21 settembre 2012
Sette, 21 settembre 2012 Fatto La sera del 22 settembre 1943, alcuni tedeschi, nel rovistare la caserma della Guardia di Finanza a Palidoro, venivano investiti dalla scoppio di una bomba; e uno di essi rimaneva ucciso
Sette, 21 settembre 2012
Fatto La sera del 22 settembre 1943, alcuni tedeschi, nel rovistare la caserma della Guardia di Finanza a Palidoro, venivano investiti dalla scoppio di una bomba; e uno di essi rimaneva ucciso. All’indomani fu effettuato dai tedeschi un vasto rastrellamento, e ben 22 disgraziati, indiziati come colpevoli, furono condannati alla fucilazione. Essi furono salvati dall’intervento di Salvo D’Acquisto, giovane vicebrigadiere dei Carabinieri allora ancora Reali, il quale si proclamò responsabile dell’esplosione (e non lo era affatto); e fu perciò fucilato.
SS I tedeschi, un reparto di paracadutisti della Waffen SS, erano arrivati quella domenica, 19 settembre 1943, e dopo aver requisito alcuni locali nella piazza e installato il loro comando in una ex caserma di finanzieri, stanchi e forse ubriachi, si erano messi a frugare in lungo e in largo tutte le stanze della caserma. Rovistando in una vecchia cassapanca piena di biancheria, sistemata nel primo piano della Torre di Palidoro, avevano però innescato inavvertitamente una bomba a mano.
Pescatori Secondo alcuni le bombe a mano nella caserma erano frutto di un sequestro fatto ad alcuni pescatori di frodo appena qualche giorno prima, che i finanzieri avevano riposto in quella cassetta dimenticandosene.
Kaputt «Quella mattina andavo verso Torre di Pietra in compagnia di un ragazzetto di 13 anni, che conoscevo di vista. Eravamo tutti e due in bicicletta. Una volta giunti davanti alla stazione dei Carabinieri, un tedesco mi fece segno di fermarmi, Io avevo 17 anni, ma – forse per la mia corporatura – ne dimostravo qualcuno di più. Il tedesco mi spinse a calci in un angolo del cortile, dove erano radunati molti civili con donne e bambini. I soldati stavano saccheggiando la stazione. Ne ricordo due che sghignazzavano e litigavano per una sciabola. Ogni tanto ci lanciavano insulti. Nel gruppo, uno di rastrellati riuscì a trovare in tasca una tessera del Pnf, che non aveva distrutto dopo la caduta di Mussolini. Fu la sua salvezza, perché la mostrò ai tedeschi, che lo gratificarono con il titolo di “kameraden” e con grandi pacche sulle spalle. Dopo un’ora circa di attesa, saranno state le 9,30, arrivò un autocarro, sul quale i tedeschi fecero salire gli uomini. Un graduato ci disse. “Alles Kaputt” (tutti morti)» (Angelo Amadio, uno degli ostaggi).
D’Acquisto Salvo D’Acquisto, vicebrigadiere, 23 anni, la mattina del 23 settembre è il più alto di grado alla caserma di Torrimpietra perché il maresciallo Alfonso Monteforte è assente. All’arrivo dei tedeschi li affronta solo, dopo aver fatto fuggire gli altri carabinieri dal tetto. Colpito con la canna del mitra alla nuca e poi fatto salire sulla camionetta delle SS, viene portato nella piazzetta di Palidoro, dove è costretto a indicare, tra i 22 contadini rastrellati dai tedeschi nei campi, quale fra questi è colpevole dell’attentato alle SS della sera prima, ma si rifiuta di rispondere.
Fossa Il comandante tedesco, dopo aver portato i prigionieri alla Torre di Palidoro, traccia una riga per terra con il manico del frustino, poi ordina a D’Acquisto e agli altri di scavarsi la fossa da soli. Siccome però non ci sono sufficienti pale, molti devono usare le mani.
Ore 17 Verso le 17 le buche sono pronte, gli ostaggi allineati aspettano in piedi di morire, allora Salvo D’Acquisto fa un passo in avanti e dice al comandante che è lui l’autore dell’attentato.
Corpo Il corpo di Salvo D’Acquisto, rimasto nella fossa per 19 giorni, fu poi spostato da due donne e un sacerdote, don Bancaccio, che lo seppellirono in una bara improvvisata di assi di legno nel piccolo cimitero di Palidoro.
Famiglia La famiglia, venuta a conoscenza dei fatti di Palidoro solo un anno dopo la morte di Salvo, grazie a un cugino della madre, cui venne data la notizia.
Matricolare Sul foglio matricolare di Salvo D’Acquisto, custodito a Roma nel museo di Piazza Risorgimento, si legge «Arte o professione: Seminarista. Titolo di studio: I Ginnasiale».
Divisa Lascia un fratello, Alessandro, di 6 anni che di Salvo ricorderà «il ruvido della sua divisa di panno, e il tocco robusto delle sue mani di ragazzo, che mi sollevavano da terra per una abbraccio pieno di allegria».
Lucrezia Dell’Arti