La Gazzetta dello Sport, 9 luglio 2013
Il Papa è stato ieri a Lampedusa per quattro ore, celebrando messa e dicendo parole che hanno reso la giornale memorabile per Lampedusa, per la Chiesa, per il mondo

Il Papa è stato ieri a Lampedusa per quattro ore, celebrando messa e dicendo parole che hanno reso la giornale memorabile per Lampedusa, per la Chiesa, per il mondo.
• Intanto: come nasce questa visita?
A maggio il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi, ha scritto a Francesco pregandolo di venire nell’isola. Ha fatto appello alla sua natura di migrante, richiamo giusto perché, come sa, Bergoglio discende da una famiglia di piemontesi emigrata in Argentina nel ’29. Don Stefano e il suo vice, don Dario – oggi parroco di Sciacca – avevano scritto anche a Benedetto, senza ottenere risposta. Racconta don Dario: «Per anni con don Stefano abbiamo fronteggiato, spesso in solitudine, l’emergenza sbarchi. Ad un certo punto abbiamo pensato che era arrivato il momento di chieder aiuto a qualcuno dall’alto che per noi è il Santo Padre. Ricordo le notti, io a scrivere e don Stefano a dettare, ma non ce l’abbiamo fatta con Benedetto. Sicuramente i tempi non erano ancora maturi. Ora invece arriva il Papa ed è una grande gioia. Tanta acqua fresca per un’isola assetata». Ieri, durante la cerimonia, don Dario dirigeva il coro dei bambini. Don Stefano, quando ha visto il Papa sbarcare al molto di Punta Favaloro, s’è messo a piangere. Su quel medesimo molo sono scesi in questi anni migliaia di migranti. Ottomila solo quest’anno.
• Che cosa ha fatto il Papa?
Il Papa non ha voluto autorità né alla partenza né all’arrivo, nessun tappeto rosso, nessuna papamobile. Gli unici ammessi sono stati il sindaco Giusi Nicolini, l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro, il parroco di Lampedusa. C’era anche Claudio Baglioni, nascosto tra la folla. Sull’isola il pontefice ha girato a bordo di una campagnola messa a disposizione da un signore milanese che ha casa nell’isola. Domenica aveva spiegato: «Non c’è tempo da perdere in chiacchiere, bisogna andare e annunciare il Vangelo. La gente oggi ha bisogno che noi testimoniamo misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, risveglia la speranza, attira verso il bene». Per l’altare si è adoperata una lancia da pescatori, scafo tricolore e sfondo azzurro. Il calice dell’Eucaristia e il pastorale a croce sono stati intagliati nel legno delle barche che, cariche di disperati, si sono sfasciate in questi anni sulla riva. Questi relitti, monumento alla miseria umana, stanno in un campo vicino allo stadio dove Francesco ha detto messa. Il Pontefice e i celebranti hanno indossato i paramenti viola, quelli che segnano il carattere penitenziale della cerimonia. Francesco è andato laggiù a chiedere perdono per la nostra indifferenza di fronte al dolore.
• Letture?
Caino e Abele, cioè il fratello che uccide il fratello. La fuga di Giuseppe e Maria per sfuggire la strage degli innocenti, in questo caso una famiglia qualunque costretta a lasciare la sua casa dalla cattiveria degli uomini. Il salmo Miserere. «Pietà di me, o Dio, il mio peccato mi sta sempre dinanzi, un cuore affranto e umiliato tu, O Dio, non disprezzerai». Negli ultimi vent’anni sono morti nel mare che circonda Lampedusa 25 mila tra uomini, donne, bambini.
• Il Papa avrà poi pronunciato un discorso.
Il Papa è arrivato con la scorta delle imbarcazioni delle forze dell’ordine e di centoventi pescherecci più una quantità di battelli privati. Prima di scendere sul molo di Lampedusa, ha sostato a Punta Maluk dove ha lasciato cadere in mare una corona di crisantemi gialli e bianchi. Toccata terra, lo aspettavano una cinquantina di ragazzi, di quelli che sono ospitati nel centro di accoglienza e a cui Bergoglio ha stretto la mano raccomandando di pregare «anche per quelli che non sono qui». Alla messa, nello stadio, hanno assistito diecimila uomini e donne. Durante la cerimonia il Pontefice si è scagliato contro «la globalizzazione dell’indifferenza» e la società «che ha dimenticato l’esperienza del piangere». Si è poi rivolto agli immigrati musulmani, salutandoli con l’espressione dialettale lampedusana « o’ scià» (che significa «il fiato») e assicurando che «la Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie». Dopo la messa, Papa Francesco ha raggiunto la parrocchia di San Gerlando, dove ha incontrato alcuni migranti, un gruppo di cittadini di Lampedusa e il sindaco Nicolini. Uscendo dalla chiesa, il Pontefice ha salutato i lampedusani chiedendo loro di «proseguire in questo atteggiamento tanto umano quanto cristiano». Un invito che ha ripetuto anche via Twitter: «Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi».
• Tutto questo è assolutamente coerente con quanto Francesco ha detto e fatto fin dal primo momento.
Domenica, parlando a un gruppo di seminaristi e novizie, aveva pronunciato queste parole: «Giustamente a voi giovani fa schifo quando vedete un prete o una suora che non sono coerenti. A me fa male quando vedo una suora o un prete con la macchina ultimo modello». L’enciclica Lumen Fidei, la prima del suo pontificato, scritta per il 90 per cento da Benedetto, si chiude con questo pensiero, sicuramente di Francesco: «Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti».