Rassegna, 15 luglio 2013
Omicidio Trayvon, assoluzione e rabbia dei neri
• In America è esplosa la rabbia della comunità afroamericana in seguito all’assoluzione del vigilante ispanico George Zimmerman che ha ucciso il 16 enne nero Trayvon Martin. Dopo 16 ore e 20 minuti i sei giurati di Sanford (cinque donne bianche e una nera) hanno concordato sul fatto che Zimmerman sparò per autodifesa. Questi fatti: «Il 26 febbraio 2012, Zimmerman, un poliziotto mancato che fa il volontario per vegliare sul quartiere, vede Trayvon vicino al complesso dove abita. Il ragazzo ha un cappuccio sulla testa, sta tornando da un negozio. Secondo l’accusato, invece, si comporta in modo sospetto. Zimmerman chiama il 911 e l’agente gli dice di restare in auto in attesa di una pattuglia. Ma lui disobbedisce, scende dalla vettura e segue Trayvon. Quello che accade dopo cambia a seconda delle versioni. Zimmerman afferma di essere stato aggredito. Mostra il naso fratturato, ferite alla nuca. Ha temuto per la sua vita, ha sparato. L’accusa rovescia lo scenario. All’inizio Zimmerman non è neppure arrestato. In Florida la legge sulla legittima difesa è molto ampia. Nessuno sa chi abbia cominciato per primo. Durante le udienze è trasmesso un audio, registrato sulla scena del crimine, dove si sente un urlo disperato. Le mamme di entrambi i protagonisti diranno: era la voce di mio figlio. In aula arrivano ricostruzioni al computer e con i manichini. I legali dell’accusato fanno di tutto per presentarlo come un mollaccione, che in palestra fatica poco e non è in grado di affrontare Trayvon. Chiedono ai giurati, di restare ai fatti, senza farsi suggestionare dal processo che si è celebrato all’esterno. Risponde lo schieramento avversario: Zimmerman lo ha preso di mira in quanto afroamericano, ha visto in lui «un problema» solo perché nero. Con cappuccio in testa e colore della pelle sinonimi di criminalità. E tutto aggravato dalla cultura delle armi». [Olimpio, Cds]
• Zimmerman, che rischiava l’ergastolo, ha ascoltato impassibile il verdetto, si è limitato a stringere le mani dei difensori, mentre la moglie Shellie è scoppiata a piangere di gioia. In aula i genitori della vittima non c’erano ma fuori dal tribunale in centinaia hanno atteso la sentenza sperando nella condanna. In gran parte afroamericani. La rabbia è dilagata da Boston a Detroit, Baltimora, Chicago, fino a San Francisco. A Oakland gli scontri più duri: incendiate alcune auto della polizia. [Molinari, Sta]
• Il sindaco di New York, Michael Bloomberg, si è scagliato contro la legge della Florida “Stand Your Ground” che estende l’autodifesa all’uso delle armi «per non indietreggiare». Fra chi protesta molti invocano Barack Obama, che disse «Trayvon poteva essere mio figlio», e la Casa Bianca ha risposto con un comunicato del presidente: «La morte di Trayvon è una tragedia, dopo il verdetto le passioni aumentano ma siamo una nazione basata sulla legge, chiedo ad ognuno di rispettare l’appello alla calma da parte dei genitori. Dobbiamo chiederci come evitare simili tragedie». [tutti i giornali]
• Il simbolo della protesta è il cappuccio che Trayvon aveva quando è stato ucciso. [Molinari, Sta]