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 2013  agosto 15 Giovedì calendario

Torna a crescere il pil dell’Europa

• Fa sapere l’Eurostat che nel secondo trimestre 2013 il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,3% sia nei 17 Paesi dell’Eurozona (cioè quelli che hanno adottato l’euro come moneta comune) sia nella più vasta Ue a 27. Si tratta del primo dato positivo dopo sei trimestri consecutivi di Pil in calo. Per decretare ufficialmente la fine della recessione i trimestri di ripresa dovranno essere due consecutivi. Comunque il segno più c’è nel secondo semestre rispetto al primo del 2013, mentre se si fa il confronto annuale siamo ancora in negativo, e non di poco: rispetto al secondo trimestre 2012, il prodotto interno lordo fa -1,1% nell’Eurozona e -0,7% nella Ue complessiva. In un caso e nell’altro si tratta di medie e ci sono forti differenze fra le prestazioni economiche dei singoli Stati; al +0,3% dell’Europa corrisponde ancora un -0,2% per l’Italia. La raffica di numeri della stima flash di Eurostat dice che solo sei Paesi sono ancora in calo: oltre all’Italia, segnano -0,1% la Bulgaria, la Spagna e la Svezia, -0,2% l’Olanda e -1,4% Cipro. [Grassia, Sta]

• Taino sul Cds commenta la situazione economica italiana rapportata agli altri paesi europei: «L’indice nominale del costo del lavoro (che non calcola solo i salari ma il costo complessivo), fatto cento nel 2005, nel 2012 è salito a 106 in Spagna e a 104 in Portogallo (fonte Eurostat): in Italia è volato a oltre 118. Ciò ha contribuito a peggiorare significativamente il tasso di cambio reale effettivo delle merci e dei servizi italiani sui mercati internazionali. L’indice Reer dell’Eurostat calcola la competitività di prezzo (o di costo) di un Paese nei confronti dei suoi concorrenti principali: fatto salvo che il tasso di cambio della valuta è lo stesso per tutta l’area dell’euro, ciò che conta sono i costi interni che determinano i prezzi con i quali un Paese va poi sui mercati. Bene: fatto sempre cento il 2005, nel 2012 il Reer della Germania è stato 93, quello del Portogallo 92, della Spagna 95,5, della Grecia 88,4. Tutti hanno guadagnato in competitività di prezzo. L’Italia no, è salita a 101,5, come la Francia. Non stupisce che – pur tenendo conto della forza sempre maggiore dei Paesi emergenti nel commercio – l’Italia perda quote di mercato nell’export mondiale più dei partner europei. Nei cinque anni terminati nel 2012, la quota italiana è scesa del 23,4%. Solo la Grecia ha fatto peggio, meno 27%. La Francia ha perso il 14,1%, la Germania il 12,7, la Spagna il 14,2, il Portogallo il 15,5%».