Rassegna, 17 luglio 2013
Alfano e caso Ablyazov: «Il governo non era informato»
• Angelino Alfano si è presentato nel pomeriggio prima al Senato e poi alla Camera per relazionare sul caso del rimpatrio della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov e ha dichiarato di essere stato tenuto all’oscuro di tutto: «Non ero stato informato io, né i miei colleghi né il presidente del Consiglio». Nessuna responsabilità diretta, ha insistito un Alfano teso, preoccupato, mentre leggeva la relazione del capo della Polizia Pansa che diventa la sua difesa e che viene politicamente sposata da Palazzo Chigi con un comunicato ufficiale. Grandi colpe invece – ha accusato il ministro – dei vertici del Viminale e della polizia, che pagheranno con caduta di teste e una profonda ristrutturazione interna la catena di errori, omissioni, forzature, silenzi, mancati controlli che hanno portato al rimpatrio forzato di Alma Shalabayeva e della piccola Alua. [tutti i giornali]
• Sulla scorta della relazione di Alessandro Pansa, Alfano ha evidenziato un distinguo tecnico. Un conto è stata la caccia al latitante Mukhtar Ablyazov, altro l’espulsione della moglie. La prima parte dell’operazione è stata adeguatamente seguita dall’alto e dal basso, cioè dagli uffici centrali di polizia e dalla questura. Erano informati in tanti: il vicecapo reggente Alessandro Marangoni, il vicecapo Francesco Cirillo, il responsabile dello Sco Gaetano Chiusolo. Al contrario, la seconda parte, ovvero l’espulsione di mamma e figlia, la parte più incresciosa, è rimasta chiusa nell’ufficio immigrazione di Roma, il cui dirigente Maurizio Improta non si sarebbe reso conto della «straordinarietà» dell’evento, perciò non ha dato notizie al vertice, non ha informato il suo questore, e nemmeno ha capito l’eccezionale mobilitazione dell’ambasciata kazaka che è arrivata a noleggiare un jet privato per portare in patria la signora Shalabayeva. A parlarle con i diplomatici kazaki, forse l’eccezionalità del caso sarebbe saltata fuori. Ma Alfano stesso li ha snobbati. Lo dice parlando di sé in terza persona: «La mattina del giorno 28 maggio l’ambasciatore kazako a Roma Adrian Yelemessov cerca di contattare inutilmente il ministro dell’Interno». È finito a parlare con Procaccini, con tutto quel che è seguito. [tutti i giornali]