Rassegna, 8 maggio 2013
A Roma i funerali di Giulio Andreotti
• I funerali di Giulio Andreotti si sono svolti in forma privata ieri pomeriggio alla basilica di San Giovanni dei Fiorentini, a pochi passi dalla casa del senatore a vita, in corso Vittorio Emanuele. Il racconto di Geremicca sulla Sta: «Arriva Gianni De Michelis. Tra la ressa si fanno largo, Gianni Letta, Gasparri e Mario Monti. Ma arrivano soprattutto loro, i democristiani, divisi in mille partiti, va bene, un po’ al centro, un po’ a destra e un po’ a sinistra: ma accorsi tutti qui per seppellire un altro pezzo di sé. C’è l’amico-nemico di una vita, Ciriaco De Mita; c’è il sodale del più micidiale patto di potere che la Repubblica (la Prima ma anche la Seconda) ricordi: cioè Forlani, l’ultima iniziale vivente di quel Caf (con Craxi e Andreotti) che dall’89 al 1992 si spartì le scarne spoglie di quel che restava di un sistema al capolinea; c’è Emilio Colombo, l’unico sopravvissuto tra i costituenti; ci sono Casini ed Enzo Scotti, Mastella e Zamberletti, Fioroni e Riccardi, Sanza, D’Antoni e si potrebbe continuare. Ma ci sono prima di tutto loro, gli andreottiani: la corrente più “cattiva”, imperscrutabile e meglio organizzata della fu Dc. Ci sono quelli che ci sono ancora, naturalmente, e mancano dunque “pezzi da 90” come Vittorio Sbardella, Salvo Lima e Franco Evangelisti. Ma tutti gli altri, i «responsabili di settore» per conto del Divo Giulio, sono qui: Paolo Pomicino, longa manus in economia; Roberto Formigoni, delegato ai rapporti con Cl; Francesco D’Onofrio, addetto alle riforme... Sono commossi, ma come si sarebbe commosso il loro capo: gli occhi degli andreottiani restano asciutti, come quelli degli altri democristiani...».
• La vedova Andreotti, la signora Livia, era tenuta al riparo dal dolore e infatti non è neanche venuta in chiesa, anche se sul sagrato c’erano le sue rose. [Messina, Rep]
• «Nel corridoio di casa Andreotti, il giornalista Marco Ravaglioli, genero del Presidente, aspettava davanti alla vetrina con la collezione di ceramiche (magnifiche) i pochi visitatori ammessi alla visita per guidarli sottovoce verso la camera ardente, una stanza che dev’essere stato uno studio, una volta. Dietro la bara, una grande mappa di Roma antica del 1748, disegnata da Giambattista Nolli. Sul lato opposto, una libreria dominata da una vecchia edizione dell’enciclopedia Treccani, un po’ ingiallita dal tempo. A destra, un’altra libreria con una fila di volumi rilegati in nero, senza scritte, e tre statuette di bronzo: un uccello, un cavaliere, una dea orientale. E lui era lì, con il rosario avvolto attorno alle dita cui la morte aveva tolto la celebre sottigliezza, la cravatta di Hermes con il nodo spesso e un mazzo di fiori gialli poggiato sui piedi». [Messina, Rep]