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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Dino De Laurentiis

• Torre Annunziata (Napoli) 8 agosto 1919 – Beverly Hills (California, Stati Uniti d’America) 10 novembre 2010. Produttore cinematografico. Oscar alla carriera nel 2001. «In Italia sono il dottor De Laurentiis e in America “mister D”, o al massimo “Dino”. Come Sinatra che era “Frankie” e basta. Qualcosa significa, no?».
• «Ex piazzista del pastificio paterno, ex allievo-attore del Centro Sperimentale, rapidamente affermatosi come organizzatore, diventò famoso producendo Riso amaro (1949) dove lanciò la futura moglie Silvana Mangano. I consensi ottenuti lo incoraggiarono a ideare, prima in società con Carlo Ponti e poi da solo, pellicole di respiro internazionale come Ulisse, Guerra e pace, La tempesta. Nello stesso tempo, fedele alla filosofia di alternare film spettacolari e d’autore perseguendo sempre la qualità, batte un record vincendo l’Oscar del film straniero per due anni di seguito con altrettanti capolavori del suo amico Fellini, La strada e Le notti di Cabiria. Ottenne anche il gran premio a Venezia con La grande guerra (1959), sostenne Alberto Sordi nel periodo più interessante della sua carriera (ma era stato anche un assiduo fucinatore delle comiche di Totò), realizzò una quantità di titoli che qualcuno, esagerando, fa ammontare a 600. Nel 1964 creò sulla via Pontina i modernissimi stabilimenti di Dinocittà, dove allestì fra l’altro La Bibbia. Ma il suo sforzo fu contrastato da una legislazione per cui le megaproduzioni in lingua inglese non potevano più ottenere i benefici derivanti dal riconoscimento della nazionalità italiana, come accadde per Waterloo. Crollato il sogno di Dinocittà, che oggi è un ammasso di rovine, nel 1973 si trasferì a sorpresa negli Usa, dove produsse film come Serpico e I tre giorni del Condor e kolossal come King Kong, Flash Gordon e Ragtime. Sempre con alterna fortuna, però senza troppo inorgoglirsi né troppo deprimersi, con il piglio del grande giocatore. A Dino tutti riconoscono la qualità di un cineasta che ama profondamente il suo mestiere e lo conosce come pochi» (Tullio Kezich).
• «Ha rappresentato un immenso ponte fra l’Italia e l’America, perché ha portato il lussuoso artigianato italiano a Hollywood e i sistemi dell’industria americana a Cinecittà. È questo il suo capolavoro» (Giampiero Brunetta).
• «Io l’attore volevo fare. A quei tempi facevano furore Gable, Amedeo Nazzari e le signorine facevano la fila per entrare al cinema. Ero ancora un ragazzo, lavoravo nel pastificio di mio padre, a Torre Annunziata, venivo spesso a Roma per vendere la pasta. E quando lessi il bando di concorso per entrare al Centro Sperimentale, non ci pensai due volte e tentai la sorte. Poi arrivò la lettera di convocazione. A casa la presero così e così, ma alla fine venni a Roma, passai l’esame e fui ammesso al Centro, avevo 19 anni».
• «Feci di tutto, trovarobe, comparsa, generico, insomma la gavetta, quella dura. Poi, sul set di Mario Camerini che stava girando Batticuore, conobbi Peppino Amato e riconosco che per me è stato un grande maestro. Da lui ho capito che, dalla prima star all’ultimo falegname, tutti nascondono un tesoro, il produttore deve avere la pazienza di capirlo e saperlo tirar fuori. L’8 settembre andai allo sbando, come la maggioranza degli italiani. Mi rifugiai a Capri dal mio amico Mario Soldati. E finalmente, alla liberazione, tornai a Roma. Eravamo di nuovo tutti insieme, vecchi e giovani, De Santis, Camerini, De Sica, Rossellini, pronti a ricostruire, a ricominciare. C’era una povertà desolante, avevamo pochissima pellicola, si girava per strada, senza attori, con la gente scelta dal marciapiede. I critici lo chiamarono Neorealismo, ma quello era il cinema della fame. Eppure quel nostro cinema conquistò il mondo» (ad Andreina De Tomassi).
• «Una mattina in un albergo a New York mi sveglio all’alba e non ho niente da leggere. Apro un cassettino e trovo una Bibbia. Io non la conoscevo. Comincio a leggere ’sta Bibbia. Cavolo, mi dico, qui ci sono dei film straordinari. E mi è nata l’intuizione. Mi han dato del pazzo e del folle. Lo stesso dicasi per Guerra e Pace. Che fa De Laurentiis: si mette a girare Tolstoi? Per questo sono una star, se mi è permesso dirlo. Decido mentalmente, mi prendo responsabilità, azzardo e ho dato dimostrazione di aver avuto naso, mi sembra».
• «Se vedendo un’attrice o una donna mi accorgo che mi attrae sessualmente è una prima indicazione. Se mi lascia indifferente, non mi arrazza, vuol dire che non ha sex appeal. Non farà carriera. Non bucherà lo schermo. Lascerà gli spettatori indifferenti, freddi. Pochi biglietti. Questo non significa che ci debba andare a letto. L’attrazione sessuale immediata è però una cartina di tornasole».
• Su Silvana Mangano (e Riso amaro): «Avevamo un copione di Peppino De Santis, il regista, ma non riuscivamo a trovare la protagonista femminile. Disperati, io e Peppino camminavamo per via Veneto. Alzando gli occhi vidi un manifesto elettorale. C’era una ragazza selvaggia, aggressiva e composta allo stesso tempo. Una bomba. Eccola là, dissi, è lei. La cercammo e lei non voleva neanche fare l’attrice. Fu suo padre a convincerla. La nostra storia d’amore è iniziata dopo che il film è finito» (a Dante Matelli).
• Da Silvana Mangano (nozze nel 1951) ha avuto i figli Veronica, Raffaella, Federico, Francesca; da Martha Schumacher (1990) Carolyna e Dina.