Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 16 Giovedì calendario

Appunti su Dolores Prato

Io Donna, sabato 19 febbraio 2011
Rimbambiti «Si diventa lucidi solo da vecchi se non si è completamente arrugginiti. Di un giovane non si dice è “lucido”. Si dice solo di un rimbambito. Sicché per brillare bisogna essere rimbambiti».

Ignoranti «Dolores, i suoi maestri?» «Nessuno. Gli ignoranti non hanno maestri» (a Giulia Massari, 1980).

Esordio Giù la piazza non c’è nessuno, il romanzo d’esordio di Dolores Prato. Pubblicato quando la scrittrice aveva 87 anni, e subito da lei disconosciuto: Natalia Ginzburg, che ne aveva curato l’edizione per Einaudi, lo aveva infatti tagliato in più parti, riducendolo di quasi due terzi e riscrivendolo in parte.

Illeggittimi «A quale ceto appartiene?» «Agli illeggittimi, ma siccome anche questi devono provenire da un duetto, i miei due filoni sono: aristocratico ed ebraico» (a Giulia Massari, 1980).

Nascita Nata nel brefotrofio di Roma col nome di Dolores Olei, figlia illeggittima di Maria Prato, vedova con cinque figli, e di un avvocato calabrese rimasto senza nome. La madre, una settimana dopo l’abbandono, l’aveva infine ripresa e affidata a uno zio prete e alla zia, sorella di lui.

Tavolino «Sono nata sotto un tavolino. Mi ci ero nascosta perché il portone aveva sbattuto, dunque lo zio rientrava. Lo zio aveva detto: “Rimandala a sua madre, non vedi che ci muore in casa?”.
Ambiente non c’era intorno, visi neppure, solo quella voce. Madre, muore, nessun significato, ma rimandala sì, rimandala voleva dire mettila fuori della porta. Rimandala voleva dire mettermi fuori del portone e richiuderlo» (l’incipit di Giù la piazza non c’è nessuno).

Prete Andrea Gaggero, prete fedele all’Ordine dei Filippini, scampato al campo della morte, a Mathausen, distrutto dagli stenti e dalla tisi. Lo accoglie in casa, ancora convalescente, per aiutarlo a guarire. Lui si dà alla bella vita, agli amori fugaci, diventa comunista e lascia la Chiesa. Poi si intesta, di nascosto, la casa di Dolores, lasciando a lei solo l’usufrutto.

Fogli La sua casa, un attico a Roma, un immenso archivio della memoria pieno di fogli e foglietti e appunti sulla sua vita.

Morte Morta in una clinica di Anzio, sola e poverissima. L’aveva fatta ricoverare una lontana nipote dopo una lunga degenza: durante una passeggiata Dolores si era chinata incautamente per cogliere un fiore, rovinando a terra e fratturandosi un femore. La nipote aveva poi svuotato l’appartamento con disordine e fretta, forse mandando perduti molti suoi scritti.

Carte «Maria e Ines, vi prego a mani giunte di non spostare nessun mucchio o mucchietto di carte, alcune sono ingiallite e stanno lì da anni. Ma io ne tiro fuori uno quando voglio. Coprite tutto con lenzuola o asciugamani, eccetto il materiale per il libro» (dagli ultimi bigliettini dalla clinica).

Bocconi «Sin da piccina ebbi l’abitudine di lasciare per ultimo il boccone che stimavo più buono; ho continuato a fare così non per i bocconi da masticare, ma per i pezzetti di vita meno amari».

Lucrezia Dell’Arti