Rassegna, 4 luglio 2013
Consulta: incostituzionale il taglio delle Province
• La riforma sul taglio delle Province è incostituzionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, dichiarando illegittimi alcuni punti dei decreti legge in materia varati dal governo Monti nel Salva Italia che prevedevano una riduzione da 86 a 51 nelle sole Regioni a statuto ordinario. La riforma, ha ritenuto la Corte, non si poteva fare a colpi di decreto legge, che come si dice nella sentenza è «un atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza». Uno strumento normativo «non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio». [Salvia, Cds]
• L’unica consolazione, per il governo Monti, è che nello stesso giorno la Consulta ha salvato la riforma della «geografia giudiziaria», con il taglio di 31 tribunali e 220 sedi distaccate. Respinti tutti i ricorsi, l’unica sede salvata è quella di Urbino. [Salvia, Cds]
• E adesso? Secondo il ministro Gaetano Quagliariello la sentenza rende ancora più importante intervenire attraverso le riforme costituzionali sull’intero Titolo V, in particolare per semplificare e razionalizzare l’assetto degli enti territoriali. «È il tempo di rendersi conto – dice il ministro – che mancate riforme e scorciatoie hanno un costo anche economico che in un momento di così grave crisi il Paese non può più sopportare». [Rosso, Rep]
• Critico Rizzo (Cds) sulla decisione della Consulta: «Certo, una riforma come l’abolizione delle Province, che doveva essere fatta più di 40 anni fa contestualmente alla nascita delle Regioni, non poteva essere ritenuta tanto impellente da giustificare un decreto. Anche se forse sarebbe il caso di ricordare il contesto in cui il decreto salva Italia vide la luce. C’era appunto, da salvare il Paese che in quel momento si trovava in una situazione così difficile da dover affidare il proprio destino a un governo tecnico, con la necessità di prendere nel giro di poche ore provvedimenti in grado di placare i mercati resi pazzi dalle furiose spallate della speculazione internazionale. Di più. Rimettere in carreggiata l’Italia era un passaggio cruciale per la sopravvivenza stessa della moneta unica, tanto erano drammatici i toni della lettera che il 5 agosto del 2011 arrivò all’Italia dalla Banca centrale europea».