Rassegna, 10 luglio 2012
Napolitano: «Legge elettorale, si proceda anche a maggioranza»
• Giorgio Napolitano ha scritto a Renato Schifani e a Gianfranco Fini per far ripartire la trattativa politica sulla legge elettorale e arrivare in tempi brevi a un accordo. Si proceda, è l’esortazione del presidente, «anche rimettendo a quella che sarà la volontà maggioritaria delle Camere la decisione sui punti che non risultassero oggetto di più larga intesa preventiva e rimanessero quindi aperti a un confronto conclusivo». Confronto, ha concluso Napolitano riferendosi al dibattito carbonaro fin qui svolto, «che è bene non resti ulteriormente chiuso nell’ambito di consultazioni riservate tra partiti». Il presidente del Senato e quello della Camera hanno promesso che convocheranno ad horas i capigruppo per portare in aula il confronto. Fini si è anche tolto un sassolino dalle scarpe: «È dal 2010 che il Senato si è impegnato a discutere la riforma, per un doveroso rispetto la Camera non ha avviato una discussione parallela». [Martirano, Cds]
• Le proposte dei principali partiti sulla riforma elettorale per come le presenta Martirano del Cds: «Il Pd riparte dal doppio turno: 433 deputati eletti nei collegi uninominali maggioritari, 173 con il proporzionale su base regionale con lo sbarramento al 5%, 12 con il proporzionale su base nazionale per assicurare il diritto di tribuna alle forze minori. Di preferenze neanche l’ombra nel testo Pd depositato alla Camera e al Senato. Le preferenze sono un punto che sta molto a cuore all’Udc ma ora Pier Ferdinando Casini non entra nel merito. Nel Pdl, invece, la reazione è più articolata. Il segretario Angelino Alfano si dice pronto a discutere valutando una serie di ipotesi: «La nostra risposta alla condivisibile lettera del presidente della Repubblica è breve e chiara: noi siamo pronti ma su alcune questioni concrete la nostra posizione non coincide con quella del Pd perché siamo orientati ad assegnare un premio di maggioranza al primo partito mentre riteniamo che con i collegi la gran parte della scelta la fa il partito».
• Scrive Verderami (Cds) che sulla riforma elettorale anche la Lega è della partita, «sebbene Maroni dica “no ad accordi sottobanco”. La scorsa settimana infatti Calderoli ha incontrato Verdini, garantendosi un emendamento che va a vantaggio del movimento padano, laddove nella bozza è scritto che se un partito non raggiungesse il 5% su base nazionale, parteciperebbe comunque all’assegnazione dei seggi qualora superasse il 10% “in almeno due circoscrizioni”. È chiaro che un’eventuale maggioranza sulla legge elettorale non sarebbe una maggioranza politica. Ma è altrettanto chiaro il motivo per cui Bersani sia risentito. Contrario com’è alle preferenze e a un premio di maggioranza “troppo basso”, il leader del Pd ritiene che “con una simile riforma elettorale staremmo a mezza via tra Tangentopoli e la Grecia”.