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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Gualtiero Marchesi

Milano 19 marzo 1930 - Milano 26 dicembre 2017. Cuoco, patron di famosi ristoranti legati alla sua cucina: dal locale che portava il suo nome a Milano, in via Bonvesin de la Riva (1978) al trasferimento nel 1993 in Franciacorta, ad Erbusco, dove assieme al ristorante crea L’Albereta Relais & Chateaux, una locanda con 60 suite. È stato primo in Italia a ottenere 3 stelle Michelin (la prima nel 1978) e poi a rifiutarle. Tra i suoi allievi Berton, Oldani e Cracco. «Bisogna conoscere, solo dopo si può decidere di cambiare».
• Nel 2008, dopo alcune tappe all’estero, torna a Milano con il ristorante Teatro Alla Scala Il Marchesino, all’angolo tra via Filodrammatici e largo Ghiringhelli, locali dove un tempo stava il Biffi Scala.
• Nel 2014 restaura e apre il castello di Agrate Conturbia (Novara), trasformato in un resort con ristorante: il Castel Conturbia.
• Rettore della Scuola Internazionale di Cucina Italiana Alma, da lui fondata del 2003 nella Reggia di Colorno (Parma). «Se ti apostrofano, chiamandoti maestro, non c’è da gongolare troppo, semmai da stringere i denti e sentirti, nuovamente e a qualsiasi età, come il primo degli scolari».
• «Chi erano i suoi genitori? Gente perbene, albergatori di un talento antico. Li ho sempre visti fare questo lavoro e ho appreso da loro i primi rudimenti. Specializzazione a Saint-Moritz e a Lucerna. Poi alcun anni in Franzia e la fortuna di incrociare i grandi cuochi che lavoravano per i migliori alberghi internazionali» (Antonio Gnoli) [Rep, 24/11/2013].
• «Ha incarnato, quasi per antonomasia, il ruolo dello “chef innovativo” dell’alta cucina. Su di lui la critica gastronomica si è divisa come su nessun altro. L’inventore del “raviolo aperto” (correva l’anno 1985, quando il suo locale in via Bonvesin de la Riva prese per la prima volta in Italia le “tre stelle” dalla Guida Michelin). Lui, quando lo si definisce come l’inventore della nouvelle cuisine, replica: “Oggi quelle due parole non vogliono più dire niente. È come se si dovesse definire Picasso un cubista. La cucina, come la pittura, ha i suoi periodi, ci sono cambiamenti di marcia continua, dal dadaismo all’iper-realismo”. Racconta Marchesi: “Io imparai nel ristorante dei miei genitori, dove la milanese arrivava in tavola spumeggiante di burro. Poi però al Troisgros di Roanne, vicino a Lione, dove da tre generazioni si fa la grande cucina francese, nel 1965 ci fu qualcuno che incominciò a ‘porzionare’ nel piatto invece di presentare in tavola il vassoio di portata...”. E dal 1977, quando Gualtiero si mise da solo, incominciarono ad arrivare i grandi piatti: le insalate di spaghetti, il raviolo aperto, il risotto alla milanese con la foglia d’oro, il filetto alla Rossini, le mousse ghiacciate» (Gigi Padovani).
• « Il cuoco (“che significa chef?”) italiano più noto che ci sia mai stato.Ostinatamente legato al nostro Paese, al punto da rifiutare un’offerta di Gianni Agnelli di trasferirsi a Parigi e aprire un ristorante tre stelle. “Mi mancò il coraggio”, ha poi confessato sereno. Uno scienziato della cucina, così si definiva» (Frenda, Cds).
• «Ha saputo sprovincializzare la cucina italiana, rendendola internazionalmente colta e facendola uscire dai rigidissimi canoni della fame, dello stomaco, del naso e del palato: inviandola direttamente al cervello e all’apparato emozionale e nobilitandola grazie a sensazioni e riflessioni capaci di coinvolgere appieno soltanto il commensale veramente all’altezza di estrapolare durante l’atto prandiale il meglio da sé, riempiendo poi quello spazio interiore con ulteriori elementi di crescita intellettuale e materiale, inducendo uno spostamento in avanti delle proprie esperienze cognitive e creando nuovi e prima sconosciuti paradigmi organolettici e psicologici (Fabio Turchetti)».
• «Ci sono migliaia di ricette codificate, ma l’esecuzione è essenziale. Bela Bartok diceva che l’improvvisazione presuppone la conoscenza della materia. Altrimenti, cosa crei?».
• «L’amore per la musica e le arti figurative sono il versante privato che fa la ricchezza interiore di questo chef, del tutto anomalo rispetto alla categoria. Un uomo sofisticato, perfezionista, curioso, che cita Kant per spiegare un sugo» (Giacomo A. Dente).
• «Si è spento nella sua casa milanese di via Marcona, più votata alla musica che alla cucina, tra violini, violoncelli, arpe. E il piano, naturalmente, dov’è sbocciato l’amore con Antonietta. Sugli scaffali il libro di ricette di Nonna Papera, perché “a voler essere curiosi qualche idea viene fuori anche da lì”» (Frenda, Cds).
• Era sposato con Antonietta Cassisa («una pianista di valore»), due figlie, Simona (arpista) e Paola (artista).