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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

Ieri assemblea annuale di Confindustria e discorso assai ricco del presidente Giorgio Squinzi. Era presente, tra gli altri, il presidente del Consiglio Enrico Letta

Ieri assemblea annuale di Confindustria e discorso assai ricco del presidente Giorgio Squinzi. Era presente, tra gli altri, il presidente del Consiglio Enrico Letta.

Intanto bisognerà far capire bene che cos’è la Confindustria.
È il sindacato degli industriali. O, se vuole, il sindacato dei padroni. Quelli che discutono con Cgil,. Cisl, Uil e le altre organizzazioni dei lavoratori i contratti, la politica industriale, la politica del lavoro. Un’associazione enorme: 150 mila imprese iscritte (per un totale di 5,5 milioni addetti), un apparato che costa mezzo miliardo l’anno, una sede faraonica per mantenere la quale gli industriali spendono ogni anno 38-40 milioni. Secondo alcuni un carrozzone, Marchionne e la Fiat se ne sono andati sbattendo la porta e sostenendo che i loro interessi li curano meglio da soli. Alla vigilia dell’assemblea di ieri, in una riunione riservata della giunta, uno dei big del padronato, cioè Guido Barilla (quello della pasta), ha attaccato logiche e organizzazioni attuali della Confindustria. Squinzi s’è insediato l’anno scorso, non era il candidato del Lingotto (che tifava per Bombassei e aveva anzi annunciato che, in caso di nomina di quest’ultimo, sarebbe rientrato nei ranghi), non gli si possono nemmeno imputare le inefficienze dell’organizzazione. I lettori di Gazzetta lo conoscono bene, è il padrone del Sassuolo, appena arrivato in serie A (tifa però Milan, e alla grande), e guida una delle squadre ciclistiche più forti, la Mapei. Il ciclismo, per il Nostro, è quasi una malattia: sul Sole 24 Ore, il giornale della Confindustria, tiene una rubrica dedicata alle due ruote. Ha strappato al governo il saldo di 40 dei cento miliardi dei debiti che lo Stato ha verso le aziende. Napolitano, il prossimo 2 giugno, lo nominerà Grande Ufficiale della Repubblica.  

Che cosa ha detto ieri?
La parte del discorso che ha impressionato di più i siti e, suppongo, i giornali di oggi è questa: «Il Nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il Paese indietro di mezzo secolo, escludendolo dal contesto europeo che conta. È questo quello che vogliamo?» Si tratta cioè di un allarme, e in una situazione come questa era difficile che il capo di un sindacato, e sia pure di un sindacato padronale, non lanciasse un allarme. Vi sono nel discorso, tuttavia, parecchi altri punti importanti. 1) ci vuole stabilità politica, ci vogliono le riforme istituzionali e in particolare una legge elettorale che assicuri governi di legislatura; 2) bisogna rifinanziare gli ammortizzatori sociali ed evitare il conflitto perenne tra gli schieramenti politici («pensare al futuro, non al passato»); 3) il lavoro costa troppo alle imprese, il cuneo fiscale pesa per il 53% sul salario lordo ed è «tra i più elevati dell’area Ocse», bisogna eliminare il costo-dipendenti dall’Irap e tagliare di 11 punti gli oneri sociali; 4) aiutare ricerca e sviluppo permettendo di detrarre le spese relative a queste voci dalle tasse; 5) intervenire in anticipo sul dissesto idrogeologico che ci cosa 3,5 miliardi l’anno (oltre a tanti morti); 6) l’energia italiana costa il 30% in più dell’energia europea, fardello che rischia di farci perdere la gara con ogni concorrente; 7) riorganizzazione e semplificazione della Pubblica Amministrazione (varare un nuovo titolo V della Costituzione); 8) riformare il processo civile per renderlo più spedito: i tre gradi di giudizio in ogni tipo di contenzioso sono assurdi, la logica che ha portato (ottimamente) al taglio dei piccoli tribunali deve continuare a informare le azioni del governo.  

A Barilla non ha risposto?
«Confindustria è stata, è e sarà una casa in cui il confronto è la regola. Un’organizzazione ad adesione volontaria che viene scelta perché crea valore con le proprie azioni. Noi non temiamo il confronto né di ripensare il nostro modello organizzativo. Noi non siamo una casta. Quella di coinvolgere ed ascoltare tutti sul futuro di Confindustria è una mia scelta. Mai le esigenze e i desideri di singole imprese o specifici settori hanno prevalso. La nostra azione deve essere a tutela di tutto il tessuto industriale e dei servizi ad esso integrati».  

Un po’ vago, no?
Barilla lo aveva accusato proprio di “universalismo”, per dir così. Volendo tener dentro imprese manifatturiere e imprese di servizio, la Confindustria attuale non difende bene né gli uni né gli altri. L’esempio – ha detto Barilla – è proprio nell’energia: costa troppo, ma come può Confindustria lottare per tagliare questo costo, dato che le imprese dell’energia (a partire dall’Eni) fanno parte dell’organizzazione?  

C’è il rischio di altre fughe dopo quella della Fiat?
Le aziende che hanno seguito Marchionne sono appena lo 0,6% del totale. Però l’inquietudine della base è notevole. La Finco, che è stata costretta ad andarsene, sta cercando di organizzare una mini-confindustria dell’edilizia. Si dice che Centromarca (associazione che riunisce 200 aziende) sia assai tentata dal rompere. Del resto, Marchionne ha incassato pochi giorni fa un successo importante: la domanda delle Panda è in crescita, a Pomigliano è stato chiesto di lavorare due sabati al mese, almeno. Quel modello, alternativo a quello guidato da Squinzi, può essere a questo punto una tentazione.