Rassegna, 31 maggio 2013
Finanziamento ai partiti, oggi il primo sì
• A meno di imprevisti il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare oggi il disegno di legge che abolisce il finanziamento pubblico dei partiti. Dicono a Palazzo Chigi che il testo sarà snello, poco più di una decina di articoli, in grado di ripensare il sistema, aprendo alle erogazioni dirette dei cittadini e affidando ad essi la decisione di finanziare o meno i partiti. Riprenderà le norme dell’anno scorso, molto severe in termini di trasparenza dei bilanci e introdurrà la possibilità di destinare una quota della dichiarazione dei redditi, molto probabilmente fissata al 2 per mille. Scrive Galluzzo sul Cds: «Di certo quando il testo arriverà in Parlamento vi si scaricheranno tutte le tensioni interne ai due partiti di maggioranza. Ieri il Pd ventilava la cassa integrazione per i suoi dipendenti, mentre il Pdl parlava apertamente di licenziamenti in vista. Non dovrebbero essere a rischio i finanziamenti pregressi già ottenuti: il testo prevede che i fondi del 2013 arrivino regolarmente a luglio; l’eliminazione dall’oggi al domani aprirebbe di sicuro molti contenziosi. Dal 2014 dovrebbe partire un periodo di transizione di tre anni, in ognuno dei quali si dimezzano i finanziamenti. Dal 2017 entrerà a regime il nuovo sistema».
• Sui finanziamenti ai partiti, spiega Magri (Sta), «il Tesoro non è in grado di mettere a regime le novità fiscali prima della dichiarazione dei redditi 2014, che si consegnerà nel maggio 2015. E dunque, i primi denari della nuova era arriveranno ai partiti solo dal 2016 in poi. Da qui la domanda: come sopravviveranno fino ad allora Pd, Pdl e le altre formazioni assetate di denaro? Senza la riforma, incasserebbero ogni anno 91 milioni di euro a titolo di rimborso elettorale. Il conto totale farebbe oltre 450 milioni nel quinquennio. Il disegno di legge che va in Consiglio dei ministri alle ore 11 prevede una drastica cura dimagrante. Primo taglio nel 2014, ulteriore sforbiciata ai rimborsi nel 2015 e qualche briciola nel 2016. Poi più nulla. Su questo pregresso si è scatenata la bagarre, poiché già Monti aveva dimezzato il fiume di denaro pubblico, e molte spese (stipendi di impiegati e affitti) sono già state ipotecate anche per il futuro. “Qui si rischia il crac”, è stato il grido disperato dei tesorieri».
• «Allora, mi ascolti, ora le dirò un po’ di cosette che non riguardano solo i 180 dipendenti del Pd che rischiano il posto di lavoro… Nel luglio scorso il Parlamento ha già approvato una norma che dimezza le risorse destinate ai partiti, che sono così passate da 182 milioni di euro a 91. Cosa è accaduto quindi da luglio ad oggi? Beh, semplice: i partiti, pensando di poter contare su quei denari, hanno sottoscritto contratti per forniture varie, dalla luce delle sedi alla carta igienica, e hanno firmato e rinnovato contratti di lavoro o collaborazione... Mi segue?».
La seguo, continui.
«Bene. Adesso che fa il governo? Dice: io non riesco a dare risposte ai temi drammatici del lavoro, no, proprio non ci riesco... In compenso però taglio altri soldi ai partiti, e così decine di persone se ne vanno a casa. E lei lo sa chi è che se ne va a casa? Ha voglia di scriverlo sul suo giornale? Non se ne vanno a casa quelli che girano con l’auto blu... A restare senza lavoro è gente che guadagna tra i mille e i 1.500 euro al mese... Quelli che fanno le pulizie alle 5 del mattino, quelli che rispondono al telefono, quelli che scrivono i comunicati al computer...» (il senatore Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds, a Roncone del Cds).