Rassegna, 12 luglio 2012
Monti: «La concertazione all’origine dei mali italiani»
• Mario Monti si è presentato al Palazzo dei Congressi di Roma per l’Assemblea dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, e ha sfruttato l’occasione per attaccare i sindacati. Rispondendo all’intervento del presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, il premier ha preso la parola e ha detto: «La relazione che ho appena ascoltato ha fatto molte critiche e dato suggerimenti al governo che prendiamo in seria considerazione. Vorrei che tutte le parti sociali, in particolare quelle che hanno avuto benefici importanti per i loro rappresentanti, si ispirino a questo atteggiamento di collaborazione». Quelle stesse parti sociali che devono rimanere «parti, vitali e importanti di un sistema, ma non soggetti nei confronti dei quali il potere pubblico attui una sorta di outsourcing delle responsabilità». Questa è uno dei principi innovatori della nuova governance economica di cui si fa portatore l’esecutivo tecnico, in cui non c’è più spazio per certi «esercizi profondi di concertazione» che nel passato «hanno generato i mali contro cui noi combattiamo e a causa dei quali i nostri figli non trovano facilmente lavoro». Parole durissime che sollevano le critiche a distanza dei diretti interessati. «Non accettiamo lezioni di democrazia da chi è stato cooptato», fa sapere il segretario della Cgil Susanna Camusso. Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, «non c’è alternativa alla concertazione in nessun Paese a democrazia matura». Mentre secondo il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, Monti «sembra confondere la concertazione con la consociazione». [Semprini, Sta]
• In risposta a Monti, Susanna Camusso ha difeso «l’ultima concertazione»: quella del ’93 che «salvò dalla bancarotta il Paese, con una riforma delle pensioni equa, al contrario di quella del governo attuale, e che permise all’Italia di entrare nell’euro». Quel protocollo d’intesa firmato sotto il governo di Carlo Azeglio Ciampi, a tre anni dalla disdetta da parte della Confindustria della Scala Mobile, che prevedeva l’aumento di un anno ogni due a partire dal ’94 dell’età pensionabile (all’epoca 55 anni per le donne e 60 per gli uomini). Un clima diverso da quello che nel 2001 accompagnò le modifiche all’articolo 18 del governo Berlusconi con 3 milioni di persone in piazza al seguito della Cgil di Sergio Cofferati e gli accordi separati firmati con le altre parti sociali. Metodo usato anche nello scorso governo dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. [Piccolillo, Sta]