5 dicembre 1989
Carlo De Benedetti: «Luca è un uomo fragile ma dovrà vendere a me»
La Stampa, 5 dicembre 1989
MILANO. Ingegnere, si siederebbe a un tavolo con Luca Formenton? Un lunghissimo silenzio, poi Carlo De Benedetti risponde. «Certamente lo farei con un grado molto diverso da quell’attitudine aperta, cordiale e affettuosa che ha caratterizzato i precedenti incontri... Luca è un uomo fragile e senza esperienza». Nella sede della Cir, De Benedetti concede un’intervista a quattro quotidiani e ricostruisce il «tradimento dei Formenton». È un momento difficile, sembra di essere tornati indietro di un paio d’anni quando l’ingegnere spiegò la sua sconfitta in Belgio per la Sgb. Ma De Benedetti ritiene di non aver perso la partita Mondadori.
La sua posizione è questa: «So di essermi comportato sempre e in ogni circostanza con estrema correttezza; so di aver diritto ad acquisire le azioni Amef e dei Formenton; so di poter contare sulla maggioranza assoluta del capitale totale della Mondadori; farò valere i miei diritti in sede Amef e Mondadori; se ci sarà un seguito giudiziario, nutro una fiducia totale nella magistratura». Affiancato dal figlio Rodolfo, De Benedetti, amareggiato, risponde a Luca e a Berlusconi. «Il comunicato della Fininvest — dice — è un’offesa al buon senso, sembra la favola di Cappuccetto rosso: la famiglia che si riunisce sotto il cavaliere bianco».
Queste le tappe di un lungo legame e di una sorprendente separazione.
Il crack di Rotequattro De Benedetti ricorda di essere stato chiamato cinque anni fa da Mario Formenton «per entrare nella Mondadori, quando la società era tecnicamente fallita». «Mario mi chiese un aiuto finanziario e manageriale — continua — e io accettai a tre condizioni: fare il bilancio consolidato di gruppo che non c’era, cambiare il management, uscire da Retequattro». L’ingegnere lancia la prima, pesante accusa alla Fininvest. «Berlusconi con ogni azione, lecita e illecita diede il suo contributo a mettere in ginocchio la Mondadori». Si apre il negoziato per cedere la rete Tv. «Mario — racconta l’ingegnere — dopo una lunga trattativa con Romagnoli si accorse che quest’ultimo trattava per conto di Berlusconi e quindi era inutile continuare. Nell’agosto dell’84 rientrai dalle vacanze, con Mario andammo da Cuccia e lo pregammo di chiudere in pochi giorni la vendita di Retequattro con Berlusconi alle condizioni possibili. Cuccia lo fece, anche, se purtroppo fu possibile vendere solo le attività di Retequattro». La situazione di Segrate era drammatica: a fine ’84 «il fatturato era di 940 miliardi, i debiti assommavano a 400 miliardi, 230 miliardi la perdita effettiva».
La nascita di Amef La cura del nuovo amministratore Franco Tatò dà subito buoni frutti. «Nell’ 85 l’azienda è protagonista di turnaround rapidissimo e spettacolare, il bilancio si chiude con un utile di 25 miliardi e un fatturato di 1000 miliardi». A questo punto «Mario mi pone il problema della proprietà: la famiglia Formenton possedeva metà della metà del capitale in quanto, caso unico, per garantire il controllo alle due famiglie erano state emesse azioni privilegiate in numero quasi uguale alle ordinarie». E allora cosa successe? «Inventammo una scatola cinese, l’Amef, per consentire ai membri della famiglia di avere il controllo nonostante possedessero a quel punto la metà della metà della metà delle azioni». È in questo momento che ci sono i primi scontri tra Mario Formenton e Leonardo Mondadori. «Leonardo voleva Berlusconi nell’Amef, allora Mario ci chiese di entrare come Cir con una quota doppia (il 16%) rispetto alla Fininvest (8%)». E in quest’occasione c’è il primo accordo tra l’’ingegnere e l’allora presidente di Segrate. «Un contratto che prevede il diritto di prelazione a favore Cir e Vender sulle azioni detenute dai Formenton, firmato da tutti i membri della famiglia».
A Segrate si apre «un periodo difficile per Mario, accusato da Leonardo di aver portato l’azienda in una situazione di grave difficoltà». «Iniziano anche screzi tra Tatò e Formenton, Mario mi chiede di trovargli un altro amministratore che lo completi sul suo lato debole, quello amministrativo. Accetto, chiedo a Tatò di andare alla Triumph Adler e al suo posto metto a disposizione Fossati che lavorava alla Cir». Le tensioni tra le due famiglie esplodono dopo la morte di Mario Formenton nell’ 87.
Il patto con Cristina Si pone il problema della successione. «Cristina Formenton, nell’estate dell’ 87, sceglie Fabiani come candidato — aggiunge l’ingegnere — ma questa ipotesi è contrastata da Leonardo e Cristina ripiega su una scelta transitoria, Polillo, che io accetto e supporto». «A questo punto Luca e Cristina decidono che la convivenza con Leonardo è impossibile, il loro obiettivo è di vederlo fuori dall’azienda. Cristina mi incoraggia durante l’estate (ci sono ì testimoni) a comprare azioni Amef e Mondadori. È quello che faccio». Il passo successivo è un contratto tra De Benedetti e i Formenton. Nel maggio ’88 «Cristina e Luca mi chiedono di diventare definitivamente responsabile della gestione e presidente della società e vogliono proteggersi con un contratto che preveda la vendita alla Cir delle loro azioni Amef in cambio di Mondadori ordinarie a fronte di garanzie patrimoniali e di un ruolo in azienda per Luca». Questo è il punto chiave. De Benedetti tira fuori le carte bollate firmate dagli eredi Formenton, legge i punti salienti: «La famiglia Formenton riconosce all’ing. De Benedetti nell’ambito della Mondadori il ruolo di imprenditore di riferimento... entro il 31 marzo 1989 il consiglio della Mondadori eleggerà l’ingegner De Benedetti (od altra persona designata dalla Cir) presidente... la famiglia si obbliga a vendere alla Cir, la quale si obbliga all’acquisto, numero 13.700.000 azioni Amef di sua proprietà, nei 30 giorni successivi dalla scadenza della vigente convenzione di sindacato Amef, comunque entro il 30 gennaio 1991».
Il tradimento Dopo l’acquisizione del gruppo Repubblica-Espresso e la nomina di Carlo Caracciolo alla presidenza della Mondadori le cose sembrano apposto, ma non è così. «Lo scorso settembre — continua De Benedetti — Predieri e Vender mi informano che i Formenton vogliono ridiscutere gli accordi che ci legano proponendo due alternative: coinvolgere Berlusconi nel patto di comando o la vendita immediata dei Formenton a Cir. Caracciolo conduce la trattativa con Berlusconi «ma ci accorgiamo che nel frattempo c’è una trattativa diretta tra i Formenton e Berlusconi. Sabato riceviamo dal fax della Fininvest le dimissioni di Luca e Cristina dal consiglio di amministrazione.
Il futuro De Benedetti denuncia «pressioni politiche alla grande». Anche ingerenze finanziarie? «Non ne ho evidenza». E Gianni Agnelli che si augura una ricomposizione della famiglia? «Una coincidenza». L’ingegnere ha chiesto la convocazione dell’assemblea straordinaria Mondadori. Forse per un aumento di capitale o la conversione delle privilegiate (di cui ha quasi la totalità) in ordinarie. «Ipotesi possibili». Ma i tempi tecnici (45 giorni) potrebbero essere troppo lunghi. I suoi legali chiederanno il sequestro giudiziario delle azioni Amef dei Formenton. E con Berlusconi? «Non posso non tener conto delle posizioni azionarie reciproche». Giovedì si riuniranno i consigli dell’Amef e della Mondadori. Intanto, su entrambi i fronti, si stanno contando le azioni e gli alleati.
Rinaldo Gianola