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 2013  giugno 04 Martedì calendario

Parte il processo al soldato Manning, talpa di Wikileaks

• Dopo tre anni di detenzione in isolamento e in condizioni che per un lungo periodo sono state durissime, è iniziato ieri davanti alla Corte marziale di Fort Meade, in Maryland, il processo contro Bradley Manning, il soldato semplice di prima classe che trafugò i 700 mila documenti segreti che furono messi in rete sul sito web Wikileaks di Julian Assange. Alle accuse del capitano Joe Morrow («ha sistematicamente trafugato e trasferito nelle mani del nemico centinaia di migliaia di documenti classificati, ben sapendo che, così facendo, stava mettendo in pericolo la vita di molti suoi commilitoni»), l’avvocato della difesa ha replicato che «Manning era giovane, naïf, pensava di fare del bene al mondo rivelando segreti imbarazzanti per gli Stati Uniti. E, comunque, cercò di provocare meno dati possibile, facendo uscire solo una minima parte dei milioni di documenti ai quali aveva accesso».  

• Non si vedeva niente di simile nei tribunali militari Usa dai tempi del massacro di My Lai in Vietnam, 45 anni fa. [Gaggi, Cds]  

• Sul caso Manning scrive Gaggi (Cds): «Un processo che ha provocato la mobilitazione della stampa e di molti attivisti che ieri erano davanti a Fort Meade a chiedere la liberazione del loro eroe. Un processo nel quale c’è ben poco da dimostrare sul piano dei fatti, visto che Manning ha ammesso le sue responsabilità: davanti alla Corte si gioca tutto sulla valutazione della gravità dei crimini commessi. L’imputato, nell’ammettere le sue colpe, aveva offerto di dichiararsi colpevole per i 10 capi d’imputazione meno gravi: sarebbe finito in galera per 15 o 20 anni al massimo. Ma per il governo americano, che proprio dal caso Wikileaks ha cominciato ad alzare la guardia sulla cosiddetta minaccia interna questo non era sufficiente: la pubblica accusa vuole la condanna per alto tradimento e l’ergastolo (per la precisione rischia oltre 150 anni)».