Rassegna, 2 luglio 2013
Trattativa, Riina: fu lo Stato a venire da me
• I pubblici ministeri che si occupano del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia hanno ricevuto sui loro tavoli qualche settimana fa una relazione di servizio della guardia carceraria che nella prigione milanese di Opera accompagna Totò Riina dalla cella alla saletta da dove segue in video-conferenza i dibattimenti che lo riguardano. Compreso quello sulla trattativa, che mostra di «mal sopportare» in modo particolare. L’assistente capo ha riferito che in due occasioni il capomafia gli si è rivolto dilungandosi sulle vicende di vent’anni fa trasformatesi nel processo che lo vede alla sbarra accanto ad altri mafiosi, politici ed ex carabinieri. «Io con la magistratura non ci parlo, è inutile che vengono, ma se vuole a lei quattro cose gliele racconto» ha detto Riina al poliziotto il 21 maggio scorso. E poco dopo: «A me mi hanno fatto arrestare Bernardo Provenzano e Vito Ciancimino, e non come dicono i carabinieri... Io glielo dicevo sempre a Binnu di non mettersi con Ciancimino». Una rivelazione che contrasta con precedenti dichiarazioni dello stesso boss. Quello stesso giorno la «vena chiacchiericcia» di Riina ha riguardato anche il famoso e mai provato bacio con Giulio Andreotti («Mi ci vede? Io posso solo dire che era un galantuomo, e che io sono stato dell’area andreottiana da sempre»), i presunti rapporti tra lo Stato e la mafia, eventuali patti inconfessabili e il processo che ne è scaturito: «Visto quante persone hanno chiamato a testimoniare? Vogliono chiamare circa 130 persone... Le pare giusto? Mi vogliono condannare per forza, mi stanno mettendo sotto pressione a me e a tutta la mia famiglia». [Bianconi, Cds]
• Giovedì, la corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto deciderà se il processo sulla trattativa debba restare a Palermo, o andare a Roma, come chiedono i legali dell’ex ministro dell’Interno Mancino. [Palazzolo, Rep]