Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 27 Venerdì calendario

Sequestro per l’Ilva di Taranto: disastro ambientale

• Il gip Patrizia Todisco ha deciso ieri di mettere i sigilli all’acciaieria Ilva di Taranto e di arrestare il proprietario della fabbrica, Emilio Riva, insieme ad altri sei dirigenti, con l’accusa di disastro ambientale e omicidio colposo plurimo. Appena si è saputa la notizia gli operai dell’Ilva, 11 mila in tutto a Taranto, sono scesi in strada e hanno bloccato il centro della città. Spiega Diliberto su Rep: «La procura pugliese, guidata dal procuratore Franco Sebastio ha inquadrato le micidiali emissioni dello stabilimento. Fumi e polveri dell’Ilva, sostengono gli esperti, producono “eventi di malattia e morte”. Diossina e benzoapirene, quindi, sono i killer silenziosi dei tarantini, colpendo soprattutto i bambini. Quei veleni, dicono pm e periti, sono sprigionati dai sei reparti dell’area a caldo, Parchi, Cokerie, Agglomerato, Altiforni, Acciaierie e Grf (Gestione rottami ferrosi), che da ieri sono sotto chiave senza licenza d’uso. Nelle ordinanze il gip scrive che “non può più essere consentita una politica imprenditoriale che punta alla massimizzazione del risparmio sulle spese per le performance ambientali del siderurgico, i cui esiti per la comunità tarantina e i lavoratori, in termini di disastro sono sotto gli occhi di tutti”. E aggiunge: “Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”».

• Sul caso Ilva è intervenuto il governo: «Lo stabilimento non deve chiudere», ha fatto sapere da Roma il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, annunciando la disponibilità di oltre 300 milioni di euro per il risanamento ambientale di Taranto. Una posizione spalleggiata dal ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera che dice: «Bisogna far di tutto per salvaguardare produzione e posti di lavoro». [Ruotolo, Sta]

• «(…) La misura cautelare ripercorre la storia dell’Ilva, i processi e gli impegni assunti e non mantenuti dall’azienda per sanare l’ambiente e gli stessi impianti produttivi: “Nulla è cambiato sino a oggi nonostante la farsa degli atti di intesa” ripetuti negli anni (dal 2003 al 2006). Al gruppo dirigente viene contestato anche l’avvelenamento da diossine di 2271 capi di bestiame (che sono stati abbattuti) o “l’imbrattamento da polveri rosso/bruno di una cappella comunale al cimitero San Brunone”. E naturalmente le morti e le malattie di bambini, vecchi e donne colpevoli solo di aver respirato i veleni dell’acciaieria. “Le risultanze denunciano a chiare lettere l’esistenza di una grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile a emissioni inquinanti convogliate, diffuse e fuggitive”. Le indagini epidemiologiche hanno accertato che in alcuni quartieri della città, Tamburi e Borgo, “si registra una forte associazione tra inquinamento dell’aria ed eventi sanitari”. Per questa popolazione, per la mortalità si registra un indice “del 20,46 per 100.000 abitanti per anno, contro il 5,87 di Taranto”. In 7 anni, sono stati segnalati 174 decessi, in età pediatrica i tumori attribuibili sono stati 17». [Ruotolo, Sta]

• Scrive Ruotolo (Sta) che non è detto che lo stabilimento di Taranto chiuda del tutto: «A leggere alla lettera la misura cautelare del gip Patrizia Todisco, la chiusura dell’acciaieria più grande d’Europa è avviata. I custodi e amministratori nominati dal Tribunale, infatti, “avvieranno le procedure tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e lo spegnimento degli impianti”. Ma c’è uno spiraglio che si apre perché il gip ricorda che solo la compiuta realizzazione di “tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo, individuate dai periti chimici, potrebbe legittimare l’autorizzazione a una ripresa della operatività dei predetti impianti”. Ecco perché adesso il cerino è passato in mano all’Ilva, al neopresidente Bruno Ferrante. Ma deve essere una Ilva completamente diversa rispetto al passato».

• Emilio Riva, padrone dell’Ilva, detto il “ragioniere dell’acciaio”. La laurea in ingegneria l’ha presa solo di recente e honoris causa. [Pagni, Rep]

• Su Emilio Riva racconta Pagni (Rep): «Un self made man, partito dalla Milano dei Navigli, assieme al fratello, negli anni ’50 rivendendo materiali ferrosi di scarto. E che ancora oggi, pur avendo superato gli 80 anni d’età, guida il gruppo con mano di ferro, assieme ai quattro figli. I maligni dicono dei Riva che si sono arricchiti grazie alle crisi. Loro direbbero che hanno saputo sfruttare il momento favorevole per comprare. Lo hanno fatto in Italia, con l’Italsider di Genova. Così come l’Ilva di Taranto, messa in vendita nel 1995 dal governo Dini, con un investimento che a detta degli esperti si è ripagato nel giro di tre anni. Ma i Riva hanno fatto lo stesso all’estero: comprando impianti in crisi o i perdita, ristrutturano e guadagnano. (…) Per i Riva, il cui unico investimento fuori dal coro è stato nel 2008 l’acquisto del 10% della nuova Alitalia: ma l’hanno fatto per fare un favore a Intesa Sanpaolo, grande sponsor del progetto, da cui avevano appena ottenuto un finanziamento per la costruzione di due gigantesche navi per il trasporto di materiale ferroso».

• «A Caronno Pertusella (Varese), dove nel 1957 costruì il suo primo stabilimento siderurgico, ricordano ancora quel che disse mentre lo arrestavano nel 1975, accusato di omicidio colposo per un incidente sul lavoro: “Finché non esco io, la fabbrica resta chiusa e senza lavoro“. All’epoca fu bollato come fascista e sfruttatore, ma in realtà anche allora, come oggi, ha sempre avuto una grande capacità e abilità nel coinvolgere dirigenti e lavoratori dei suoi stabilimenti». [Chiarelli, Sta]

• La siderurgia italiana è al secondo posto in Europa, alle spalle della sola Germania, con oltre 28 milioni di tonnellate di acciaio prodotte, con una crescita che l’anno scorso è stata del 5 per rispetto al 2010. Nonché al primo posto nel Vecchio Continente per il riciclo del materiale ferroso. [Pagni, Rep]