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 2013  maggio 19 Domenica calendario

Il 10 per cento delle famiglie italiane detiene il 47 per cento della ricchezza nazionale • Sta per cadere il segreto bancario svizzero • Un divorzio che vale tre miliardi di euro • In crisi la Modiano delle carte da gioco


Ricchezza Dal rapporto sui salari 2012 della Fisac-Cgil (Federazione italiana assicurazione credito): quasi la metà della ricchezza nazionale, circa il 47 per cento, è concentrata nelle mani del 10 per cento delle famiglie. Inoltre il rapporto tra retribuzione lorda di un lavoratore dipendente e compenso medio di un top manager è attualmente di 1 a 163 mentre era nel 1970 di 1 a 20. Così il salario cumulato nei passati quattro anni da un lavoratore dipendente è pari a 104mila euro lordi mentre per i top manager è pari a 17 milioni e 304mila euro, con una differenza di 17 milioni e 200mila euro (Iossa, CdS).

Banche Secondo il quotidiano svizzero “Les Temps” le banche elvetiche sono pronte a rivelare informazioni sui conti detenuti là dagli stranieri. In Italia le persone che hanno messo i risparmi in Svizzera sono migliaia, per circa 120 miliardi di euro. I primi a combattere contro il segreto bancario sono stati gli Stati Uniti, che hanno costretto la banca svizzera Ubs, con la minaccia del ritiro della licenza negli Usa, a consegnare la lista dei suoi clienti americani. Poi è arrivata l’Europa: prima con gli accordi bilaterali, poi comprando da dipendenti infedeli svizzeri e lussemburghesi gli elenchi di tabulati cifrati. Ora Germania, Italia, Francia, Spagna e Regno Unito hanno appena firmato un’intesa per «lo scambio multilaterale di informazioni bancarie». La vera posta in palio sono i soldi spostati in ogni angolo del globo dalle aziende: Apple paga l’1,9% di aliquota sui profitti esteri. E tiene fuori dagli Usa, per risparmiare 28 miliardi di tasse, un tesoretto di 100 miliardi. Google ha appena trasferito alle Bermuda 8 miliardi di liquidità. Non sono i soli: i colossi hi-tech Usa hanno congelato all’estero 1.800 miliardi e pagano 160 lobbisti per convincere la Casa Bianca a varare uno scudo fiscale che consenta di reimpatriarli con un’aliquota del 5,25% (Livini, Rep).

Algoritmo La storia di Elena Ambrosiadou e Martin Coward. Conosciutisi nel campus di Cambridge venti anni fa, lui con il master matematico, lei studentessa di ingegneria, si innamorarono e sposarono. Nel 1992 misero in piedi l’hedge fund Ikos, che raccoglieva e moltiplicava investimenti grazie a un algoritmo pensato da Coward. Nel 2009 la fine dell’amore: lui s’infatuò di un’altra e se ne andò di casa. Vendetta della moglie: siccome quello si era dimenticato di registrare la proprietà intellettuale dell’algoritmo, se lo è intestato lei e, per abbandono del tetto coniugale, il giudice le ha dato anche l’hedge fund. Il tutto vale circa tre miliardi di dollari (Cavalera, CdS).

Carte È in crisi la Modiano di Trieste, che fabbrica carte da gioco: quasi tutti i 70 lavoratori sono stati messi in cassa integrazione a rotazione fino a metà agosto. I magazzini sono pieni di mazzi da gioco e non arrivano ordini. Modiano, della famiglia Crechici, fattura circa 12 milioni di euro l’anno: in buona parte grazie alle esportazioni di carte create ad hoc, con i brand dei clienti e i loro slogan, da usare come alternativa alle inserzioni pubblicitarie o agli spot in tv. Purtroppo questo mercato è crollato per colpa della crisi e dei tagli alle spese, operati soprattutto dalle aziende produttrici di bevande alcooliche. La Modiano fu fondata nel 1868 da Saul David Modiano, giunto a Trieste da Salonicco con l’idea di sviluppare il traffico commerciale con l’Oriente: invece si mise a fare cartine per sigarette. Convertitosi alle carte da gioco, aprì fabbriche anche a Fiume e Budapest. Alla vigilia della prima guerra mondiale il gruppo dava lavoro a mille dipendenti. I Modiano uscirono di scena nel 1988, quando la Grafad di Giulio Crechici, un’azienda cartotecnica, subentrò e proseguì l’attività (Di Vico, CdS).

Circoli Il mercato delle carte vive principalmente sui frequentatori dei bar o dei circoli: si calcola che un mazzo di carte in un bar duri poco più di un mese e ogni punto vendita, per essere all’altezza delle richieste dei giocatori, ne deve avere nel cassetto almeno una dozzina. Videopoker e slot machine non hanno intaccato l’amore per il gioco delle carte al bar. Marcello Fiore, direttore generale della Fipe (federazione pubblici esercizi): «Sono due segmenti di mercato e di società diversi tra loro. Chi ama le carte è portato a socializzare e a condividere con gli amici la sua passione, chi gioca con le macchine elettroniche preferisce star da solo» (ibidem).

(a cura di Daria Egidi)