La Gazzetta dello Sport, 9 marzo 2011
Anche se Gheddafi ha forse riconquistato Ras Lanuf (ma altre fonti dicono che i ribelli controllano comunque ancora il centro della città), l’aria intorno al colonnello è cambiata: i rivoltosi hanno lanciato un ultimatum («vattene entro 72 ore e non sarai processato») dietro il quale si deve sentire la voce degli Stati Uniti

Anche se Gheddafi ha forse riconquistato Ras Lanuf (ma altre fonti dicono che i ribelli controllano comunque ancora il centro della città), l’aria intorno al colonnello è cambiata: i rivoltosi hanno lanciato un ultimatum («vattene entro 72 ore e non sarai processato») dietro il quale si deve sentire la voce degli Stati Uniti. Aerei radar Awacs pattugliano 24 ore su 24 il cielo di Tripoli, con la benedizione del Consiglio atlantico: anche se nessuno lo dice, questo è già un atto di guerra. Gli insorti hanno ammesso di aver avuto contatti con esponenti degli Stati Uniti. Mahmoud Jebril e Ali El-Esawi, due esponenti del Consiglio nazionale libico di Bengasi, sono arrivati ieri a Strasburgo per discutere con la Ashton (il ministro degli esteri europeo) e con Guy Verhofstadt, che li ha invitati. Domani a Bruxelles c’è un vertice dei capi di stato e di governo della Ue e venerdì un vertice dell’Unione europea prenderà qualche decisione in merito alla possibilità di una missione Onu-Ue da spedire in Libia. Nello stesso giorno si terrà un’altra riunione molto importante: quella dei ministri degli Esteri della Lega Araba. Si incontreranno al Cairo e discuteranno anche loro di Libia. La Lega araba, contraria finora a un intervento, ha da ultimo prudentemente ammesso che una no-fly zone su Tripoli non la vedrebbe forse contraria. La no-fly zone è quella che invocano anche gli insorti. I quali però non vorrebbero veder mai gli occidentali impegnati in operazioni a terra.
• Insomma si avvicina in qualche modo il momento di un’azione concordata, magari solo dal cielo.A quello che si capisce, sì. L’ipotesi di un lungo stallo, che risulterebbe vantaggiosa per il rais, è intollerabile per gli occidentali. Nelle ultime 48 ore ci sono state dichiarazioni molto significative: «Stiamo valutando un’ampia gamma di opzioni, inclusa quella militare» (Obama), «Se Gheddafi e i militari continuano ad attaccare la popolazione in modo sistematico, non riesco a immaginare che la comunità internazionale e l’Onu restino a guardare» (Anders Fogh Rasmussen, segretario generale della Nato ), «Noi consideriamo l’imposizione di una no-fly zone come una possibilità, ma quando vediamo quello che sta succedendo sul terreno dobbiamo constatare che nelle ultime operazioni delle forze fedeli a Gheddafi l’appoggio aereo non è stato un fattore decisivo», parole queste ultime – pronunciate da Ivo Daalder, ambasciatore americano presso la Nato – che fanno presagire la voglia americana di un intervento a tutto campo, aria e terra.
• Non basterebbe questa no-fly zone?
Dichiarando la no-fly zone le potenze vieterebbero a Gheddafi di far alzare in volo anche un solo apparecchio. Ma, per impedirgli di disobbedire, bisognerebbe prima bombardare la sua contraerea e neutralizzarla. E in ogni caso non è semplice impedire il volo agli elicotteri. Quello che si sussurra in giro, e che è proibito dire, è che gli americani sono tentati da un blitz: bombardamento di Bal al-Aziziya, dove è asserragliato Gheddafi con i suoi, un migliaio di morti, occupazione della città e in breve tempo del paese. C’è il problema del contesto internazionale, non favorevole (specialmente, come ormai sappiamo, da parte russa e cinese), delle casse Usa già dissanguate dai due fronti afghano e iracheno, e di una politica del dopo, così lacunosa in Iraq e tutta da inventare qui. Gli insorti invocano gli americani, ma appena gli americani arrivassero la propaganda alqaedista avrebbe in mano uno strumento d’attacco formidabile. C’è poi un risvolto italiano, in questa tentazione americana: certamente gli Stati Uniti vorrebbero adoperare la base di Sigonella, e Frattini ha già detto nei giorni scorsi che la base è a disposizione. In altre parole: entreremmo in qualche modo in guerra anche noi.
• Non potrebbe esserci un contrattacco di Gheddafi contro la Sicilia?
Ieri è stato segnalato un episodio strano. Due F-16 nostri si sono alzati in volo da Trapani Birgi per intercettare un velivolo. Il comunicato parla di un quadrimotore che stava entrando nello spazio aereo italiano dalla parte di Pantelleria. «Non erano Mig libici» ha assicurato il portavoce della base. D’altra parte tutti dicono che l’aviazione di Gheddafi è piuttosto scassata e semplice da neutralizzare.
• Se le cose stanno così perché il colonnello continua a combattere?
Vuole conquistare qualche posizione di forza. Ras Lanuf, dove ieri i bombardamenti di Gheddafi hanno centrato una palazzina, è sulla linea del petrolio. Come Sirte, che le truppe governative si accingerebbo a minare.
• La Libia continua a pompare petrolio? Non è tutto fermo?
In quel bacino ci sono 37 miliardi di barili. Nell’ultima settimana di febbraio, con la rivolta in corso, sono riusciti a vendere 570 mila barili al giorno, equivalenti a incassi per 200 milioni di dollari alla settimana.