Rassegna, 6 giugno 2013
Processo Cucchi, assolti agenti e infermieri
• Dopo 45 udienze, 120 testimoni ascoltati e decine di perizie e controperizie, la III Corte d’Assise ha emesso ieri la sentenza di primo grado sul caso della morte di Stefano Cucchi. Assolti i poliziotti della penitenziaria. Assolti gli infermieri dell’ospedale romano Pertini. Condannati per omicidio colposo cinque medici su sei che ebbero in cura il geometra romano arrestato per droga il 15 ottobre 2009 e morto sette giorni dopo. Quando il presidente della Corte Evelina Canale ha finito di parlare, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia è scoppiato l’inferno. «Assassini, siete tutti assassini», hanno gridato dagli spalti rivolti ai magistrati, «siete tutti complici di un sistema marcio». «È una giustizia ingiusta», ha detto piangendo Ilaria Cucchi circondata da flash e microfoni abbracciando il suo avvocato. «Hanno ucciso due volte mio figlio, avevo riposto tante speranze nella giustizia, ma questa sentenza è inaccettabile», le parole della mamma di Stefano.
• Quando è morto, Stefano Cucchi pesava 37 chili.
• La vicenda Cucchi ripercorsa dalla Angeli su Rep: «Stefano Cucchi fu arrestato il 15 ottobre del 2009 per 30 grammi di droga. Il 16 mattina fu portato nelle celle di sicurezza del tribunale di Roma in attesa del processo per direttissima. Lì, prima di entrare in aula fu picchiato, secondo la tesi della procura di Roma, da Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, poliziotti della penitenziaria. Fu pestato perché, per l’accusa, era in crisi di astinenza e pretendeva, come una furia, un farmaco per calmarsi. «Gli agenti lo picchiarono, lo fecero cadere a terra, gli procurarono lesioni che lo ridussero in gravissime condizioni, tanto che poi fu necessario il ricovero al Pertini», ha sostenuto l’avvocato Fabio Anselmo, difensore della famiglia Cucchi che aveva chiesto l’omicidio preterintenzionale. Secondo la sua tesi furono quelle botte a provocare la sua morte. Niente di tutto questo è stato riconosciuto ieri dalla Corte: i tre sono stati assolti, “perché le prove sono insufficienti”. Un’assoluzione che, con un colpo di spugna, ha mandato al macero la testimonianza del gambiano Yaya, pure lui detenuto nelle celle del tribunale, che raccontò del pestaggio subito da Stefano. Il 17 ottobre, dopo quelle percosse inesistenti per la Corte, Cucchi fu ricoverato nel reparto speciale del Pertini. La ricostruzione della procura dice che Stefano si rifiutò di mangiare e di bere, che morì per denutrizione e che medici e infermieri lo abbandonarono al suo destino. La difesa ha sempre sostenuto che Cucchi arrivò in quel reparto con una “bradicardia patologica” dovuta alle lesioni e che il personale del nosocomio romano non fece nulla per curarlo. Tutto falso. Assolti “per non aver commesso il fatto” gli infermieri dell’ospedale Pertini Giuseppe Flauto, Elvira Martelli, Domenico Pepe. Condannati invece i medici Aldo Fierro (direttore del reparto), Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite, Silvia Di Carlo non per abbandono di incapace, ma per omicidio colposo, mentre Rosita Caponetti per il solo reato di falso ideologico. Una colpa medica semplice, una svista. La mattina alle 3 del 22 ottobre Cucchi morì».
• Ricorda Bonini (Rep): «Il processo Cucchi ha avuto un testimone chiave che non è stato creduto. O, evidentemente, non a sufficienza. Un ragazzo africano, Yaya Samura, che divideva con Stefano Cucchi la cella nei sotterranei del Palazzo di Giustizia in attesa del processo per direttissima. Che ne vide il pestaggio dallo spioncino. E a cui Stefano mostrò i pantaloni sporchi di sangue, le ecchimosi e le ferite provocate dai calci di chi si era accanito su di lui. Quel ragazzo africano raccontò ai pm ciò che aveva visto prima che qualsiasi suggestione potesse disturbarne il ricordo. Le sue parole hanno trovato formidabile riscontro nelle strisciate di sangue interne dei pantaloni di Stefano, tipiche di chi li arrotola per mostrare una ferita. Non è bastato. E sarà interessante, quando questa sentenza sarà motivata, capirne la ragione».
• Coro di proteste alle affermazioni del senatore Pdl Carlo Giovanardi, per cui «il tempo è galantuomo e fa giustizia del linciaggio mediatico a cui sono stati sottoposti gli agenti di custodia». Secondo il senatore Pd Luigi Manconi «Giovanardi ha perso, per l’ennesima volta, una buona occasione per stare zitto. Il tribunale non ha detto affatto che il pestaggio di Stefano nelle celle del Palazzo di Giustizia, non sia mai avvenuto. Ha detto, invece, che è stato sì picchiato, ha subito lesioni e violenze, ma la procura non è stata in grado di esibire prove sufficienti per individuare i responsabili». [Longo, Sta]