La Gazzetta dello Sport, 17 luglio 2012
Il presidente della Repubblica si muove contro la Procura di Palermo e chiede alla Corte costituzionale di intervenire affinché sia distrutto il nastro (o siano distrutti i nastri) in cui lo si sente conversare con Nicola Mancino, ministro dell’Interno nell’anno 1992

Il presidente della Repubblica si muove contro la Procura di Palermo e chiede alla Corte costituzionale di intervenire affinché sia distrutto il nastro (o siano distrutti i nastri) in cui lo si sente conversare con Nicola Mancino, ministro dell’Interno nell’anno 1992. Questo genere di azioni si chiama “conflitto di attribuzione”… Si adopera la formula “conflitto di attribuzione” per indicare quei contenziosi in cui un organo dello Stato si muove contro un altro organo dello Stato. Per esempio due regioni tra di loro o un ministro e il Quirinale (è capitato all’epoca di Ciampi presidente, il ministro era il leghista Castelli e si trattava di decidere intorno al diritto di dare la grazia a Sofri: la Consulta dopo qualche anno diede ragione al Quirinale). In questo caso il conflitto vede di fronte la Presidenza della Repubblica e la Procura di Palermo. La questione è questa: la Procura di Palermo, indagando sulla famosa trattativa Stato-mafia, a un certo punto ascoltò per caso una serie di conversazioni in cui a un capo del filo c’erano uomini del Quirinale e una volta addirittura lo stesso presidente della Repubblica. L’intercettato era l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Ora la Procura di Palermo sostiene di avere il diritto di conservare, per ora, la registrazione di quella conversazione, di consegnarla alle parti (cioè agli avvocati difensori) e di aprire poi un dibattimento sulla rilevanza di quello che si ascolta, in modo da stabilire se sia materiale da portare al processo o no. Napolitano esige invece che quelle registrazioni siano distrutte immediatamente e che non si compia nessun atto che possa alla fine renderle pubbliche.
• Ha qualcosa da nascondere.
Gli stessi magistrati della Procura di Palermo – gli unici che hanno ascoltato la registrazione – dicono che si tratta di una chiacchiera irrilevante e che in ogni caso nulla emerge che possa in qualche modo risultare a carico del Capo dello Stato. E tuttavia, dicono – e il procuratore Messineo lo ha persino sostenuto in una lettera a “Repubblica” – la procedura non può essere che quella. Gli avvocati ricevono le carte, il dibattimento…
• Che argomenti ha Napolitano per opporsi?
Intanto l’articolo 90 della Costituzione: «Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato». Ehm, forse da questo testo non è immediatamente chiara l’impossibilità di intercettare Napolitano. È chiarissimo però il terzo comma dell’articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219: «Nei confronti del Presidente della Repubblica non possono essere adottati i provvedimenti indicati nel comma 2 (cioè le intercettazioni, ndr) se non dopo che la Corte costituzionale ne abbia disposto la sospensione dalla carica». Cioè, quando c’è l’alto tradimento. Il testo una volta tanto mi pare chiarissimo: i magistrati di Palermo – si direbbe - non possono davvero fare quello che stanno facendo.
• Perché allora insistono?
Non si può parlar male dei magistrati, caro amico, perché appena gli salta la mosca al naso i magistrati ti portano in tribunale, dove ti giudica un altro magistrato, e quindi quasi mai hai scampo. Mi limiterò ad elencare alcuni fatti. Tre procure indagavano sulla famosa questione della trattativa tra Stato e mafia. Lei sa di che si tratta?
• Non ci ho mai capito granché.
A grandi linee è questo: nel 1992 la mafia voleva dallo Stato un trattamento meno duro di quello che lo Stato riservava ai mafiosi in carcere con il 41 bis. Per convincere il nuovo potere in arrivo (Berlusconi), vennero messe bombe e fatte stragi a Roma, Milano, Firenze. Si opponeva a questa trattativa Paolo Borsellino. Paolo Borsellino venne ucciso (strage di via d’Amelio, Palermo 19 luglio 1992) proprio per questa sua opposizione alla trattativa. Questa è la teoria, non ancora dimostrata. Senza entrare nel merito dei fatti, troppo complessi per il nostro povero spazio, mi basterà ricordarle che sulla presunta trattativa indagavano tre procure, e cioè Palermo, Caltanissetta e Firenze. Le tre procure procedevano ciascuna per conto proprio e anzi polemizzando o addirittura litigando tra di loro. Napolitano scrisse una lettera al Procuratore generale della Cassazione esortandolo a predisporre un coordinamento fra i tre uffici. A Palermo potrebbero aver interpretato la mossa (ci vado con i piedi di piombo) come un tentativo del presidente di sottrar loro le indagini.
• Questa interpretazione troppo maliziosa avrebbe senso se la registrazione contenesse davvero qualcosa di compromettente.
I nemici della magistratura italiana di questo momento storico sostengono che troppo spesso i pubblici ministeri si comportano proprio così: aprono un fascicolo e ritardano per quanto possibile il rinvio a giudizio, in modo che il processo non cominci mai ma i giornali possano far lo stesso i loro bei titoli. In questo caso il nastro non contiene niente di rilevante (lo dicono loro), ma intanto sta lì e non viene distrutto. Hai visto mai? Naturalmente sono solo calunnie. E in ogni caso, deciderà la Consulta.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 17 luglio 2012]