La Gazzetta dello Sport, 6 luglio 2013
In Egitto masse di islamisti attraversano il Cairo e le altre città reclamando il ritorno del presidente Morsi, regolarmente eletto l’anno scorso ed arrestato dai militari

In Egitto masse di islamisti attraversano il Cairo e le altre città reclamando il ritorno del presidente Morsi, regolarmente eletto l’anno scorso ed arrestato dai militari. Nello stesso tempo, altre masse, le stesse che hanno riempito la piazza Tahrir domenica scorsa, gridano perché si vada avanti nella cosiddetta rivoluzione o colpo di stato. L’esercito tiene a bada i due popoli, mettendosi in mezzo con i blindati ed evitando che vengano in contatto. I caccia sorvolano la capitale, per far capire che se ci sarà da sparare si sparerà. I morti finora sono 63, e dieci di questi hanno perso la vita ieri, tre durante una sparatoria all’università, cinque nell’assalto alla sede della guardia repubblicana dove si pensava che fosse chiuso Morsi, un altro a Luxor durante scontri tra islamici e cristiani. Ci sono poi quattro soldati ammazzato nel Sinai, durante scontri di cui non siamo in grado ancora di leggere pienamente il significato (ci troviamo a un passo da Israele). Secondo l’emittente El Hayat al bilancio bisogna aggiungere più di 2.500 feriti.
• Com’è la situazione dal punto di vista istituzionale? Esiste un governo o no?
I militari hanno designato capo provvisorio dello Stato Adly Mansour, che era presidente della Corte costituzionale, ruolo che lo collocherebbe al di sopra delle parti. Mansour dovrebbe nominare un presidente del Consiglio e si pensa che il nome possa essere uno solo, quello di Mohamed el Baradei, premio Nobel per la Pace, già a capo dell’Agenzia atomica, oppositore di Mubarak (che lo aveva messo in galera e lo considerava «uno straniero») e oppositore anche di Morsi. S’è fatto opportunamente vedere durante le manifestazioni oceaniche di questi giorni. Ieri, ha parlato col “New York Times”: «Le forze di sicurezza hanno adottato misure utili ad evitare spargimenti di sangue. Nessuno però dev’essere imprigionato senza un’accusa chiara». Avrebbe le carte in regola, però si deve tenere conto del fatto che nella composita formazione che va sotto il nome di “Movimento 30 giugno” c’è anche una cospicua rappresentanza del vecchio regime di Mubarak. Mansour ieri ha sciolto il Parlamento e nominato un nuovo capo dei servizi segreti. È confermato che verrà insediata una commissione per riscrivere la Costituzione, e che poi ci sarà un voto. Mansour e i militari si sgolano nel sostenere che non si tratta di un colpo di stato e che le porte sono aperte anche per i Fratelli Musulmani. Quanto a Morsi, per ora viene tenuto chiuso in un ufficio del ministero della Difesa. I suoi collaboratori sono stati portati nel penitenziario speciale di Torah Makhoum, nel sud dell’Egitto. Qui si trovano anche Mubarak e i suoi figli Ala e Gamal.
• Che cosa fanno nel frattempo i Fratelli Musulmani?
Manifestano. E li lasciano manifestare, pur tenendoli strettamente sono controllo. I discorsi sono di fuoco. La loro guida spirituale Mohamed Badie è salito sul palco e ha urlato: «A tutti gli egiziani dico: Morsi è il vostro presidente. E resteremo nelle strade a milioni finché non riporteremo in trionfo il nostro presidente. Il golpe militare è nullo. Non ci sono alternative alla restaurazione di Morsi: l’unica alternativa sono le nostre vite».
• Che succede se poi, alle elezioni, rivince il candidato dei Fratelli Musulmani?
Credo che i militari faranno in modo che questo non accada. Gli Stati Uniti fremono perché si rientri al più presto nella normalità e perché le cose siano organizzate in modo da evitare ogni pericolo per Israele. Gli americani versano quasi ogni anno quasi un miliardo e mezzo di dollari, e i militari a quei soldi ci tengono. C’è però in giro anche qualche brontolio. Ai turchi la piazza che vince non è piaciuta. C’è inquietudine nel Qatar, che ha finanziato Morsi con otto miliardi di dollari e adesso gli egiziani gli hanno chiuso Al Jazeera. Ma, a quanto si capisce, il giovane sceicco di quel paese, troppo interessato al Canale di Suez, aspetta solo di essere sicuro del vincitore per schierarsi chiaramente. Stanno invece senz’altro con i militari i sauditi e gli emiri.
• Economicamente?
Un disastro. Merril Lynch ha scritto che il Paese ha sei mesi di vita. Dopo di che gli egiziani non avranno più soldi per pagare debiti e fornitori. La tragedia è il crollo del turismo: dai 46 miliardi di valuta incassati nel 2010 siamo passati ai 13 miliardi del 2012. D’altra parte, chi è disposto ad andare in ferie in un paese dove si spara per strada? E, a quanto pare, la pace non tornerà molto presto.