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 2013  giugno 01 Sabato calendario

Il consiglio dei ministri di ieri ha prolungato di sei mesi l’ecobonus e le agevolazioni per le ristrutturazioni di casa, mobili compresi

Il consiglio dei ministri di ieri ha prolungato di sei mesi l’ecobonus e le agevolazioni per le ristrutturazioni di casa, mobili compresi. Ma l’attenzione di tutti è naturalmente concentrata sui rimborsi elettorali ai partiti, che vengono eliminati.

Però l’ecobonus spieghiamolo.
Le tecnicalità intorno a queste norme sono così numerose che ci vorrebbe, per renderle chiare, l’intero giornale. E la voglia di farsi venire il mal di testa. Limitiamoci a questo annuncio: il governo ha prolungato di sei mesi (31 dicembre 2013) i bonus fiscali per le ristrutturazioni di casa e il risparmio energetico. Il bonus relativo al risparmio energetico è stato portato dal 55 al 65% della spesa sostenuta. Per le ristrutturazioni, lo sgravio è del 50% ma comprende anche i “mobili”, intendendosi con questa parola gli arredi fissi delle costruzioni, come gli armadi a muro o le cucine. Niente agevolazioni invece per comodini o camere da letto. Il modo in cui il governo ha trovato la copertura per queste spese è parecchio complicato. In ogni caso, per saperne di più, sarebbe bene rivolgersi al proprio geometra di fiducia. Il consiglio dei ministri confida di avere tutte costruzioni senza sprechi energetici entro il 2020.  

Veniamo ora ai rimborsi elettorali.
Quelli che la gente chiama impropriamente “finanziamento pubblico”. La legge che è stata descritta in consiglio dei ministri spiega che i rimborsi elettorali saranno prima tagliati e poi aboliti del tutto. Tempo necessario: tre anni. Il primo anno (2014) il rimborso sarà decurtato del 60%, il secondo di un altro 50% e il terzo di un definitivo 40%. A quel punto saremo arrivati al 2017 e di rimborsi elettorali, così come li abbiamo conosciuti, non ce ne saranno più.  

Che cosa ci sarà invece?
Una contribuzione volontaria del 2 per mille da annunciare nella dichiarazione dei redditi. Si pensa cioè a un meccanismo simile a quello dell’8 per mille, e Grillo grida già che se uno non dice a quale partito vuole dare il contributo, questo 2 per mille andrà in un fondo comune che le forze politiche si spartiranno. Ma questo punto non è chiaro e, certo, se si mantenesse l’automatismo di cui beneficia la Chiesa (contestatissimo, e da ultimo preso di mira anche da un libro di Massimo Teodori), sarebbe assai brutto. Questo 2 per mille comincerebbe a scattare con le dichiarazioni dell’anno prossimo e andrebbe a integrare il rimborso tagliato di cui si diceva sopra, fino a diventare, a partire dal 2017, l’unica erogazione dello Stato (è sempre un’erogazione dello Stato, dato che andrà a incidere sulla fiscalità generale). Queste erogazioni col 2 per mille non potranno comunque superare l’entità delle somme che i partiti ricevono oggi (calcolo facile in teoria, assai farraginoso in pratica). Sarà sempre possibile, per le persone fisiche, dare denaro alle forze politiche, detraendole dalle tasse per il 52% se la donazione sarà compresa tra 50 e 5.000 euro e del 26 per cento per importi tra i 5.001 e i 20.000 (la stessa percentuale di detrazione riservata alle erogazioni per le onlus). Oltre a tutto questo i partiti avranno a disposizione spazi pubblici per riunirsi o stabilire sedi, spot gratuiti in televisione e altri benefit di vario tipo. È tutta materia che dovrà affrontare l’iter parlamentare, perché si tratta di un disegno di legge e non di un decreto. Il presidente Letta si è augurato che il Parlamento, sensibile a una domanda forte che viene dai cittadini, faccia presto.  

Qualunque partito potrà accedere a questa nuova forma di finanziamento?
No, saranno ammessi a questi finanziamenti solo i partiti politici che abbiano conseguito, nell’ultima consultazione elettorale, almeno un rappresentante eletto alla Camera dei deputati o al Senato della Repubblica o in un’assemblea regionale, o che abbiano presentato, nella stessa consultazione elettorale, candidati in almeno tre circoscrizioni per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati o in almeno tre del Senato della Repubblica o delle assemblee regionali, o in almeno una circoscrizione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia. Per prendere i soldi (ma non per presentarsi alle elezioni) i partiti dovranno poi avere bilanci certificati e uno statuto che ne garantisca la democrazia interna. Torna per questa via anche la legge Zanda-Finocchiaro tanto avversata da Grillo.  

Il quale ha già sparato anche contro questa norma.
Sì, il M5S l’ha definita legge-truffa, sostenendo che, in sostanza, non cambierà niente. È presto per dire se le cose stanno davvero così. Certo l’amministratore del Pd ha preannunciato la possibilità che i suoi 180 dipendenti siano messi in cassa integrazione. E il Pdl, che di dipendenti ne ha 200, ha già bloccato tutti i rinnovi dei contratti a termine.