Rassegna, 7 settembre 2012
Bce, la vittoria di Draghi: acquisto illimitato di titoli
• In un’affollatissima sala al secondo piano dell’Eurotower a Francoforte, Mario Draghi ieri ha annunciato che «le outright monetary transactions, gli acquisti illimitati di titoli sovrani a breve termine sui mercati secondari, partono. Garantiremo la stabilità monetaria, correggeremo le storture sui mercati del debito, ripristineremo una vera politica monetaria unica. La decisione è stata quasi unanime, nel consiglio direttivo c’è stato solo un no, vi lascio indovinare di chi». Più tardi il presidente della Bce ha replicato duro ai colleghi tedeschi che lo hanno interrogato sui pericoli d’inflazione e su violazioni del mandato: «Questo intervento è legittimo secondo l’articolo 18 del nostro statuto: dobbiamo contribuire alla stabilità monetaria, restaurare una vera politica monetaria unica, facilitare la trasmissione dello stimolo monetario al sistema economico». Niente limiti, niente annunci di tetti agli spread oltre i quali s’interviene, niente preavviso di ogni uso del ‘bazooka’, ha spiegato Draghi. La Bce riferirà settimanalmente delle operazioni, e mensilmente più in dettaglio. Tarquini (Rep): «È partita così la svolta storica della Banca centrale europea, con la più sonora disfatta della Bundesbank da quando esiste. Il Fondo Monetario internazionale si associa all’operazione, dice da oltre Atlantico un’entusiasta Christine Lagarde; da Madrid, Angela Merkel, prendendo le distanze dalle bordate del suo partito, parla di “decisione indipendente e nel quadro del mandato, anche se la Bce non deve sostituirsi alla politica. Non sono competente per dire se i tassi sono alti, ma quelli tedeschi sono troppo bassi creando tensioni sistemiche”. Esulta la Commissione europea, “così la Bce vuole restaurare la fiducia, ora tocca ai politici continuare con consolidamento e riforme”, dice il vicepresidente Olli Rehn, eccezionalmente presente al board».
• Nel comunicato finale si ricorda che la Bce scenderà in campo solo «a condizione» che un Paese chieda l’aiuto del fondo salva-Stati e che firmi un memorandum con «condizioni severe ed effettive». Non solo, viene esplicitamente citato il programma Enhanced Conditions Credit Line che taglia fuori il programma leggero, quello al quale i governi impegnati nel risanamento possono accedere senza impegni aggiuntivi, e indica che Francoforte si muoverà solo con un memorandum che comprende nuove «misure correttive». [D’Argenio, Rep]
• Un’altra decisione rilevante per non far allontanare gli investitori privati dal mercato dei bond sovrani è la rinuncia della Bce allo status di creditore privilegiato; avrà lo stesso status degli altri creditori per quanto riguarda gli acquisti di bond di Paesi dell’Eurozona. I titoli acquistati sranno scelti fra quelli a scadenza da uno a tre anni e verranno detenuti dalla Banca centrale e fino alla loro scadenza naturale. [Grassia, Sta]
• Racconta D’Argenio su Rep: «Alle nove del mattino al trentaseiesimo piano dell’Eurotower parte la riunione più delicata della storia della Bce. In sala non ci sono mai state così poche persone: Draghi, i membri del board, i governatori e gli ospiti Juncker e Rehn. Il segretario generale della Bce, il belga Pierre van der Haegen, si deve schierare senza collaboratori. Il verbale della riunione lo stenderà tutto di suo pugno. “Non è stata una riunione preconfezionata”, si lascia sfuggire uno dei partecipanti. Si discute in modo approfondito, con il documento finale che viene limato fino a pochi minuti dalla conferenza stampa di Draghi. Ma il presidente italiano per portare a casa il bersaglio grosso qualcosa ha dovuto concedere. È questo il punto centrale dell’accordo. Il modo che gli ha permesso di isolare Weidmann dai suoi storici alleati rigoristi. Già, perché nei corridoi dell’Eurotower nessuno fa mistero che se “Mario” non fosse riuscito a far approvare un programma credibile “gli effetti sui mercati sarebbero stati devastanti”, l’euro sarebbe entrato in un coma irreversibile e lui si sarebbe dovuto dimettere. Così come un via libera bocciato da altri banchieri oltre al capo della Buba avrebbe rischiato di essere poco convincente. Invece Draghi ce l’ha fatta. Ma per portare dalla sua il drappello di falchi potenzialmente a rischio ha dovuto mollare sulle condizionalità».