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 2013  maggio 09 Giovedì calendario

Processo Mediaset, confermati 4 anni a Berlusconi

• Silvio Berlusconi è stato condannato anche in appello dai giudici di Milano a quattro anni di reclusione, più cinque anni d’interdizione dai pubblici uffici, per frode fiscale in relazione alla compravendita dei diritti cine-televisivi Mediaset. Ora rimane solo il giudizio della Cassazione.  

• La sentenza di ieri ha accettato in pieno il teorema accusatorio della Procura: una frode fiscale organizzata fin dagli anni ’90 che avrebbe permesso a Berlusconi di registrare costi fittizi per 368 milioni di dollari, evadendo tasse per milioni e milioni di euro, (ridotti a una manciata per effetto delle varie prescrizioni dei reati, ma sufficienti per una condanna). Comunque, in caso di condanna definitiva, dei quattro anni se ne devono togliere almeno tre per via dell’indulto relativo a reati commessi prima del 2006, grazie a una legge decisa dallo stesso governo Berlusconi. [Ferrarella, Cds]  

• A giugno poi la Corte Costituzionale dovrebbe emettere un verdetto sul conflitto d’attribuzione tra il tribunale milanese e la presidenza del Consiglio a proposito della mancata concessione di un legittimo impedimento nel corso di un’udienza del processo Mediaset celebrata nel marzo del 2010, quando il Cavaliere era ancora presidente del Consiglio. Spiega Colonnello sulla Sta: «Se la Consulta, come probabile, dovesse dare ragione a Berlusconi, i giudici supremi si ritroverebbero di fronte tre strade, di cui due favorevoli al leader del Pdl: annullare il processo di appello appena concluso, annullare anche il processo di primo grado, oppure considerare corretta l’interpretazione dei giudici milanesi che ieri hanno valutato “non decisiva ai fini della definizione del presente gravame” la pronuncia della Corte Costituzionale e hanno scelto di arrivare subito a sentenza, nonostante gli avvocati chiedessero una sospensione. Solo in quest’ultimo caso il verdetto di ieri diverrebbe definitivo, con conseguenze devastanti per Berlusconi, che sarebbe obbligato a rinunciare al seggio di senatore e a non potersi più ricandidare per i prossimi cinque anni».