30 maggio 2012
Tags : Angelo Di Livio
Biografia di Angelo Di Livio
• Roma 26 luglio 1966. Ex calciatore. Osservatore della Nazionale italiana di calcio per conto della Fgci. Con la Juventus vinse tre scudetti (1995, 1997, 1998), una Champions League (1996), una coppa Intercontinentale (1996) ecc. Dal 1999 alla Fiorentina, non l’abbandonò neanche dopo il fallimento che la precipitò in C2 (2002). Con la Nazionale fu nel 2000 vicecampione d’Europa, in tutto 40 presenze. Ha allenato le giovanili della Roma (2006 – 2008) e ha fatto parte dello staff di Marcello Lippi in Nazionale.
• «Sono cresciuto alla Bufalotta, uno dei quartieri della capitale, e la mia prima squadra è stata la polisportiva che prende il nome del rione, nella quale ha giocato anche mio fratello Maurizio. Poi arrivò la Roma e la maglia giallorossa fu sin da subito una seconda pelle».
• «I primi soldi? Gli ho investiti in immobili e mi sono tolto anche qualche sfizio: auto, orologi. Ma il chiodo fisso era la casa. Vengo da una famiglia normale: mio padre Amerigo operaio e mia madre Antonia casalinga, oltre a mio fratello che faceva il benzinaio. Io ho smesso di studiare dopo la terza media e ho iniziato a lavorare in un negozio di casalinghi, poi in uno di scarpe. Mattina lavoro, pomeriggio allenamenti. Ho imparato il senso del sacrificio e il gusto per la conquista, mentre mi rode un po’ non aver studiato di più».
• Ala, era soprannominato Soldatino: «Me lo diede Roberto Baggio per il mio modo di correre, spalle strette e braccia distese lungo i fianchi. Un giorno, durante un allenamento, si volta verso di me e mi fa: “Sembri un soldatino”». «Questo soprannome è stata la mia fortuna. Ormai tutti mi chiamano così, persino mia figlia Alessia. Mia moglie mi raccontò che una volta, vedendomi in televisione, disse: “Mamma, guarda com’è piccolo papà”. Tutta colpa di Peruzzi e Maldini! Infatti, durante gli inni nazionali, mi trovavo tra loro due e la telecamera che inquadrava i primi dovette abbassarsi di colpo, altrimenti sembrava che l’Italia giocasse in dieci!».