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 2013  aprile 09 Martedì calendario

Tra chi ha oggi almeno una cinquantina di anni non c’è chi non ricordi Margaret Thatcher, primo ministro inglese negli anni Ottanta, unica e ultima donna ad aver abitato Downing Street, durissima con i sindacati e con gli argentini, soprannominata lady di ferro e malinconicamente colpita negli ultimi anni dalla demenza che la faceva entrare e uscire di continuo dagli ospedali

Tra chi ha oggi almeno una cinquantina di anni non c’è chi non ricordi Margaret Thatcher, primo ministro inglese negli anni Ottanta, unica e ultima donna ad aver abitato Downing Street, durissima con i sindacati e con gli argentini, soprannominata lady di ferro e malinconicamente colpita negli ultimi anni dalla demenza che la faceva entrare e uscire di continuo dagli ospedali. La gran signora è morta ieri a 88 anni non ancora compiuti e la forza del suo mito si vede dalla valanga di articoli, memorie, video e foto che si sono riversati sul web e che oggi occupano pagine e pagine dei giornali. Persino il Papa ha in qualche modo dovuto fare i conti con la sua memoria, quando ha proclamato argentine le isole Falkland che la Thatcher difese senza nessuna esitazione nel 1982 andando a fare la guerra in quei mari lontani.

Forse potremmo ricordare con qualche utilità, in un giornale come questo, il rapporto tra la Lady e il calcio.
Rapporto pessimo, dato che Margaret detestava il football e specialmente i suoi tifosi, come ha raccontato poi il suo ministro del Tesoro, Kenneth Clark. L’episodio dell’Heysel mostra ciò di cui era capace. Ricorderà che all’Heysel, lo stadio di Bruxelles, il 25 maggio 1985 Juventus e Liverpool si giocavano la finale di Coppa dei Campioni. Le intemperanze degli hooligans provocarono la caduta di un muro e la morte per schiacciamento di 39 tifosi bianconeri. La Thatcher prese misure durissime: le squadre inglesi furono ritirate dai campionati europei fino al 1991, lo Sport Event Act (1985) vietò il consumo di alcol anche nelle zone limitrofe agli stadi, il Public Order Act rubricò a «reato» anche il comportamento «allarmante» negli stadi e in seguito fu dato ai magistrati il potere di arresto con processo immediato degli scalmanati, che si fossero anche solo permessi di gridare un insulto. Questo le dà un’idea del personaggio.  

Sì, so che andò da Breznev e gli disse: «Buongiorno. Io odio il comunismo. Però se a lei piace può tenerselo, purché resti dentro i confini del suo paese».
Furono i sovietici a chiamarla Iron Lady, cioè lady di ferro, soprannome che a lei piaceva moltissimo, benché poi tenesse alla propria femminilità, tacchi alti, fianchi, parrucchiere, boutique, sarte, eccetera. Mitterrand la conquistò dichiarando che aveva le labbra di Marilyn Monroe. Si fece anche fare un servizio fotografico in sottoveste, tutto sfumature e ti vedo-non ti vedo.

Riassumiamo il significato politico della signora.
Era figlia di un droghiere che faceva il predicatore metodista laico, fatto che la imparenta un minimo con la Merkel, figlia di un pastore protestante. Altro punto di contatto, gli studi scientifici: Merkel è un fisico, Thatcher era un chimico. Qui finiscono le somiglianze. Quanto la Merkel pare dotata di una pazienza da elefante, della capacità sfinente di riequilibrare di continuo quello che sembra sul punto di franare con lo spostamento quasi impercettibile di qualche tassello, tanto la Thatcher era invece un guerriero sempre a passo di carica, impaziente delle lungaggini istituzionali, insofferente anche delle libertà individuali che rallentavano la realizzazione delle proprie convinzioni. Andò all’attacco dei minatori, che erano stati statalizzati una ventina d’anni prima e ne distrusse il sindacato in un anno, senza concedere praticamente nulla e mettendo in strada 20 mila persone. Da allora prese l’avvio la liberalizzazione del Paese, ottenuta paradossalmente con il contemporaneo taglio delle spese e aumento delle tasse. Gran ripresa economica e però anche maggiore distanza tra ricchi e poveri. Fu poi una tassa a costarle il posto, la poll-tax con cui voleva colpire ogni singolo suddito per il solo fatto che esisteva. Un «regno» molto lungo, comunque: dal 1979 al 1990.  

Rapporti con la regina?
Difficili. Thatcher si sentiva regina a sua volta. Al funerale di lord Mountbatten, ucciso dai terroristi irlandesi, Elisabetta si presentò con un vestitino nero e un cappellino con veletta dello stesso colore, Margaret tirò fuori dall’armadio gramaglie da prima donna con un cappello enorme. La zia dello scomparso sembrava lei.  

Oggi da noi ci vorrebbe una Thatcher?
Chi lo sa. Era contrarissima all’Europa e nemica dell’unificazione tedesca (imparentata in questo con Andreotti). Certi suoi principi, enunciati come sferzate, però oggi forse ci farebbero bene. Per esempio che non si possono ottenere benefici senza fatica. Che le verità, benché insopportabili, vanno spiegate. Che nella vita «o si ottiene questo o si ottiene quello» e che non è possibile, non è credibile godere «sia di questo che di quello» (la botte piena e la moglie ubriaca, ecc). La sua massima più dolorosa per noi credo però sia questa: che i debiti vanno pagati. Sempre e comunque.