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 2012  luglio 24 Martedì calendario

È stata una brutta giornata, in Borsa. Piazza Affari è andata giù del 5%, per poi risalire faticosamente a un -2,76

È stata una brutta giornata, in Borsa. Piazza Affari è andata giù del 5%, per poi risalire faticosamente a un -2,76. Lo spread intanto andava a 529 e, anche qui, recuperava pian piano fino a 517, che è comunque un differenziale inquietante. Significa che paghiamo d’interessi il 6,3 o il 6,4%. Peggio ancora la Spagna: la Borsa ha retto (-1,1), ma lo spread è saltato a 630, nuovo record: Madrid paga a questo punto sul suo debito un interesse del 7,4%, massimo storico e livello insostenibile. Come hanno ammesso gli stessi spagnoli già un mese fa, il Paese è fuori dai mercati, cioè non può più finanziarsi da sé. Arriveranno questa settimana i primi 30 miliardi, e poi altri 70, ma sono soldi destinati alla ricapitalizzazione delle banche. E per il resto? Intanto ci sono altri due risultati che meritano di essere guardati con attenzione: la Borsa di Francoforte è quella che è andata peggio, - ha perso il 3,18% - ma, in un quadro negativo di tutta l’Asia, sono in rosso anche Shanghai e Hong Kong, rispettivamente -1,26 e -2,99.

 

Come mai ci concentriamo su questi due dati? A un tratto i tedeschi…

Il brutto risultato di Francoforte è ancora più strano perché la vendita di nuove obbligazioni da parte tedesca è andata benissimo, i Bubill (bund a un anno) hanno fruttato 2,7 miliardi con una domanda fortissima e rendimento finale negativo, cioè se lei compra Bubill per mille euro riavrà indietro tra un anno 999,46 euro, vale a dire: ci rimette sicuro 0,54 euro. Ma meglio rimettere una bazzecola che tenersi un Btp o un Bonos, evidentemente. Perché lei avrà ormai capito che il fenomeno è proprio questo: si vendono i pericolosissimi titoli italiani e spagnoli (che non si sa se saranno rimborsati) e si comprano titoli tedeschi. Oppure si vendono euro e si comprano dollari o yen. Ieri bastavano 94,95 yen per comprare un euro e il cambio col dollaro è a 1,2115. Cioè la nostra moneta va giù.

• Come mai allora Francoforte è precipitata?

Forse ci si è improvvisamente resi conto che Berlino, così forte in apparenza, è messa in realtà a un bivio micidiale: se l’euro salta perderà crediti in giro per l’Europa da mille miliardi. E per salvare eventualmente la Spagna e l’Italia le ci vorrà più o meno la stessa somma.

E la Cina?

Intanto c’è il sospetto che Pechino trucchi i dati: il suo Pil, secondo quello che ci dicono, dovrebbe crescere quest’anno del 7,5% (che è già una frenata rispetto al passato), ma società di analisi che stanno a Londra o in America osservano i loro consumi di energia elettrica e il movimento ferroviario delle merci e i numeri che ne ricavano non corrispondono a un +7,5% del Pil. Così, per esempio, spiegano quelli di London Capital Economics. Se la Cina va peggio dello sbandierato +7,5%, la domanda internazionale di beni sarà ancora più bassa di quello che si teme. Laggiù ci sono poi problemi politici classici, la differenza di reddito tra chi sta in campagna e chi sta in città è troppo forte, devono investire molto nella pulizia ambientale (le città cinesi sono le più inquinate al mondo), c’è anche lì una forte bolla immobiliare (cioè case invendute e i cui prezzi precipitano con notevoli problemi per la garanzie bancarie), c’è corruzione a iosa e gli enti locali sono pieni di debiti, Nello stesso tempo, i dirigenti cinesi devono tenere la barra in modo da tener su l’economia americana dato che hanno le casse piene di dollari.

Veniamo a noi: che lettura diamo di queste due giornate negative consecutive?

Alle difficoltà spagnole si sono aggiunte le nuove apprensioni relativamente alla Grecia. Avevamo avuto un paio di avvisaglie: la Bce, qualche giorno fa, ha improvvisamente annunciato che non avrebbe più accettato dalle banche titoli greci a garanzia di nuovi prestiti. Domenica poi il Fondo Monetario Internazionale ha fatto sapere che non avrebbe più tollerato ristrutturazioni del debito greco o rinvii delle scadenze: se non fanno quello che devono fare, è la sostanza del discorso, le rate del prestito da 130 miliardi che gli è stato concesso a primavera non verranno più erogate. I greci devono tra l’altro restituire alla Bce 3,8 miliardi in scadenza il 20 agosto e non si sa se i soldi ci sono. I tagli da 11,5 miliardi, che dovevano essere completati a giugno, non sono stati fatti. Ci si è messo, sempre domenica, anche il vicecancelliere tedesco (e ministro dell’Economia) Philip Rösler che ha dichiarato: «Per me un’uscita della Grecia non rappresenta più da tempo uno spauracchio». A queste dichiarazioni improvvide s’è opposta ieri la Ue, con un’affermazione del suo portavoce Antoine Colombani: «La Grecia deve restare nell’Eurozona, siamo fiduciosi nella possibilità di concedere una nuova tranche di aiuti ad Atene». Senonché la frittata era fatta, il mondo s’è convinto che la Grecia, e forse anche la Spagna, e forse anche l’Italia, uscirà dall’Eurozona e che l’euro rischi una brutta fine.

In Russia Monti ha detto: «La situazione è difficile, bisogna puntare all’economia reale».

Sì, e Putin gli ha risposto: nessuno dei progetti che avevamo insieme è morto. “Economia reale” significa la produzione e la vendita dei beni, costruiamo tavoli, automobili, giornali, vestiti, facciamolo bene, e usciremo dalla crisi. Giusto, come non essere d’accordo? È però purtroppo necessario che qualcuno desideri i nostri tavoli, automobili, giornali, vestiti. Se non c’è domanda, che lavoriamo a fare? I negozi di Madrid sono vuoti, nonostante gli sconti anche del 70%. E la Fiat costruirà quest’anno in Italia solo 400 mila automobili contro il milione e 200 mila dell’anno 2004 e contro il milione e 400 mila del programma Fabbrica Italia di Marchionne. La crisi non è solo finanziaria, purtroppo.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 24 luglio 2012]