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 1991  febbraio 03 Domenica calendario

L’addio al celibato del giornalista doc

La stampa, domenica 3 febbraio 1991
Dov’è la festa? A Igea Marina, una decina di chilometri dalla città congressuale, appuntamento al ristorantedancing «Rio Grande», in genere adibito alle danze della terza età e comunque fornito di ricco parco di divertimenti con cavalli, cervi, capre, laghetto, mini-golf, trenino e pista di autocross. Alle 23 la sala stampa si trasferirà nella ex-casa colonica trasformata in gigantesco night dai fratelli Urbinati, due scaltri gestori democratici e di sinistra, per la «festa d’addio del giornalista comunista». Per lire 22 mila – promette il comitato organizzatore – si mangia, si beve, si balla. E si chiude con una gloriosa tradizione. Non fa una piega, del resto, il sillogismo di Pietro Spataro, il caposervizio politico dell’Unità che, pur essendo del No, è uno degli ideatori dei festeggiamenti: «Finisce il Pci, finisce il comunismo e quindi finisce anche la figura del giornalista comunista». Dunque, tutti al «Rio Grande», con la benedizione del direttore Renzo Foà, che richiama per l’occasione «l’addio al celibato, la festa di laurea» e che lunedì prossimo firmerà l'ennesima trasformazione di testata: l’Unità e sotto, «Giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924». E intanto ridacchia: «Da un pezzo non eravamo più comunisti». La vigilia festaiola si svolge in un clima di grande eccitazione. L'ala ludens del pds, annidata nella stampa ex-comunista, gioca con successo la sua carta più ardita. E mentre sulla tribuna Napolitano accenna con pudore ai «turbamenti profondi» e si spezza la voce del nobile Ingrao, in sala stampa c'è chi scopre con orrore di aver perso, tra mille foglietti, il sospiratissimo invito. Cartoncini con quercia disegnata dal grafico Umberto Verdat. Per fortuna c'è Fabrizio Rondolino, resocontista ufficiale di Occhetto, che ne ha le tasche gonfie e li distribuisce a destra e a manca. Ne ottiene uno, appena arrivato a Rimini, il filosofo Massimo Cacciari. E uno, in extremis, Michele Serra, che distribuisce sotto i flash le primissime copie del suo Cuore autonomo. Il direttore dell'Avanti! Roberto Villetti, diplomaticamente rifornito da Foà, si pregusta la notte brava con malcelata prudenza. Gasatissimo Marco Conti, amico di Gava e direttore del Gr2: «Sono del tutto solidale con la fine del giornalismo comunista», ripete nei corridoi prefigurando tappi che saltano. Naturalmente ci sarà in massa, e con le telecamere, il Tg3: Franco Poggianti aprirà il servizio con uno scioglilingua: «E’come se l'arcivescovo di Costantinopoli si disarcivescovi...». Ci saranno anche quelli del Manifesto, quotidiano comunista, però tutt'altro che indispettiti. «Speriamo di portarci appresso anche Pintor», confida il caposervizio Carmine Fotia. «Lo ammetto - si sbilancia la commentatrice Rina Gagliardi -: giornalista democratico e di sinistra suona molto meglio di giornalista comunista». Ci sarà anche il disegnatore Sergio Staino: «Perché non sono un moralista. Ma il mio personaggio Bobo no aggiunge -, lui non verrebbe. Ha sofferto troppo in questi mesi, non riesce ad essere allegro». Può risultare anche malinconica o peggio, tra le nebbie notturne di Igea Marina, la festa d'addio per alcuni giornalisti che vogliono restare comunisti. Le danze al «Rio Grande» come un «cupio dissolvi» che non è neanche liberatorio. «Un'iniziativa di pessimo gusto osserva l'inviato Eugenio Manca –. Stanotte mi sceglierò un'altra festa».
Filippo Ceccarelli