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 2013  luglio 20 Sabato calendario

Fede, Mora e Minetti condannati nel processo Ruby bis • Una donna uccisa in casa • Il cantante Massimo Di Cataldo accusato di violenza • Il Papa istituisce una commissione sulla struttira economico-amministrativa della Santa Sede • Treni più lenti di quarant’anni fa • La Sicilia recupera trentasei manoscritti di Verga


Ruby bis Il processo Ruby bis si è concluso con sentenza di condanna per Emilio Fede e Lele Mora (sette anni) Nicole Minetti (cinque anni). Disposte indagini su Berlusconi e i suoi legali, gli avvocati-parlamentari Piero Longo e Niccolò Ghedini, per le manovre sulle testimonianze nel processo: già condannato a 7 anni e all’interdizione dai pubblici uffici (concussione e prostituzione minorile) nel processo principale, l’ex premier potrebbe trovarsi nel banco degli imputati con i suoi difensori già in inverno. I pm Ilda Boccassini, Piero Forno e Antonio Sangermano potrebbero procedere anche per reati come subornazione di testimone, favoreggiamento e falsa testimonianza. La sentenza di ieri, in attesa dell’appello, conferma l’impostazione dei pm: per soddisfare il «piacere sessuale» dell’allora premier, ad Arcore si muoveva un giro di 32 giovani prostitute la cui attività era favorita dall’ex direttore del Tg4 Emilio Fede, dall’ex agente dello spettacolo Lele Mora (già condannato a 4 anni e 3 mesi per la bancarotta fraudolenta della sua Lm management) e da Nicole Minetti. Se le ragazze ricevevano soldi e regali, Mora otteneva denaro e lavoro per l’agenzia, mentre l’ottantenne Fede si assicurava la permanenza alla guida del Tg4. Fede e Mora favorirono la prostituzione di Ruby sapendo che era minorenne: il giornalista perché l’aveva conosciuta nel settembre 2009 a un concorso di bellezza in Sicilia, Mora perché l’aveva reclutata nella sua scuderia. A mandarla per la prima volta ad Arcore il 14 febbraio 2010 fu l’agente, che viene condannato per induzione.

Delitto Nicoletta Figini, 55 anni. Da un paio d’anni vedova, benestante, titolare di un negozio di telefonia. Due precedenti: uno per guida in stato di ebbrezza e l’altro per essersi accompagnata a uno spacciatore. A detta dei vicini frequentatrice di tipi strani. Ieri mattina alle 9,05 la domestica salì in casa sua, trovò la porta aperta e spaventata corse a chiamare il custode. Risaliti, trovarono la donna morta sul pavimento del salone, in sottoveste, «legata come un salame» con cavi di computer, cinture, tende e lenzuola, lo scotch sulla bocca. Luci e condizionatore accesi. Chi l’ha uccisa si è calato dal tetto sul suo terrazzino grazie a una corda fissata all’antenna televisiva. In casa una gran confusione: tutto era a soqquadro, ma l’argenteria, tre cellulari e una cassaforte sono stati lasciati lì dov’erano. Al settimo piano del bel condominio di via Ramazzini 4, zona Porta Venezia. Milano.

Botte Il cantante Massimo Di Cataldo rischia l’arresto perché la sua compagna, l’artista Anna Laura Millacci, ha pubblicato su Facebook le foto del proprio viso segnato dalle botte di lui. Racconta che in tredici anni di vita insieme l’ha picchiata cinque-sei volte, l’ultima venti giorni fa. Una volta, inoltre, è stato particolarmente violento perché era incinta e l’ha fatta abortire: «Voglio che si sappia che non è un bruto. Negli ultimi anni però era sempre più nevrotico. Le radio non passavano la sua musica, io stavo aprendo la mia prima galleria. Lui era geloso, era infastidito dal mio progetto, diceva che avrei frequentato tanta gente… Diceva che di artista in casa ne basta uno. Mi avrebbe voluta a casa. E l’ho già fatto in passato, ma ora voglio vivere la mia vita. Non è un violento, è uno uomo gentile. Gli parte la testa, ma solo con me». La coppia ha una bambina di due anni.

Minigonna Il figlio diciassettenne di Rocco Siffredi non vuole che la fidanzatina si metta la minigonna (a settembre Rocco Siffredi su Cielo darà consigli alle coppie con calo di desiderio) (Fumarola, Rep).

Commissione Il Papa ha istituito un’altra «commissione referente» che risponde direttamente a lui, come quella sullo Ior. Questa indagherà sull’intera «struttura economico-amministrativa della Santa Sede». La commissione, composta da otto tecnici, sette laici e un ecclesiastico, tra economisti ed esperti giuridici e finanziari, dovrà «raccogliere informazioni» ed elaborare «soluzioni strategiche» per «evitare dispendi di risorse economiche, favorire la trasparenza nei processi di acquisizione di beni e servizi, perfezionare l’amministrazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, operare con sempre maggiore prudenza in ambito finanziario, assicurare una corretta applicazione dei principi contabili». Si annunciano cambiamenti strutturali, «accorpamenti» e tagli nella pletora di istituzioni della Santa Sede.

Treni Mentre con i treni alta velocità i collegamenti tra alcune città italiane sono diventati molto più veloci, altri sono diventati più lenti di 40 anni fa. Capita, per esempio, sulle tratte Pescara-Roma (+24 minuti), Lecco-Brescia (+36 minuti), Taranto-Reggio Calabria (+un’ora e mezza), Messina-Palermo (+29 minuti), Torino-Savona (+14 minuti) (Foti e Salvagni, Rep).

Verga Negli Anni Trenta il figlio di Verga (morto nel 1922), Giovanni Verga Patriarca, affidò 36 manoscritti (romanzi e novelle), migliaia di stampe fotografiche di lettere, centinaia di missive autografe, bozze, disegni e appunti, a Vito Perroni, studioso di Barcellona Pozzo di Gotto, provincia di Messina. L’uomo non ne volle sapere di restituirgli le carte, e a niente servirono le interrogazioni parlamentari andate avanti per venti anni, dal 1957 al 1977. La contesa, dal 1975 in poi, passò nelle mani del figlio di Giovanni, Pietro Verga, che ottenne dal Tribunale di Catania una sentenza che gli attribuì il possesso legale di tutti i manoscritti del nonno e che tre anni dopo vendette tutto alla Regione siciliana. La svolta l’anno scorso, quando la Soprintendenza ai Beni librari della Regione Lombardia si accorse che una casa d’aste aveva messo in vendita un lotto chiamato «fondo verghiano»: era proprio il tesoro conteso. Dietro la vendita c’era Angela Perroni, figlia del collezionista, che intanto era morto. Così, mentre la Soprintendenza disponeva lo spostamento e il deposito delle carte nel Centro di ricerca del Fondo manoscritti dell’Università di Pavia (dove si trova adesso), la Procura di Roma apriva un’inchiesta. Ieri è scattato il sequestro delle carte e la denuncia della figlia dello studioso. Il «fondo verghiano» è valutato 4 milioni di euro (Anello, Sta).

(a cura di Daria Egidi)