24 settembre 2013
Tags : Nino Benvenuti
Biografia di Nino Benvenuti
(Giovanni) Isola d’Istria (Slovenia) 26 aprile 1938. Ex pugile. Fu medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma (1960), campione del mondo dei medi juniores (1965), campione del mondo dei pesi medi (nel 1967 e poi dal 1968 al 1970). «Il pugile è un bambino forte che pensa di avere il mondo sempre in pugno»
• Terzo dei cinque figli di Fernando, un commerciante di pesce di Isola d’Istria, il piccolo Nino fu spinto alla boxe dal padre: «Mise piede in una palestra per la prima volta a 12 anni. Alto, magro, filiforme, voleva solo irrobustirsi, finì per diventare campione. Il primo maestro Luciano Zorzenon, di professione palombaro, due spalle larghissime, ex dilettante senza pretese, due volte a settimana accompagnava il giovane Nino a Trieste per gli allenamenti nella gloriosa». [Gds 1966]
• «È stato l’uomo dei sogni e chi l’ha visto all’opera proprio non se lo può dimenticare. Bello, elegante, luminoso, etereo, charmant dentro e fuori dal ring, dava l’impressione di danzare sull’aria, un dio caduto sulla terra, perfetto per affascinare e per dare la scossa al cuore del pubblico tra pugni, emozioni, flirt, copertine delle riviste glamour, vittorie fantastiche e sconfitte micidiali. Nessuno è stato amato quanto lui» (Marco De Martino) • «Sapeva picchiare. Il jab sinistro era il baricentro della sua boxe, ma il gancio sinistro e il montante destro erano le armi con cui poteva risolvere un incontro con un colpo solo, una qualità rara» (Rino Tommasi)
• «Il titolo nazionale dei medi è il primo traguardo, mentre l’Italia dei pugni si spacca in due per una rivalità tra Nino e Sandro Mazzinghi che ricorda quella innescata nel ciclismo da Gino Bartali e Fausto Coppi. Si dice che Benvenuti piaccia agli spettatori dal palato raffinato, quelli che privilegiano stile, tecnica ed eleganza, mentre Mazzinghi è uno spericolato guerriero che entusiasma soprattutto chi ama le emozioni forti. Inevitabile che si arrivi a una sfida, programmata il 18 giugno 1965 a San Siro, dove Nino confeziona un capolavoro. Il suo colpo prediletto è il gancio sinistro, ma sul ring milanese è un montante destro, lungamente preparato in allenamento, a stendere al sesto round Mazzinghi, che al rivale consegna il titolo mondiale dei medi junior. Sconfitto faticosamente Mazzinghi nella rivincita romana di sei mesi dopo, Benvenuti conquista anche il titolo europeo dei medi. Una marcia che sembra inarrestabile si blocca però nel 1966 a Seul, dove il sudcoreano Ki Soo Kim gli infligge il primo insuccesso da “prof”, complice anche una misteriosa rottura delle corde sul ring. Stanno intanto per arrivare le tre indimenticabili notti di New York, che tengono svegli milioni di italiani, incollati prima alla radio e poi alla tv. Sono le notti in cui Benvenuti affronta per tre volte Emile Griffith, chiudendo il trittico con due vittorie e una sconfitta e riportando definitivamente in Italia il titolo mondiale dei medi» (Mario Gherarducci). «Il 17 aprile del 1967 uomini e donne che non avevano mai lasciato l’ombra delle proprie case a Little Italy s’avviarono al Madison per assistere al suo trionfo. C’era una New York di paisà imbandierati attorno al quadrato. Quando fu proclamato campione del mondo, al centro del ring, assieme ai tricolori, sventolavano i fiaschi di Chianti. Era un uomo felice. Continuò ad esserlo sino al momento in cui Monzon, una belva camuffata da picchiatore periferico, non rivelò con un’esplosione di fuoco la sua vera natura. La notte del 7 novembre del 1970 Carlos Monzon gli sparò in faccia un colpo che sembrava il gemello d’una mazzata da baseball. Dall’esplosione alla discesa definitiva del sipario, trascorse poco tempo. Non si è fatto depennare dalla boxe. Lo guardi, lo ascolti e ti vengono i dubbi. Ma davvero ha abitato lo stesso mestiere di quelli che, appena sentono il din don d’una campana, si mettono in guardia e puntano terrorizzati un inesistente nemico? Proprio lo stesso mestiere. Ma lui era strepitosamente bravo, un virtuoso della propria conservazione, e il grande traguardo, il titolo di campione del mondo, l’aveva raggiunto, era stampato non nei sogni, ma nella realtà. Aveva conservato la spavalderia per affrontare il secondo atto, quello della quotidianità in abiti borghesi, strizzando l’occhio al suo sinistro e mimando il gancio contro le avversità» (Gianni Ranieri).
• Ultimo match a Montecarlo l’8 maggio 1971: «Nel famoso combattimento contro Monzon, dopo tre riprese di un incontro ancora tutto da vivere, vidi volare sul ring quell’asciugamano che avrebbe decretato una resa definitiva, irreversibile. Non servì che dopo tre secondi avessi calciato il telo in platea. Quella volta, nemmeno le disperate proteste poterono nulla contro il destino che stava scrivendo l’ultimo capitolo della mia vita di pugile. Forse, ma lo capii più tardi, era giusto che si chiudesse così, nella maniera in cui ho sempre desiderato che finisse. Mai avrei accettato di abbandonare il ring da campione. Mi sarebbe sembrato di evitare l’ultimo sfidante per paura di perdere. Fu così che quella notte, a Montecarlo, finì la mia carriera di pugile. Se avessi rifiutato di incontrare Monzon, la prima volta a Roma e poi a Montecarlo, avrei potuto continuare ancora. Sì, certo, ma per quanto tempo e con quale spirito, sapendo di aver evitato il migliore?».
• «Quando seppi che Griffith era omomesessuale ci rimasi. Credevo che gli omosessuali fossero solo bianchi. I neri non ce li vedevo, per le loro fattezze, i movimenti...».
• Nel 1992 fu ammesso nell’International Boxing Hall of Fame.
• Oggi è commentatore televisivo.
• Prime nozze con Giuliana Fonzari, da cui ha avuto quattro figli e con cui ha adottato una bambina tunisina. Nel 1998, dopo il divorzio, il secondo matrimonio con Nadia Bertorello, da cui aveva avuto già una figlia. A celebrare le nozze Gianfranco Fini.