La Gazzetta dello Sport, 11 settembre 2012
Gli operai dell’Alcoa, circa 600 persone, sono andati ieri a protestare a Roma con l’intenzione evidente di menar le mani
Gli operai dell’Alcoa, circa 600 persone, sono andati ieri a protestare a Roma con l’intenzione evidente di menar le mani. Hanno infatti passato l’intera giornata ad accendere fuochi e lanciare bombe carta, fumogeni, mele esplosive, petardi, tentando di continuo di sfondare i cordoni della polizia e facendosi poi caricare e pestare con i manganelli. A un certo punto un gruppetto di lavoratori ha riconosciuto Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, ed è andato sotto a contestarlo di brutto, pugni agitati davanti alla faccia, grida di «Vergogna», «Bastardi», «Ci avete deluso». Fassina, che poi non ha voluto drammatizzare, ha fatto notare che il Pd era in definitiva l’unico partito presente (quasi l’unico: all’inizio del corteo ha parlato Diliberto e le agenzie hanno poi battito una dichiarazione di Vendola: vogliono tutti l’intervento dello Stato). Giornata quindi drammatica, ma con un bilancio finale fortunatamente modesto: 20 tra feriti e contusi, 14 dei quali appartenenti alle forze dell’ordine. Mentre questa piccola guerriglia aveva luogo nel cuore di Roma, lungo la direttrice via Veneto-piazza Barberini-piazza San Basilio, con epicentro davanti al ministero dello Sviluppo economico in via San Basilio, sindacalisti, amministratori locali, rappresentanti del governo e dell’azienda, e, da un certo momento in poi, anche Passera, erano riuniti dentro il ministero a discutere.
• A discutere cosa?
A) della possibilità che lo spegnimento dell’impianto di Portovesme potesse essere rallentato, cosa che a metà giornata l’amministratore delegato dell’impresa, Giuseppe Toja, negava («andiamo avanti secondo gli accordi sottoscritti il 27 marzo») ma che in serata i sindacalisti giudicavano forse possibile. B) delle offerte di acquisto da parte soprattutto degli svizzeri di Klesh, mentre non si parla più, almeno per il momento, degli altri possibili acquirenti, gli altri svizzeri di Glencore, entrati, per loro stessa ammissione, in una pausa di riflessione.
• A chi appartengono questi dell’Alcoa?
L’Alcoa è una multinazionale americana, produce alluminio a Portovesme (primario) e a Fusina (laminati, in provincia di Venezia). Sessantun mila dipendenti sparsi in una cinquantina di paesi, 25 miliardi di dollari di fatturato.
• Come mai una potenza simile se la prende con una realtà piccola come quella di Porto Vesme? Quanti lavoratori impiega da noi?
Tra la Sardegna e Venezia mille, con altri mille che lavorano nell’indotto. Dietro tutto c’è un accordo con gli arabi che metteranno a disposizione impianti ed energia a prezzo bassissimo, in cambio di un investimento da 10,8 miliardi. La produzione di alluminio è enormemente energivora. L’Enel pagava agli americani gli eccessi di prezzo della nostra energia, più cara di almeno il 40% rispetto a quella del continente, ricaricando poi questa perdita sulle bollette di tutti noi. Ricordiamocelo, mentre simpatizziamo con i poveri lavoratori che stanno perdendo il posto. L’idillio con gli Stati Uniti è finito quando è intervenuta l’Unione europea, la quale ha stabilito che qlo sconto sull’energia era aiuto di stato. Bruxelles ha intimato ad Alcoa di restituire 270 milioni. Ricordiamoci quindi anche questo: pure l’Europa ha perso lo stabilimento per via della sua rigidità. Per ora ci guadagnano gli arabi, che non hanno fatto tante storie.
• Che può fare il governo?
Gli americani non voglono tirar fuori questi 270 milioni e perciò sono pronti a trattare. Dunque è possibile che si arrivi a un rallentamento nell’operazione di spegnimento. Il resto è abbastanza un’arrampicata sugli specchi: il governo italiano chiede a quello europeo di concedere proroghe, cioè di permettere di far sconti a chi subentererà a Portovesme ancora per un po’ di tempo. Intanto si provvederà in qualche modo a mettere in piedi una produzione di energia a basso costo. L’alto prezzo dell’energia in quella zona dipende dalla cattiva qualità del carbone estratto dalla Carbosulcis, altra azienda in crisi.
• Chi è questo potenziale acquirente?
La Klesh. Svizzeri. Colosso dell’alluminio anche loro. Prima di comprare vogliono essere sicuri, almeno, che l’energia costerà poco e che gli impianti saranno ammodernati. Sul prezzo dell’energia, come abbiamo visto, ci vuole la benevolenza europea. Sul resto è necessario che la nostra classe politica faccia un pensiero serio sulla sua industria. Diliberto, Vendola e gli altri risolvono tutto invocando lo Stato, cioè il ricorso alla fiscalità generale. Ma è proprio per le migliaia di casi come questo che poi dobbiamo pagare tasse impossibili e sopportare un costo del lavoro allucinante.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 11 settembre 2012]