Rassegna, 28 agosto 2012
Continua la protesta dei minatori sardi
• Centodieci minatori della Carbosulcis hanno passato la seconda notte a 373 metri di profondità per protestare contra la chiusura dell’ultima miniera sarda, a Nuraxi Figus. Si sono asserragliati in fondo al pozzo 1 e hanno fatto una promessa: «Siamo pronti a tutto per salvare la nostra azienda. La Carbosulcis non deve morire». Per essere ancora più credibili, si sono portati appresso anche quasi settecento chili di gelatina esplosiva, che potrebbero saltare in aria da un momento all’altro. Spiega Nicola Pinna (Sta): «In realtà non sono qui per compiere una strage gli operai della Carbosulcis. Vogliono salvare la grande miniera che rischia di chiudere solo perché la centrale Enel di Portovesme produce energia col carbone cinese: 35 euro contro gli 84 dell’oro nero del Sulcis. E poi c’è un progetto che ancora resta in stand-by e che soltanto il Governo può sbloccare: l’impianto di cattura e stoccaggio di anidride carbonica nei pozzi della miniera e la produzione di metano. La ricetta, secondo i sindacati, è molto semplice: futuro assicurato per la Carbosulcis, energia a basso costo per le altre fabbriche della zona e almeno duemila nuovi posti di lavoro. A Roma la pensano diversamente: i costi per questo progetto, così ha fatto sapere il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, sono troppo alti. A conti fatti ci sarebbero da spendere duecento milioni di euro per otto anni, ma c’è un salvadanaio dal quale si potrebbe attingere: i miliardi del fondo Cip6 stanziati con un decreto del 1994».
• «In Sardegna il quadro generale è impressionante sul piano dell’occupazione. E non solo, da Porto Torres a Ottana sino al sud, nella grande industria. Nel primo semestre di quest’anno 1.770 imprese hanno chiesto lo stato di crisi, mentre è stata chiesta la cig per 13 mila persone. Senza contare le settemila domande di mobilità in deroga e il fatto che sono scattati gli ammortizzatori sociali per 1/6 dei 600 mila dipendenti che costituiscono la forza lavoro in Sardegna» [Pier Giorgio Pinna, Rep]