2 ottobre 1975
Una città minorenne
Corriere della Sera, 2 ottobre 1975
Quale inesistente Milano esce dalle carte della magistratura? Quale Milano selvaggia, scomposta, incapace di garantire la giustizia? «Perseverare è diabolico», ma le supreme gerarchie non se ne ricordano. Nell’agosto del ’72 Milano fu dichiarata inadatta al processo per la strage di Piazza Fontana. Fu un errore di civiltà. Adesso sappiamo che nulla è cambiato, che quell’errore rimase.
Milano non avrebbe bisogno d’essere difesa. La sua difesa è nei fatti che la storia di questi tormentati anni è venuta accumulando. Milano ha conosciuto traumi e tragedie, stragi e delitti. Li ha conosciuti e superati: dai giorni di Annarumma a piazza Fontana, dalla morte di Pinelli a quelle di Feltrinelli, di Calabresi, di Saltarelli, di Franceschi, dell’agente Marino, della bomba di Bertoli ai ragazzi uccisi nella scorsa primavera. L’episodio non dispone a favore delle tesi che sostiene la magistratura. Milano, dopo ogni episodio, ha chiesto giustizia. Non è una colpa chiedere giustizia. Significa soltanto onorare la propria vita offesa. Milano non è un ostacolo alla giustizia. Ha assorbito in questo anni drammi sociali fortissimi, è passata attraverso la contestazione e l’autunno caldo, ha visto incrinarsi e cadere i miti del benessere, conosce in queste settimane le incognite della cassa integrazione e della disoccupazione. Ma non cede ai richiami del disordine, non rinuncia ai valori profondi della sua maturità.
Troppe ipotesi sono già state avanzate in passato sull’ostinato rifiuto a celebrare il processo nella città dove la strage è avvenuta. L’idea di una Milano minorenne sembra far comodo soltanto a che non vuole che sia fatta giustizia. Questo processo spostato nel profondo Sud fa dubitare paradossalmente che sia l’intera nazione a non essere in grado di giudicare. Chi continua ad aver paura, dopo sei anni, della bomba e dei morti di Piazza Fontana?
Giulio Nascimbeni