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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Alessandro Marcianò

• Locri (Reggio Calabria) 20 settembre 1951. Ex caposala nell’ospedale di Locri. Nel febbraio del 2009 la Corte d’assise di Locri lo condannò all’ergastolo insieme al figlio Giuseppe (Locri 2 novembre 1979) in quanto mandante del delitto di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria. Nell’ottobre del 2012 la Corte di cassazione annullò con rinvio la condanna. In seguito al nuovo processo d’appello che confermò l’ergastolo, fu arrestato il 23 luglio 2013. Sposato, due figli.
• Detto Santo, soprannominato Celentano (per la somiglianza con il cantante).
• Il 21 giugno 2006 viene arrestato e recluso al 41 bis. Accusa: essere il mandante dell’omicidio di Francesco Fortugno, vicepresidente della Regione Calabria, ucciso a Locri in Palazzo Nieddu il 16 ottobre 2005 al seggio delle primarie indette per scegliere il leader dell’Unione. «Il delitto è stato deciso da Alessandro Marcianò che ha armato la mano di Ritorto – a lui intimamente legato da sentimenti di estrema solidarietà e da vicinanza assoluta –, garantendo a costui l’apporto del figlio Giuseppe, mentre il coinvolgimento del Novella e degli altri indagati è scaturito dal fatto che, essendo costoro imparentati coi Cordì (peraltro legati ad Alessandro Marcianò da rapporti di comparato), era stata evidentemente al riguardo passata parola» (dall’ordinanza cautelare, dove in sostanza i giudici volevano dire che a Locri un omicidio eccellente non può essere commesso senza il preventivo consenso della ’ndrangheta).
• Accusatori: Bruno Piccolo e Domenico Novella (vedi). Più precisamente il Novella riferì che l’omicidio era stato commissionato da Marcianò Alessandro ed eseguito da Ritorto Salvatore e Marcianò Giuseppe (figlio di Alessandro), che aveva svolto il ruolo di autista. Il Ritorto, disse anche Novella, lo adorava come un padre (il suo essendo morto). Tutti gli appostamenti alla vittima prima dell’omicidio erano stati fatti dal Ritorto su indicazione del Marcianò, che sapeva sempre dov’era Fortugno («Sapevano che era a Reggio, sapevano se andava a Palmi, magari dice che è in albergo, lo dicevano loro, sapevano che il dottore era in Sila»). Prima di andare ad ammazzare Fortugno al seggio, Ritorto si fece accompagnare dall’Audino a casa del Marcianò (ore 13.30, risulta anche dai tabulati che poco prima c’era stata una telefonata tra loro).
• Il giorno dopo l’omicidio, gli dovette prendere un colpo quando si vide arrivare in ospedale proprio il Ritorto. Infatti lo bloccò, facendogli segno con la bocca di stare zitto, e gli mise in mano dei fogli (bianchi).
Tavor Oltre che essere fatto notorio, risulta dalle intercettazioni che nelle elezioni regionali del 2005 Marcianò Alessandro fu un sostenitore di Domenico Crea (entrambi, Crea e Fortugno, erano candidati della Margherita). Il figlio, Giuseppe, era il collaboratore più stretto di Crea (lavorava nella sua segreteria). Ma vinse Fortugno (8.548 preferenze, contro 8.204 di Crea). Il 6 aprile, dopo le elezioni, fu intercettato mentre parlava con Domenico Crea. Marcianò: «Ciao Mimmo, sono demoralizzato, sono due giorni che non dormo, Mannaia alla Ma…». Crea: «Sapessi io, fratello». Marcianò: «Due giorni che non chiudo occhio. Ci hanno presi per il culo tutti (…)». Marcianò: «Ti giuro che sono due giorni che mi prendo il Tavor per dormire…». Crea: «Ti viene da uscire pazzo… la gente ci ha preso in giro…». Marcianò: «È bastarda, bastarda» (…)» Il Tavor mi sto prendendo, mannaia, ’u Tavor… ma poi tu a Reggio non avevi 2.500 voti… 1000…». Crea: «Ma che vuoi che ti dica. Il calo che ho avuto io da tutte le parti è mostruoso, perché in base alle previsioni io ne dovevo prendere 14.000» (…)». Marcianò: «Mannaia, te lo giuro sull’anima dei miei morti e sui miei figli che manco se mi hanno scannato. Gli abbiamo dato l’anima e adesso io mi sto prendendo il Tavor la mattina e la sera… Bastardo, mannaia. Ora, dico io, questo cornuto del Bar Riviera seicento voti li porta, l’avvocato Scafò 50 li porta, la dottoressa 100, allora siamo dentro ho detto io, mannaia. Potevo mai sapere che non prendevo 500 voti… ora mi sono fatto i conti di tutti i ragazzi che erano con me, 250 voti hai capito? Il Tavor mi sto prendendo, mannaia…».
Potere clientelare «Un potere clientelare messo in atto in prima persona da Alessandro Marcianò in ragione del rapporto instaurato col Crea e, quindi, alle fortune di quest’ultimo indissolubilmente legato. Potere clientelare che a seguito dell’avvenuta elezione di Fortugno è venuto a cessare» (dalla richiesta di misura cautelare dei pm). Morto Fortugno, subentrò Domenico Crea, che dopo l’arresto dei Marcianò padre e figlio, si limitò ad autosospendersi dal partito.
Movente «Lo scopo perseguito con l’omicidio Fortugno, consistito nel consentire a Crea di subentrare come il primo dei non eletti e ripristinare il potere politico, economico e clientelare, nonché riguadagnare agli occhi della comunità locale il proprio potere, visto che la perdita dell’elezione si era verificata proprio a Locri, luogo di influenza della famiglia Cordì, a cui i Marcianò erano strettamente collegati, senza contare che Fortugno doveva essere punito perché aveva osato sfidare i Marcianò nel loro territorio» (la Cassazione, il 18 dicembre, confermando l’ordinanza di custodia cautelare). D’altronde Domenico Crea fu intercettato mentre diceva al telefono che Alessandro era una delle sue «tre gambe».
Clausola degli assassini «Se questi sospetti sono reali devo dire che in Calabria siamo in una situazione preafgana. Leggevo su un giornale che in Afghanistan hanno dovuto introdurre un cambiamento della legge elettorale perché c’erano stati degli omicidi di candidati che stavano sotto una determinata graduatoria. L’hanno chiamata la clausola degli assassini» (Pino Arlacchi citato da Enrico Fierro).
• «Questa è la politica debole che in Calabria dà forza alla ’ndrangheta. Ma questa politica per rigenerare se stessa, il suo consenso, le sue clientele, deve riprodurre la sua debolezza, pena la perdita di relazioni che alimentano il sistema di potere di cui è espressione» (dalla relazione Commissione sulla ’ndrangheta, 2008).
• Quando il suo nome trapelò, prima dell’arresto, rilasciò un’intervista: «Dio solo sa la verità, io penso che qualcuno sia costretto a trovare un colpevole a tutti costi. Non hanno mai scoperto un delitto da queste parti, trecento omicidi e non hanno mai preso nessuno. E ora, ora hanno alzato un muro e me lo vogliono far crollare addosso». Sulla sua frequentazione coi Cordì: «Sono compare di anello con Cosimo (Cosimo Cordì, ndr), gli ho battezzato pure un nipote. E me ne vanto. Cosa facciano poi loro io non lo so, so quello che faccio io: ogni sera vado a casa e sto con mia moglie». Sui suoi rapporti con Salvatore Ritorto (detenuto per l’omicidio): «Salvatore è innocente come sono innocente io. Due giorni prima che l’arrestassero è venuto in ospedale per un certificato». Proferì minaccia («Qualcuno pagherà, pagherà caro per tutta questa storia»), pur dichiarandosi tranquillo: «Ho una coscienza immacolata. Possono seguirmi, intercettarmi, possono prelevarmi e portarmi dove vogliono ma io non ho paura. Non ho paura perché sono in pace con tutti. Sono un amico, un amico di tutti» (Attilio Bolzoni e Francesco Viviano) [Rep 23/3/2006].
Ammazzateci tutti Scritto sugli striscioni dei ragazzi di Locri scesi in piazza dopo l’omicidio Fortugno. Una delibera della Giunta regionale approvò la produzione di 20 mila magliette bianche, con su scritta la stessa provocazione, firmate Versace e Mimmo Rotella (pittore di Catanzaro).
• Il 28 gennaio 2008 fu colpito da un’altra ordinanza di custodia per associazione mafiosa ai danni della sanità pubblica (gruppo referente i Morabito di Africo). In tutto 18 arresti, tra gli altri il figlio e Domenico Crea, che il 10 aprile, dal carcere di Palmi, scrisse una lettera di dimissioni da consigliere regionale (nome dell’operazione: “Onorata Sanità”) (vedi Domenico Crea). Il 22 dicembre 2011 è stato assolto in appello. (a cura di Paola Bellone).