Rassegna, 19 luglio 2012
Bomba sul bus a Burgas, uccisi otto israeliani
• Una bomba ha fatto saltare in aria un bus carico di turisti israeliani appena sbarcato all’aeroporto di Burgas, in Bulgaria, sul Mar Nero, e provenienti da Tel Aviv. È stata una strage. Ancora incerto il numero di morti: Rep scrive sette, la Stampa otto. Decine i feriti. Tra i morti, una bambina di 11 anni e due donne incinta. L’attentato non è stato ancora rivendicato. Ma Israele punta il dito contro l’Iran. Lo ha detto in modo chiaro il primo ministro Benjamin Netanyahu: «È un’aggressione terroristica iraniana. Tutti gli elementi portano a Teheran». Ehud Barak, ministro della Difesa, appare su tutte le tv di Israele con il viso scuro. Ha la voce grave: «L’attentato di Burgas rappresenta per Israele un attacco pesante. Israele saprà trovare e punire i responsabili. Nel frattempo invito tutti gli israeliani a mantenere i nervi saldi e a continuare a viaggiare all’estero». [Mastrogiacomo, Rep]
• In un primo momento sembrava che l’attentato fosse stato condotto da un kamikaze: in seguito la polizia ha stimato che la esplosione era stata provocata da un ordigno nascosto nel bagagliaio del pullman, attivato con un telecomando. [Baquis, Sta]
• Spiega Mastrogiacomo (Rep) che «l’attentato ha un suo valore simbolico. Il 18 luglio del 1994 un’esplosione all’Associazione di mutua assistenza israeliana- argentina di Buenos Aires aveva ucciso 85 persone e ferito altre 150. Venne accusata Hezbollah, l’organizzazione libanese legata all’Iran. Una vendetta per l’uccisione dell’allora segretario del partito di Dio, sceicco Abbas Mussawi a Balbek. Ieri era il 18 luglio: 18 anni dopo. Sofia e Atene erano state avvertite qualche giorno fa. Il capo della sicurezza del ministero dei Trasporti israeliano, Danny Shenar, era stato categorico: “Abbiamo notizie certe sul rischio di un attentato contro turisti israeliani. Fate attenzione all’esterno degli aeroporti”. La soffiata era giusta».
• Su questo punto anche Bonini di Rep: «Già a metà del gennaio scorso, con una nota governativa diffusa a tutti i Paesi dell’Unione e naturalmente condivisa con Tel Aviv, le autorità di Sofia avevano indicato come “concreta” e “imminente” la minaccia di un attacco di Hezbollah a obiettivi israeliani in territorio bulgaro (il mar Nero è destinazione abituale del turismo israeliano) e, alternativamente, in quel di Atene. (…) Hezbollah, dunque, e Teheran. Ma anche un nome. Quello di Imad Mugniyah, uno dei fondatori di Hezbollah, icona e cervello del terrorismo palestinese negli anni ’80 e ’90 (nell’83, a Beirut, firma l’attentato al compound Usa che uccide 241 marines e 58 francesi. Due anni dopo, è coinvolto nel famigerato dirottamento del volo Twa 847), l’uomo la cui morte o cattura, all’indomani dell’11 Settembre, il governo americano aveva messo sullo stesso piano di quella di Osama Bin Laden e che la morte effettivamente trova. Il 12 febbraio 2008, salta in aria a Damasco, ucciso da un’autobomba che siriani, iraniani e Hezbollah dicono imbottita di esplosivo da uomini del Mossad. E che il Dipartimento di Stato Usa saluta così: “Da oggi, il mondo è un posto migliore”. “Da quattro anni a questa parte – spiega una fonte qualificata della nostra Antiterrorismo – vendicare Mugniyah con altro sangue è diventato un mantra di Hezbollah. E aver scelto il 18 luglio per colpire, dice molto”».