La Gazzetta dello Sport, 17 settembre 2012
È parecchio tempo che non parliamo di Berlusconi anche perché Berlusconi se ne sta zitto e buono, senza farci sapere che cosa pensa fino in fondo dell’attuale situazione politica e soprattutto senza dirci se sarà lui alle prossime elezioni il candidato premier del centro-destra
È parecchio tempo che non parliamo di Berlusconi anche perché Berlusconi se ne sta zitto e buono, senza farci sapere che cosa pensa fino in fondo dell’attuale situazione politica e soprattutto senza dirci se sarà lui alle prossime elezioni il candidato premier del centro-destra. Ma ieri il Cavaliere ha accettato di imbarcarsi a Venezia sulla nave MSC Divina che porta in crociera verso la Turchia i lettori del “Giornale” e il direttore di quel quotidiano Alessandro Sallusti. Berlusconi non farà tutto il viaggio, ma resterà a bordo un paio di giorni. Il tempo per una cena e soprattutto per un’intervista a beneficio dei naviganti, resa al direttore Sallusti. Gli italiani possono leggerla oggi su quel quotidiano, ma intanto le agenzie ne hanno fornito ampi stralci e se ne può cavare qualche indicazione sulle intenzioni del Cavaliere.
• Colmo dei colmi: le televisioni non erano ammesse.
Già. E l’intervistatore era un amico. Quindi nessuna domanda sulla sorprendente dichiarazione d’interesse per La 7 ufficializzata da Mediaset né sulla storia relativa all’asta delle frequenze né sui conti preoccupanti del gruppo e neanche, andando magari un po’ indietro, sul divorzio da Emilio Fede. Tuttavia, Berlusconi ha detto o ridetto parecchie cose. Quello che ci aspetta sembra chiaro.
• Si ricandida?
A questa domanda aveva già risposto sabato, ai cronisti che lo assediavano al momento di imbarcarsi. Dipende – dice, e ha senso credergli – da due cose: la nuova legge elettorale e la vittoria o no di Renzi alle primarie del centro-sinistra. Bisogna leggere questa affermazione così: se la legge elettorale sarà concepita in modo da mitigare o banalizzare la sconfitta del centro-destra, allora il Cav potrebbe esporsi. Se il Pd si spaccasse per colpa di una vittoria di Renzi, allora si potrebbe correre perché vi sarebbe addirittura qualche speranza di vittoria. Paradossalmente, però, Berlusconi dice che si candiderebbe soprattutto se vincesse Bersani: in quel caso bisognerebbe far di tutto – parole sue – per non consegnare il Paese ai comunisti. Renzi invece, secondo lui, non è un comunista e se battesse Bersani alle primarie trasformerebbe il Partito democratico in una forza socialdemocratica. «Renzi si batte per le nostre idee» ha detto, frase che non ha fatto piacere all’entourage del sindaco di Firenze dato che conferma quello che sostengono i suoi avversari, e cioè che Renzi è una specie di Berlusconi di sinistra (o addirittura senza sinistra).
• Che legge elettorale gli andrebbe bene?
Una legge che impedisse al vincitore Bersani di entrare a palazzo Chigi col 54% dei seggi alla Camera, come oggi è garantito dal Porcellum. E tuttavia: se il Pd si spaccasse e il Pdl (o come si chiamerà) avesse improvvisamente la possibilità di vincere, scommettiamo che il Porcellum resterebbe in piedi? Ho il sospetto che anche per questo il centro-destra, sul punto, cincischi: se vincesse Renzi… Il fatto è che i sondaggi dànno i berluscones al 18% sia che il Cav capeggi le liste sia che le capeggi qualcun altro. Ieri Berlusconi sì è sperticato in elogi, oltre che per Renzi, per Alfano. L’altro quotidiano amico suo, “Libero”, sempre ieri strologava che il Cavaliere metterebbe volentieri in testa alla lista qualcun altro: per esempio, Montezemolo. È una partita tutta da vedere.
• E su Monti?
Sappiamo che Berlusconi è un sostenitore di Monti, col problema però che metà del suo partito vede il Professore come il fumo negli occhi. Nell’intervista di ieri, ha criticato il governo: la pressione fiscale è arrivata al 55%, se vinceremo aboliremo l’Imu, soprattutto bisogna far fuori il Fiscal compact che impedisce la crescita.
• Abbia pazienza, ma il Fiscal compact mi risulta ancora pesante da digerire.
Glielo devo spiegare tutte le volte, perché lei se lo dimentica sempre. Tra le tante intese raggiunte alla fine di giugno per preparare il terreno agli eventuali aiuti di cui l’Italia potrebbe avere bisogno, si è convenuto che a partire dal 2014 i Paesi devono abbattere la parte eccedente il 60% del debito a colpi del 20% l’anno. Per noi sarebbero mille miliardi, cioè 200 miliardi l’anno. Siccome però il “debito aggregato” (cioè debito pubblico più indebitamento delle famiglie) risulta assai meno sfavorevole, ci è stato concesso di rientrare a colpi di 50 miliardi l’anno, cioè in cinque anni dovremmo trovarci, invece che con un debito al 123% del Pil, con un debito al 100 per 100 del Pil. Anche 50 miliardi l’anno sembrano però una follia, e infatti il ministro Grilli sta lavorando su un’ipotesi da una ventina di miliardi l’anno attraverso la vendita di beni pubblici alla Cassa depositi e prestiti. Berlusconi dice che tutto questo meccanismo, e gli altri lacci e lacciuoli europei, impediscono la crescita. Ed è difficile dargli torto. Sallusti è tuttavia riuscito a fargli dire quale sarebbe la via alternativa. «La Germania purtroppo ci impedisce di stampare moneta…». La via alternativa sarebbe cioè una bella inflazione. Il sogno di tutti coloro che devono restituire un mucchio di soldi.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 17 settembre 2012]