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 2012  settembre 28 Venerdì calendario

Monti ha pronunciato la frase decisiva: «Dopo le elezioni è giusto che i partiti politici possano presentare un presidente del Consiglio che sia uno di loro e che non sarò io

Monti ha pronunciato la frase decisiva: «Dopo le elezioni è giusto che i partiti politici possano presentare un presidente del Consiglio che sia uno di loro e che non sarò io. Certo che se ci fosse una circostanza particolare, se dovesse essere richiesto, considererei l’ipotesi di dare una mano. Dopotutto, sono stato nominato senatore a vita e non ho bisogno di presentarmi alle elezioni».

Dove parlava?
Al Council of Foreign Relations, che si teneva a New York in margine alla 67ma Assemblea generale dell’Onu, quella dove il nostro presidente del consiglio aveva dichiarato: «Questa è la più grave crisi nella storia dell’Unione europea». Negli Stati Uniti Monti è una specie di star, Obama tiene in grande considerazione le sue opinioni, le televisioni lo intervistano, i club più esclusivi lo invitano a parlare. Il Council of Foreign relations (Consiglio per le relazioni estere) è un’associazione privata di uomini d’affari, leader politici e intellettuali, che studiano i problemi in una prospettiva globale. Esistono da più di 90 anni. Platea piccola, ma altamente qualificata.  

Come mai questa dichiarazione è così importante?
Monti ha sempre detto che non avrebbe corso per un secondo governo tecnico. Ci credevamo e non ci credevamo, ma la chiusura formalmente era netta. Questa è la prima volta che invece considera non impossibile «l’ipotesi di dare una mano». Le variabili di questa “mano” sono ovviamente molte. Diciamo quella principale: un secondo governo Monti sarebbe ancora composto da soli tecnici o ne farebbero parte anche dei rappresentanti politici? O magari si mescolerebbero personaggi dell’uno e dell’altro tipo? Mi viene in mente che Berlusconi, nell’intervista all’Huffington dell’altro giorno, ha detto: «In fondo ero anch’io un tecnico», frase non assurda se si pensa alle caratteristiche clamorose della sua discesa in campo (mentre Monti è stato chiamato). “Dare una mano” peraltro è un’espressione che sembra lasciare aperte parecchie possibilità. Monti accetterebbe di fare il ministro dell’Economia in un governo Bersani? O magari, nello stesso momento, il ministro dell’Economia e il ministro degli Esteri, in modo da poter parlare e trattare a nome dell’Italia nel consesso internazionale dove gode di una stima enorme, e irraggiungibile per qualunque altro italiano tranne Draghi. Bersani, nelle settimane scorse, era sembrato a un certo punto possibilista su questo doppio incarico.  

Come potrebbe Monti presiedere un governo politico?
Adesso che l’eventualità di dare una mano è stata ammessa, qualcuno potrebbe presentarsi al voto dichiarando in anticipo che, in caso di vittoria, manderebbe a Palazzo Chigi l’attuale premier. Uno che potrebbe farlo tranquillamente, e senza problemi interni, e in coerenza con quanto dichiarato fino ad oggi, è Casini. Berlusconi potrebbe addirittura precederlo, lavorando per tenersi il Porcellum e cercando in questo modo di vincerle, le elezioni. In questo caso, se tentassero la scissione, a rischiare sarebbero soprattutto gli ex di An. Il Porcellum ha il pregio – per chi vince - di rendere irrilevanti i partiti sconfitti. Supponiamo un cartello Berlusconi-Casini a sostegno di Monti. Grave problema per il Pd: Renzi secondo alcuni sondaggi vincerebbe le primarie e si sa che potrebbe sostenere con convinzione Monti, giocandosi le sue ulteriori carte tra cinque anni. Fini ha scritto un articolo per Huffington dichiarando che i prossimi cinque anni saranno di ricostruzione. A questo punto la strana maggioranza, di nuovo tipo, taglierebbe le ali destre e sinistre (ex An e Lega da un lato, la sinistra democratica dall’altro) e si configurerebbe come una vasta area di centro all’interno della quale, grazie al Porcellum, ognuno manterrebbe la sua individualità.  

Non la fa troppo facile?
Non è affatto un percorso facile, ma fino a ieri era impossibile, mentre oggi lo si può immaginare. È significativa anche l’allusione alla sua condizione di senatore a vita, status che lo solleva dalla necessità di fare una campagna elettorale e compromettersi in un agone che non sembra adatto alle sue caratteristiche di sobrietà e alla tenacia con cui persegue un profilo soft.  

• Bisognerà aspettare i sondaggi per capire se un cartello Monti ha qualche possibilità.
Ma i sondaggi dicono già che Monti gode dell’approvazione di più del 50% degli italiani. A quasi un anno di distanza dall’insediamento, e dopo il carico di tasse che ha rifilato al paese, è una percentuale-monstre. Trascuriamo il fatto che il suo governo non gode della stessa popolarità. Nel sistema che abbiamo costruito, la fiducia nel premier, specie nella prospettiva dei profondi cambiamenti che ci attendono, è essenziale.

[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 28 settembre 2012]