Berlusconi s’è presentato al processo Mills, in cui è imputato di corruzione in atti giudiziari. Intanto Napolitano celebrava la giornata in memoria delle vittime del terrorismo calcando il discorso sul contributo di sangue offerto in quegli anni bui dai magistrati, dieci ammazzati da brigatisti e affini e 15 dalle mafie. Berlusconi allora ribadiva di essere d’accordo, ma ripetendo un concetto abusato in questi ultimi giorni e cioè che i magistrati sono un cancro. Eccetera eccetera.
• Intanto domenica prossima si vota.
Già, e questo appuntamento determina le sparate del premier che ha bisogno di indicare ai suoi elettori un nemico, un pericolo da fronteggiare. Un ambiente in stato d’allarme è quello in cui il nostro premier si muove meglio. A livello locale c’è poco da gridare contro i comunisti. I magistrati invece vanno bene, specie quelli milanesi: a Milano si vota e, a quanto si capisce, la vittoria della Moratti non è sicura. E i giudici, si sa, fanno la guerra al capo del governo. Quindi, doppio risultato: delegittimare il nemico e chiamare il suo popolo alla battaglia. D’altra parte, in questo gioco di criminalizzare i giudici, il Cav ha trovato pane per i suoi denti. Non lo contrasta solo Napolitano, ma perfino Bossi. L’altro giorno il Senatur, richiesto di un’opinione su queste toghe-cancro, ha risposto: «Cancro? Chiedetelo a lui. Per me non sono quella roba lì. Penso che ogni tanto c´è qualcuno che rompe le scatole, però non sono tutti uguali».
• Che cosa ha detto ieri Napolitano?
Un discorso commosso, ma non privo di allusioni alla situazione attuale. Come saprà il 9 maggio – giorno in cui, nel 1978, fu ritrovato nella Renault rossa il cadavere di Moro – si celebra la giornata della memoria delle vittime del terrorismo. Napolitano, davanti ai familiari di quei poveri morti (che a un certo punto è andato ad abbracciare con le lacrime agli occhi), ha detto che è indispensabile «parlare responsabilmente della magistratura e alla magistratura nella consapevolezza dell’onore che ad essa deve essere reso come premessa di ogni produttivo appello alla collaborazione necessaria per le riforme necessarie». Quindi, mentre difendeva l’onorabilità dei giudici, ha ammesso che una riforma ci vuole. Poi ancora, riferendosi in particolare ai giudici Alessandrini e Galli: «La loro lealtà fu essenziale», ha detto, «e la battaglia della giustizia penale contro il terrorismo fu decisiva». Parole che Berlusconi ha condiviso. Quando gli hanno riferito il discorso di Napolitano, ha infatti commentato: «Insieme al governo e all’Italia intera, mi inchino con rispetto e gratitudine per ricordare le vittime del terrorismo, unendomi idealmente alle nobili parole pronunciate questa mattina al Quirinale dal capo dello Stato».
• E allora? Si direbbe che vanno d’amore e d’accordo.
No, perché Napolitano ha attaccato Berlusconi criticando fortemente il Lassini, quel candidato al comune di Milano (berlusconiano) che ha affisso manifesti in cui i giudici sono paragonati ai brigatisti. A questo medesimo Lassini, Berlusconi ha invece telefonato, pieno di gratitudine (ha poi fatto sapere che lo ha voluto ringraziare per la decisione di dimettersi appena sarà eletto). E in ogni caso, alle parole di Napolitano Berlusconi ha ribattuto un’altra volta che i magistrati di adesso sono un’associazione a delinquere, sulla quale dovrà indagare una commissione parlamentare d’inchiesta.
• Non lo ha trattenuto il fatto di trovarsi nel palazzo di Giustizia di Milano, imputato per corruzione nel processo Mills?
Per niente. «È un processo ridicolo, il peggiore di tutti, paradossale e incredibile che lo Stato spenda tanti soldi per una cosa senza movente e dove non c’è prova di versamento. Davvero soldi buttati dalla finestra, andrà tutto in prescrizione il prossimo gennaio e, quando sarà passata la legge sul processo breve, addirittura sei mesi prima».
• Non s’è sprecato a difendersi dalle accuse?
Non in aula, dove l’udienza è stata subito aggiornata al 16 maggio (dovrebbe esserci Briatore). Ai cronisti ha detto che Mills è uno dei tanti avvocati di cui si serviva la Fininvest, non lo ha mai incontrato in vita sua, questo pasticcio è nato dal fatto che lui non voleva pagare le tasse in Inghilterra. Per essere più persuasivo ha distribuito le fotocopie delle pagine di un libro del 2008 di Bruno Vespa (Viaggio in un’Italia diversa) in cui risponde a domande sul processo Mills e spiega che i 600 mila dollari in odore di corruzione erano in realtà un saldo della parcella professionale. Come vede, in un modo o nell’altro, il Cavaliere tiene sempre la scena.