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 2013  luglio 11 Giovedì calendario

Senato, protesta senza cravatta del M5s contro Pdl e Pd

• La cronaca della protesta dei grillini in Senato: «Aula di Palazzo Madama, ore 13,15. Si discute la richiesta di Schifani di sospendere i lavori per mezza giornata. Il Pd ha detto di sì, spiegando che il Parlamento non si ferma, è solo una pausa per la riunione dei gruppi berlusconiani. Ma per i Cinquestelle questo è un passaggio a rete, e infatti si fiondano tutti nell’area avversaria. Il capogruppo Morra ha già dato il primo calcio: “Si bloccano i lavori d’aula per le note vicende giudiziarie di un noto senatore latitante da quest’aula, ad oggi 99,72 per cento di assenze…”. Ma è l’ex capogruppo Vito Crimi che tira in porta, quando in aula arriva il suo turno: “Avete messo le Camere alla berlina, e noi ci togliamo giacca e cravatta per dimostrare che questo Parlamento non è più quello per cui stiamo stati eletti”. Naturalmente lo fa davvero: via la giacca chiara, via la cravatta blu, lui e tutti i Cinquestelle restano in maniche di camicia, che se lo fa Renzi alla Leopolda è una trovata, ma tra le austere mura di Palazzo Madama – dove la cravatta è imposta dal regolamento – è l’equivalente di una bestemmia in chiesa. Grasso, fin troppo pacatamente, li invita a rimettersi giacca e cravatta, ma loro rispondono picche: usciamo, ce le metteremo fuori». [Messina, Rep]

• Feltri sulla Sta: «C’era un altro appuntamento da non mancare: il question time del premier Enrico Letta. Perché il Pdl, fatto saltare questo e quello per la gravità del momento e così sia, il question time se lo teneva sacro. E a pigliarselo era di nuovo il Movimento 5 stelle, che ostentava l’applauso alle parole del cittadino Massimo Artini, fino a che il presidente Laura Boldrini, richiamati vanamente i colleghi all’ordine, chiedeva soccorso al suo vicepresidente, il grillino Luigi Di Maio che, ragazzo sfrontato, rispondeva senza l’orpello della buona creanza: “Le vorrei ricordare che non sono io a presiedere l’aula, ma lei”. Sul volto della Boldrini si stampava la maschera dell’orrore: viola, esterrefatta, furente per lesa maestà, aspettava qualche secondo per evitare eruzioni e poi, più istituzionale, ragguagliava Di Maio: ”Non siamo a teatro”».