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 2012  ottobre 05 Venerdì calendario

Aggiorniamo la tabella di marcia delle elezioni americane (mancano 32 giorni): Obama era in vantaggio fino a martedì, ma Romney, il repubblicano, ha vinto nettamente il faccia a faccia televisivo dell’altra notte

Aggiorniamo la tabella di marcia delle elezioni americane (mancano 32 giorni): Obama era in vantaggio fino a martedì, ma Romney, il repubblicano, ha vinto nettamente il faccia a faccia televisivo dell’altra notte. Un sondaggio della Cnn mostra che il 67 per cento dei telespettatori ha giudicato più forte Romney e solo il 25% più forte Obama. Questo 67 per cento si può tradurre in tendenze autentiche dell’elettorato, cioè in voti? Thomas Holbrook, esperto di relazioni Usa, dice di no: i faccia a faccia televisivi spostano i gusti degli elettori mediamente di un punto solo, come risulta dai calcoli effettuati sugli ultimi sedici confronti. Infatti Bush perse contro Kerry addirittura di due punti, andandosi poi a prendere la Casa Bianca senza problemi. Inoltre ci saranno altri due dibattiti televisivi, uno con le domanda da parte del pubblico il 16 ottobre e un altro il 22 sulla politica estera. Barack, in teoria, ha tempo di recuperare.

Come si svolgono questi dibattiti?
I due staff devono prima di tutto mettersi d’accordo sul conduttore. Poi ognuno dei due candidati ha a disposizione un tempo limitato per rispondere alle domande. E sostanzialmente non c’è altro. Scegliere il conduttore è stato relativamente facile: Jim Lehrer, della Pbs, è un veterano di queste partite. La Pbs, tengo a ricordarglielo, è la tv pubblica americana. Il match non è stato poi troppo regolare: Lehrer ha permesso, soprattutto a Romney, di parlare più del previsto e di interrompere l’avversario. Lehrer ha lasciato che il candidato repubblicano interrompesse persino lui! Non sta tuttavia in queste scorrettezze la ragione della vittoria.  

No?
No. Nei dibattiti televisivi hanno un’importanza relativa gli argomenti adoperati dai due avversari. Specialmente quando si discute di politica interna e di economia, come in questo caso: la tentazione di spiegarsi ricorrendo ai numeri è forte, ma i numeri alla radio e specialmente in televisione – dove l’attenzione è labilissima – dicono poco. Conta di più l’impressione generale, la simpatia che ispirano i due, la loro eventuale avvenenza, la sensazione di vitalità che trasmettono. Li guardo e sento che uno è perdente e l’altro è vincente. Per il perdente, almeno nel verdetto di quella serata, è la fine. Ricorda il film Il campione
con Paul Newman? Al momento decisivo, uno dei giocatori consiglia di non scommettere su Newman per la semplice ragione che, solo a guardarlo, si capisce che è un perdente. Per esempio, i due candidati portavano una spilletta con la bandiera Usa, ma quella di Romney era grande il doppio. Passa così il messaggio subliminale: il repubblicano è più patriota del democratico. Durante tutta la discussione, poi, Obama ha evitato di guardare Romney negli occhi, ha tenuto anzi lo sguardo rivolto verso il basso e intanto l’altro lo attaccava senza pietà e non riceveva risposta, un po’ perché Obama, straordinario seduttore quando parla a una folla o a una platea senza contradditorio, non è altrettanto sicuro di sé nei duelli…  

È un po’ il problema di Berlusconi…
Fatto sta che il vincente della situazione sembrava, ed è poi effettivamente risultato, Romney.  

I programmi? Avranno pur dovuto dire qualcosa a questo proposito.
In linea generale lo scontro è sempre quello: Romney vuole che lo Stato si ritiri il più possibile dalla vita dei cittadini, Obama crede – e lo ha detto - che senza l’intervento pubblico non si sarebbe salvato il settore automobilistico del Paese e non si sarebbero creati quattro milioni di posti di lavoro. Romney ha ribattuto che in realtà negli Stati Uniti ci sono, dopo quattro anni di questa presidenza, 23 milioni di disoccupati. È apparso chiaro che mentre nei comizi tenuti fino ad ora Romney ha tentato di portare dalla sua l’estrema destra repubblicana, i movimenti religiosi, la finanza, in televisione s’è improvvisamente mostrato più moderato, più equilibrato, più interessato alla sorte della classe media. Ha giurato che non avrebbe tagliato le tasse ai ricchi e ha ricordato che quando era governatore del Massacchussetts varò una riforma sanitaria non troppo diversa da quella voluta da Obama, ma senza spaccature, anzi con l’accordo sostanziale anche dei democratici. Barack, che su questo gli ha addirittura fatto i complimenti, ha replicato di aver ereditato la più grave crisi degli ultimi settant’anni e due guerre che non aveva certo voluto lui. S’è però perso in una quantità di dimostrazioni prolisse, supportate da cifre impossibili da dirigere.  

Com’era esattamente la situazione prima del match?
Obama era in vantaggio netto, tre punti facendo la media di tutti i sondaggi (metodo Huffington). Soprattutto risultava primo negli Stati incerti, quelli che effettivamente contano per la vittoria finale. Nonostante tutto, mi pare difficile che Romney abbia risalito la china fino a questo punto. Anche se nel 2002, quando ci si giocava il Massacchussetts, a sei settimane dal voto il suo avversario Shannon O’Brien era avanti di sei punti e perse poi di cinque punti. Romney è uno specialista in rimonte.

[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 5 ottobre 2012]