Rassegna, 14 settembre 2012
Tutti i misteri del film su Maometto
• Il sedicente ebreo israeliano Sam Bacile, il responsabile della produzione del film che descrive Maometto come un mascalzone e un pedofilo, è in realtà Nakoula Basseley Nakoula, un cristiano copto di 55 anni, forse di origine egiziana, che vive a Cerritos, un sobborgo di Los Angeles. Sarebbe comunque stato nei mesi scorsi in Egitto a raccogliere fondi. Scrive Gaggi (Cds): «“Realtà” è parola da usare con cautela in questa storia, ancora in parte oscura: un regista-fantasma, un produttore che cambia identità, attori che si dicono truffati ma non si fanno vedere (tutti salvo uno). Ora spunta anche un’eminenza grigia: Morris Sadek, un attivista egiziano che vive negli Usa, in Virginia, titolare del sito Web dei gruppi copti: un avvocato che sarebbe il vero promotore dell’iniziativa. E un film, Innocence of the Muslims, che nessuno ha mai visto. Solo il trailer: immagini amatoriali, atmosfera da porno soft, con la figura del Profeta ridicolizzata: un truffatore donnaiolo che abusa dei minori. (…) Dopo aver brancolato nel buio per un po’ lasciando che si diffondesse – negli Usa e poi in Medio Oriente – la bugia del film di un ebreo israeliano realizzato coi soldi donati da cento ebrei molto ricchi, ieri i media americani hanno cominciato ad aprirsi un varco nella cortina fumogena quando l’Ap, che precedentemente aveva intervistato il sedicente Bacile, ha scoperto che Sam e un altro suo interlocutore – Nakoula, appunto – probabilmente sono la stessa persona. Un’altra pista si è aperta quando gente del cast ha avvertito anonimamente la Cnn: il vero produttore è un copto registrato presso il sindacato della cinematografia come Abenob Nakoula Basseley».
• «Doveva essere un film basato su com’era la vita in Egitto 2000 anni fa, non aveva nulla a che fare con la religione e non c’era niente relativo ai musulmani», ha confidato all’emittente CBS2 Cindy Lee Garcia, l’attrice che compare nelle prime scene. La verità emersa attraverso Internet insieme alle immagini della morte a Bengasi ha letteralmente scioccato la donna: «Quel lavoro si è trasformato in un incubo. Ho chiamato il regista (il sedicente Bacile, ndr) e gli ho detto: perché ci hai fatto questo? Ha risposto che noi non c’entravamo niente, che potevano dare la colpa a lui e dire che era stato lui ad aver scritto la trama perché stanco dell’estremismo islamico». [Paci, Sta]