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 2012  maggio 31 Giovedì calendario

Biografia di Antonino Mandalà

• Villabate (Palermo) 25 marzo 1939. Mafioso, in attesa di espiare la pena definitiva a sette anni e otto mesi inflitta in via definitiva l’8 maggio 2014 per associazione mafiosa. Imprenditore. Detto “l’Avvocato”, ma ha solo la laurea in Legge. Nato da Nicolò e Angela Gandolfo, sposato due volte, con figli (vedi Nicola Mandalà).
• Da sempre un piede nella politica (per incominciare come attivista della Democrazia cristiana, nel senso che procurava i voti dei mafiosi al partito), e uno negli affari (nel 79 come socio della Sicula Brokers, società di brokeraggio assicurativo, insieme a Enrico La Loggia, Renato Schifani e Benny D’Agostino. Condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, tra l’altro ospitava i latitanti e controllava la spartizione degli appalti pubblici). Nel 94 fondatore del primo club di Forza Italia a Villabate (in tempo per assicurare, lo stesso anno, la poltrona di sindaco a suo nipote Giuseppe Navetta), negli stessi anni, secondo gli inquirenti, si dedica per conto di Cosa Nostra, in particolare dei mandamenti di Caccamo e Villabate, alla “messa a posto delle imprese” (che per aggiudicarsi gli appalti pubblici dovevano prima passare per i mafiosi, vedi Antonino Giuffrè), quando facendo da intermediario quando, con le cattive, convincendo le imprese in gara a fare offerte basse per agevolare le imprese messe a posto (in particolare nella gara bandita nel 97 a Catania per la costruzione di un residence universitario). Nel 97 si dedica anima e corpo alla creazione a Villabate del più grande ipermercato Auchan di tutta l’isola, con annessa multisala della Warner Bross (il progetto di esecuzione è di una società romana, la Asset Development), dandosi da fare per ottenere la necessaria variante al piano regolatore. Ma il 6 giugno 1998 viene arrestato per la questione della “messa a posto”, per associazione mafiosa (nel 99 il Consiglio comunale di Villabate viene sciolto per mafia dal governo di centrosinistra). Scarcerato due anni dopo per decorrenza dei termini, riprende il progetto, in attesa della variante, rastrellando terreni nella zona dove dovrebbe sorgere il centro commerciale. «Quando c’era un proprietario che un attimino storceva la testa, Pitarresi lo andava a trovare e gli spiegava che era una cosa che voleva Mandalà e che si doveva fare» (Francesco Campanella, pentito, già presidente del consiglio Comunale di Villabate, al tempo dei fatti consulente per lo sviluppo locale del sindaco). Nel 2001 mette nero su bianco un accordo col procuratore della Asset Development, che riconosce una percentuale a Nino Mandalà e soci per l’intermediazione (tre miliardi tutti per Mandalà padre e figlio), si impegna ad affidare i lavori alle società da loro indicate, e ad assumere nella misura del 20 per cento i dipendenti che diranno loro. Nel 2002 passa a Villabate l’approvazione per il centro commerciale (sarà Campanella a distribuire a chi l’ha fatta passare la tangente versata dalla Asset Development), ma poi tutto si ferma in Regione. Per il resto non si sa come siano andati i fatti con certezza, perché un pentito dice una cosa, uno ne dice un’altra. Si sa con certezza che contemporaneamente nel quartiere di Brancaccio il boss Guttadauro (vedi scheda), si stava dando da fare per la creazione di un centro commerciale Carrefour (che avrebbe fatto concorrenza ad Auchan), e chi dice che Totò Cuffaro, allora presidente della Regione, voleva 5 miliardi per concedere la variante per Villabate, chi dice che Brancaccio gliene aveva offerti cinque per darla a loro la variante. Sta di fatto che nel 2003 Cuffaro viene indagato per concorso esterno in associazione mafiosa (sarà prosciolto in via definitiva nel 2013, per essere stato condannato nel frattempo per favoreggiamento nei confronti di mafiosi, quindi, dirà la Cassazione, o l’una o l’altra - vedi Salvatore Aragona), e nel 2004 il comune di Villabate viene sciolto di nuovo (questa volta dal governo di centrodestra). Nel 2006, la commissione prefettizia ha ridotto l’area destinata al progetto della Asset Development da 16 a 4 ettari e mezzo.
• Arrestato nel 2006 per intestazione fittizia di beni con finalità mafiosa e nel 2007 per tentata estorsione (per la vicenda del centro commerciale), scarcerato per decorrenza dei termini, è stato assolto infine sia dall’una che dall’altra accusa, ma condannato in via definitiva a 7 anni e 8 mesi per associazione mafiosa per i fatti del 98 (Cassazione, 8 maggio 2014).
Blog Nel 2010 Si è aperto un blog come “Nino Mandalà”. L’ultimo post risale alla data della sentenza di condanna dell’8 maggio 2014: «Faccio appena in tempo a pubblicare il mio ultimo post prima di tornare in carcere. La Cassazione ha confermato la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello, ingiustizia è fatta (…) E tuttavia avrei accettato senza battere ciglio questa condanna, pur reputandola ingiusta, se l’avessi ritenuta frutto di un onesto errore. Di condanne ingiuste è piena la storia delle vicende giudiziarie e l’errore del magistrato è nella logica delle cose. Ma del magistrato non posso accettare la malafede, quel suo pregiudizio che gli fa piegare la verità a teoremi precostituiti e tradurre il libero convincimento in arbitrio, nella consapevolezza di non dovere rispondere delle proprie responsabilità. Costi quel che costi, denuncio questa sentenza nella quale si annida una disonestà intellettuale che è sorda al richiamo del vincolo morale e al contempo vi ricorre mischiando diritto ed etica e facendo valutazioni che attengono alla mia reputazione per giudicare e condannare un mio preteso peccato anziché un mio reato. È così che in questo processo la certezza del diritto è diventata certezza della pena tanto più quanto più è risultata incerta la colpa.
E mi lamento anche dei tempi della giustizia.
Lo Stato che impone al processo tempi biblici, non ha più il diritto di giudicare un uomo che, dopo tanti anni, non è più lo stesso uomo di prima. Qualunque sentenza esso emetterà nei confronti di quest’uomo sarà una sentenza ingiusta. Lo dice Veronesi: “Fino a pochi anni fa pensavamo che con il tempo aumentassero le sinapsi, i collegamenti tra neuroni. Oggi abbiamo scoperto invece che il cervello è dotato di cellule staminali proprie e dunque si rigenera. Quindi automaticamente il nostro cervello può rinnovarsi. In effetti ognuno di noi può sperimentare come il suo modo di sentire e di pensare non è più quello di dieci anni prima, ma il ragionamento ha più forti implicazioni a livello della giustizia, perché il detenuto non è più la stessa persona condannata tanti anni prima”.
Lo dice Nietzsche quando afferma che il tempo fa l’uomo diverso da ciò che era prima. E lo dice Beccaria quando sostiene che una sentenza, per essere giusta, deve avere il requisito dell’immediatezza affinché appaia evidente il rapporto di causa ed effetto tra reato e pena».
Paraculi Il 22 febbraio 2014, in un post contro il “paraculismo”, se la prendeva prima con il presentatore Fabio Fazio, poi con il presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Capisco tutto, capisco l’ansia di volare verso obiettivi superiori, ma non capisco perché Renzi, sapendo che lo avrebbe sacrificato, si è prodotto in rassicuranti messaggi all’indirizzo del malcapitato Letta al quale ha lasciato intendere che doveva stare tranquillo circa il suo futuro di Presidente del Consiglio, che egli sarebbe durato a lungo fino a quando non si fosse andati alle urne con il nuovo sistema elettorale e che solo allora sarebbe stato il suo turno, di Renzi, di candidarsi alla poltrona di capo del governo ed essere legittimato dall’investitura popolare. E no, dottor Renzi, questo è inquietante e ci preoccupa, perché un conto è catafottere un amico sull’altare dell’interesse generale in nome di una sofferta necessità machiavellica, un altro conto è sbandierargli lealtà e poi tradirlo, promettere agli italiani di attendere il loro consenso legittimante e poi gabbarli.
Come facciamo a fidarci in futuro quando lei, dottor Renzi, ci dirà di stare tranquilli?».
• In un post rendeva noto di intrattenere rapporto epistolare con i suoi ex compagni di cella. La lettera ricevuta dal corrispondente più assiduo, che per consolarlo trascriveva una poesia di Mandela, che «indica ai perseguitati dalla giustizia la rotta da seguire».
• Parlando, intercettato dalla polizia, con Simone Castello (imprenditore, smistava i pizzini di Bernardo Provenzano per tutta la Sicilia), gli racconta di avere fatto piangere Enrico La Loggia (vedi), dicendogli: «Enrico tu lo sai da dove vengo e che cosa ero con tuo padre... io sono mafioso come tuo padre, perché con tuo padre me ne andavo a cercare i voti vicino a Villalba da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga… Ora lui non c’è, ma lo posso sempre dire io che tuo padre era mafioso».
• L’11 maggio 2008 ha fatto scandalo il giornalista Marco Travaglio, comparendo nella trasmissione Che tempo che fa condotta da Fabio Fazio, per ricordare che il neo presidente del Senato Renato Schifani aveva fondato la Sicula Brokers e aveva scelto, tra i soci, Nicola Mandalà. (a cura di Paola Bellone).