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 2013  luglio 04 Giovedì calendario

Al Sisi, il generale che ha sedotto piazza Tahrir

• A proposito del generale Abdel Fattah Al Sisi, che è comparso ieri in tv per l’annuncio, scrive la Zecchinelli sul Cds: «Sconosciuto ai più fino all’agosto scorso, quando l’ormai ex raìs Morsi lo nominò a capo del Consiglio delle Forze armate (Scaf) dopo aver rimosso l’anziano Tantawi, il generale nato al Cairo nel 1954 era stato visto all’inizio come troppo vicino ai Fratelli, e per questo da loro insediato al vertice militare. Non solo fervente musulmano, ma con una moglie con velo integrale, scrivevano i media egiziani. Cosa vera la prima, non confermata la seconda. Poco era piaciuto poi che Al Sisi avesse difeso nell’aprile 2012 gli infami «test di verginità» imposti dai soldati che avevano arrestato (e picchiato) un gruppo di dimostranti donne a Tahrir. «Lo hanno fatto per proteggere le ragazze da stupri e i militari da denunce di stupro», disse allora, sollevando un giusto putiferio. Qualche mese dopo però si impegnò a vietarli. Ma soprattutto, una volta capo dello Scaf, Al Sisi è riuscito a risollevare il morale dell’esercito, la sua efficienza e l’immagine presso la gente».  

• Gallo (Sta): «L’esercito non può apertamente andare contro la (discussa) costituzione senza tagliare il ramo su cui sta seduto. La cosa farà infuriare gli americani che restano i principali alleati del paese, con quasi un miliardo e mezzo di aiuti militari ed economici l’anno. Inoltre, dopo l’esercito, i Fratelli Musulmani sono l’unica forza organizzata di un certo rilievo, e mandarli via dal potere a calci nel sedere potrebbe non essere una passeggiata, come quella di Nasser, quando nel 1954 li mise fuori legge. Al Sisi non si fa neppure illusioni sull’appoggio, oggi trionfale, della piazza più o meno democratica. Ricorda come al secondo turno delle presidenziali i democratici votarono Morsi pur di non fare vincere il candidato dei militari Ahmed Shafiq. La piazza che applaude il golpe contro il presidente è pronta alla prima occasione a rivoltarsi contro il nuovo potere».