Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  aprile 07 Domenica calendario

I quattro italiani in Siria non sono stati sequestrati, ma solo bloccati.• Chi lo dice? Lo dice l’Ansa che ha parlato con una fonte anonima

I quattro italiani in Siria non sono stati sequestrati, ma solo bloccati.

Chi lo dice?
Lo dice l’Ansa che ha parlato con una fonte anonima. «Stanno tutti bene – ha detto questa fonte anonima - Saranno presto liberati e accompagnati in Turchia». Sono stati sequestrati? «No, sono stati fermati. I combattenti che li hanno fermati stanno facendo accertamenti  per verificare che si tratti di giornalisti e non di spie. In un primo momento i combattenti avevano pensato a delle spie. I combattenti li stanno trattando benissimo. Potrebbero essere in Italia già domani (oggi per il lettore)». I quattro sono il giornalista Rai Armando Ricucci, il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la freelance Susan Dabbous, una troupe al lavoro da qualche giorno in Siria per il reportage “Silenzio si muore”, per conto di “La Storia siamo noi”. La Rai ha chiesto, come la Farnesina, «la massima collaborazione e il massimo riserbo» e ha sottolineato di essere in contatto costante con il ministero degli Esteri. Sia la Farnesina che la Rai chiedono il silenzio stampa. La blogger e attivista siriana Aya Homsi, che vive a Bologna, ha fatto sapere che anche a lei i quattro risultano in buona salute e in una condizione meno rischiosa di quella che s’era temuta all’inizio.  

• Chi sono i ribelli?
La fonte ha detto all’Ansa che i ribelli in questione appartengono  «alla galassia dell’opposizione e non all’esercito siriano libero».  

Che cosa stavano facendo i quattro italiani in Siria?
I quattro operavano facendo base in Turchia. Sarebbero entrati in Siria il 2 aprile nella zona di Guveci. Dal 4 aprile la redazione non sarebbe più riuscita a mettersi in contatto con loro. Potrebbero aver filmato postazioni militari e per questo sarebbero stati fermati. L’intelligence italiana sarebbe già in contatto con esponenti vicini ai ribelli. Ricucci e Colavolpe erano già stati ad Aleppo nei mesi scorsi per un reportage, sempre prodotto dal canale di approfondimento Rai. Ricucci aveva sempre detto di voler raccontare quella che definiva «una tragedia infinita». Sul suo blog spiegava l’idea di “Silenzio, si muore”, un progetto di giornalismo partecipativo, il primo di questo genere per la Rai. Le tracce del gruppo - secondo le prime ricostruzioni - si sono perse il 4 aprile, quando nel pomeriggio era previsto il collegamento con i ragazzi di una scuola di San Lazzaro, che partecipavano con spunti e discussioni via Skype alla realizzazione del servizio. I cellulari GSM e satellitare di Ricucci e degli altri componenti della troupe da quel momento sono stati irraggiungibili. Venerdì mattina fonti giornalistiche siriane e straniere presenti nella regione turca di Hatay e in contatto con gli accompagnatori di Ricucci hanno riferito che i giornalisti si trovavano nel villaggio di Yaqubiya, e nord di Idlib, in stato di fermo, ad opera probabilmente di miliziani fondamentalisti. Secondo la ricostruzione offerta da queste fonti, i reporter italiani erano stati fermati perché avevano filmato e fotografato postazioni militari sensibili.  

• A che punto è la situazione in Siria?
Fino ad ora i morti sono 70 mila. Arrivano di continuo le notizie più tremende. Tra queste: il fatto che a combattere con i ribelli siano ormai sempre di più anche bambini di 7-8 anni. Gira in rete un video dove si vede un piccolo Ahmed con l’Ak 47 in braccio, maneggia il caricatore, spara solo da terra perché il mitra è troppo pesante e a usarlo in una posizione diversa non ce la fa. Le formazioni di ribelli sono numerosissime, il movimento anti-Assad è frazionato in mille bande. Gli americani, che ufficialmente non partecipano alla guerra in nessun modo (Obama ha detto che interverrà solo se Assad adopererà le armi chimiche), riforniscono in realtà di armi le forze anti-regime, ma badando bene (o cercando di badar bene) all’identità delle formazioni a cui regalano gli ordigni di morte. Un’operazione di verifica che si chiama “vetting”. Le armi vengono fatte arrivare tramite la Turchia oppure con un giro Croazia-Arabia Saudita.  

E i fondamentalisti?
La formazione fondamentalista più agguerrita è Jabhat al Nusra. Si è alleata con l’al Qaeda irachena e, attraverso questa, riceve aiuti dall’Iran. A pochi chilometri di distanza, in Giordania, gli americani addestrano gruppi di ribelli siriani. Sono gli stessi che poi si trovano di fronte in Iraq? È un guazzabuglio. Assad sta in piedi grazie all’aiuto di russi e cinesi. Ma l’aiuto russo potrebbe venir meno: Cipro sta solo a cento chilometri e potrebbe garantire alla marina di Putin la stessa presenza nel Mediterraneo.