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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Massimo Cacciari

Venezia 5 giugno 1944. Filosofo. Politico (Pci, Ds, Margherita, Pd). Già sindaco di Venezia (dal 1993 al 2000 e di nuovo dal 2005 al 2010). Accademico. «Non obbedisco a nessuno, neanche al Padreterno».
Vita Il padre Pietro era un pediatra «molto popolare, molto generoso» (Alberto Sinigaglia), la madre figlia di una famiglia di artisti. Al ginnasio era il migliore. «I primi libri che mi hanno assolutamente appassionato sono stati due, sottratti alla biblioteca di casa: Il castello di Kafka e le Novelle per un anno di Luigi Pirandello. Detestavo i libri che mi davano in classe: di favole, di avventure. Mia madre me li raccontava, io ne facevo il riassunto per la maestra. Dopo dieci pagine crollavo di noia. Piuttosto, leggevo giornaletti: Topolino, Tex Willer, L’intrepido. Il castello fu un’esperienza travolgente. Proprio non riuscivo a staccarmi. E alle elementari mi misi a fare temi in quello stile, suscitando perplessità sul mio stato di salute mentale. Il maestro convocò i genitori e chiese cosa avevo in mente».
• «A quattordici, quindici anni cominciai a sentire la piccola vocazione. Comperai all’usato La Volontà di potenza nella traduzione oscena dei Fratelli Bocca, che ho ancora, preziosa perché introvabile. Anche Nietzsche fu, dopo Kafka, un’altra rivelazione». La prima rivista che diresse, con Cesare De Michelis, fu “Angelus novus”, dal celebre titolo di Walter Benjamin: «Era il ’64, avevo vent’anni. Quell’antologia, uscita da Einaudi a cura di Sergio Solmi, fu decisiva per me. Una delle opere che hanno aperto la testa della nostra generazione. O chiusa, a seconda dei punti di vista». Toni Negri: «Incredibile vedere un giovane destreggiarsi così con Walter Benjamin quando gli intellettuali dell’epoca non sapevano nemmeno dove stesse di casa». Ancora studente collabora con i professori Carlo Diano (Letteratura e Filosofia greca), Sergio Bettini (Estetica e Storia dell’Arte), Giuseppe Mazzariol (Letteratura Artistica). Laureato nel ’67 con Dino Formaggio (tesi sulla Critica del giudizio di Immanuel Kant), di cui diventa assistente. Dal 1970 al 1971 un incarico di Letteratura artistica. Associato di Estetica nell’80 e Ordinario nell’85. Dall’amicizia con Manfredo Tafuri nascono libri dedicati alla teoria dell’architettura (scrive per Casabella e riceve una laurea honoris causa in Architettura dall’università di Genova).
• «Tutti ricordiamo le movimentate esperienze intellettuali e politiche attraverso cui il giovane Cacciari maturò il proprio inconfondibile stile di pensiero. Interveniva allora con stupefacente versatilità e incisività in molti campi: in filosofia, arte, letteratura, politica ed economia. Si era nei turbolenti anni Settanta, e più che alla costruzione di una filosofia Cacciari lavorava a un intrepido sfondamento dei blocchi compatti delle ortodossie attraverso una riconsiderazione delle esperienze più intriganti della modernità: la letteratura e le filosofie della crisi primonovecentesche (Musil, Hofmannsthal, Roth, Kraus, Loos, Spengler, Wittgenstein), la cultura di Weimar (in particolare Weber e Rathenau), il decisionismo di Schmitt ed Jünger, il pensiero ebraico (Rosenzweig). Un’operazione trasversale che ebbe il merito non solo di provocare scompiglio nell’autocomprensione della sinistra e di sollecitarne un rinnovamento, ma anche di riscoprire e sdoganare autori, testi e passaggi storico-concettuali dimenticati od ostracizzati. L’eclettismo delle sue ricerche non gli ha impedito peraltro di tracciare solchi profondi nel dibattito filosofico e politico. Ha lasciato il segno, per esempio, la sua individuazione e valorizzazione di quella corrente di “pensiero negativo”, antidialettico e nichilistico, che attraversa il pensiero moderno, e che nella Distruzione della ragione Lukács aveva rabbiosamente bollato come irrazionalismo. Contro l’anatema marxista, e in parte contro la cultura einaudiana allora dominante in Italia, in Krisis (1976) Cacciari riabilitava tale pensiero come espressione di un’intellettualità disincantata e come punta avanzata dell’autocoscienza borghese. E ciò gli consentiva di sfruttare per un’analisi critica del presente alcune intuizioni portanti del nichilismo europeo. Un altro solco profondo lo ha tracciato con la sua prima produzione adelphiana: Dallo Steinhof (1980), Icone della Legge (1985), L’Angelo necessario (1986). Termine di confronto è qui la modernità letteraria, filosofica, artistica e musicale, che nella baldanzosa immagine delle avanguardie appare come la definitiva liquidazione dell’antico e della tradizione. Cacciari invece ha portato alla luce le “erranti radici” del mondo moderno, le sue sfuggenze, i conflitti senza conciliazione, i sentieri interrotti, l’assenza di un nomos condiviso. Di qui l’esigenza di riattivare risorse simboliche ancora praticabili. Come quella del Politico, riconsiderata nell’importante dittico filosofico-politico adelphiano: Geofilosofia dell’Europa (1994) e L’Arcipelago (1997). Ma soprattutto quella del Sacro e del Religioso. Un’apertura che inizialmente, nel mezzo del dibattito sulla secolarizzazione, lo poneva decisamente in controtendenza. E spiazzava molti atei di principio. Dell’Inizio (1990) ha costituito la coerente e coraggiosa elaborazione speculativa di quest’apertura: Dio, il Principio, l’Assoluto, nella sua abissale ineffabilità, è qui posto di nuovo al centro della filosofia» (Franco Volpi).
• Ultimi libri pubblicati: Labirinto filosofico (2014) e Il potere che frena (2013), entrambi per Adelphi.
• Nei suoi scritti di filosofia «ama molto le maiuscole e le parole fratturate che diano il senso della profondità (tipo “de-cidere”, al posto di “decidere”)», ma «nei suoi interventi politici abbandona le abissali oscurità e diventa incisivo e caustico. Celebre la risposta a chi gli chiedeva se non avesse per caso voglia di iscriversi al Psi: “Non ne ho bisogno, sono già ricco di famiglia”» (Pietrangelo Buttafuoco).
• «Come filosofo, Cacciari prevalentemente cita o criptocita. Di solito lui cita senza precisare la fonte, nello stile del “pastiche” involontario. (...) Le sue carte vincenti, le ragioni per cui si comprano i suoi libri senza riuscire a leggerli (nessuno è mai stato capace di recensirli), sono le carte che in Italia hanno il massimo punteggio: la politica (uno spettacolo e un vizio nazionale) e la filosofia (un ipnotico feticcio). Cacciari parla di piccola politica come se parlasse filosoficamente di una Grande politica, che nel nostro piccolo paese non c’è mai stata. Sì, va detto, qualche volta Cacciari esprime pareri politici sensati, che però avevamo già sentito parlando con il vicino di casa o con il tassista. La cosa ovvia lui non la dice come se fosse ovvia per tutti, ma come se fosse ovvia solo per lui che la dice e l’ha capita prima. Il quid che rende unica la recita del nostro uomo è questo solo tono, questo solo tema: “Io ho capito in anticipo quello che voi non capite neppure in ritardo. Perciò che ci sto a fare io qui con voi?”. Eppure sta lì. Non se ne va. Anzi torna. E’ sempre pronto a tornare. Basta chiamarlo» (Alfonso Berardinelli) [Fog 19/11/2014].
• I suoi scritti hanno avuto una grande influenza sul compositore Luigi Nono, per il quale curò la selezione dei testi di Das atmende Klarsein (1980-1983), Quando stanno morendo. Diario polacco n. 2 (1981), Guai ai gelidi mostri (1983) e dell’opera Prometeo. Tragedia dell’ascolto (1985). Il musicista, a sua volta, dedicò a Cacciari Risonanze erranti. Liederzyklus a Massimo Cacciari (1986).
Politica Alla Camera dal 1976 al 1983. Breve esperienza di parlamentare europeo tra il 1999 e il 2000. Nel 2007 il Manifesto ne elencò tutti gli strappi politici: 1. Dopo essere stato deputato del Pci dal 1976 al 1983, Cacciari lascia il partito per contrasti sulla linea politica; 2. Divenuto sindaco di Venezia nella prima ondata di quella che sarà ricordata come la «stagione dei sindaci», fonda, con Francesco Rutelli, Antonio Bassolino, Valentino Castellani e altri, “Centocittà”, movimento che vuole dare voce alla realtà amministrativa dei comuni; 3. Convinto che nel Nord Est il centrosinistra non abbia né numeri, né idee per contrastare il centrodestra, crea un movimento territoriale che lo porterà poi a candidarsi a presidente della Regione Veneto, ma sarà sconfitto da Giancarlo Galan; 4. Nel 2004 fonda a Milano il Centro di formazione politica, scuola quadri della Margherita, per il Partito democratico. Alle lezioni prendono parte anche molti docenti non strettamente legati al centrosinistra tradizionale; 5. Nel 2005 per la terza volta corre come sindaco nelle liste della Margherita, presentando il suo nome poche ore prima che scadano i termini. È in disaccordo con la candidatura sostenuta da Pds, Verdi e Rifondazione, quella di Felice Casson, magistrato in servizio a Venezia. Vinse al ballottaggio (18 aprile 2005), benché al primo turno fosse stato distanziato da Casson di ben 14 punti (37,68 a 23,22), decisivi i voti di centrodestra.
• Questioni affrontate durante i suoi tre mandati da sindaco: il commercio ambulante abusivo, è stato il primo ad applicare il decreto sicurezza per contrastare il fenomeno; il decoro dei turisti (vietata la vendita di cibi da asporto nelle vicinanze di San Marco, vietato girare a torso nudo, vietato sdraiarsi); lo scontro con il Festival del cinema di Roma, spostato all’ultima settimana di ottobre per non danneggiare quello di Venezia («soldi a Roma per il cinema? Metto mano alla pistola»; l’opposizione della Lega alla costruzione delle abitazioni per realizzare un campo Sinti (che ospiti cittadini appartenenti a questa etnia); la crociata anti-minerale in favore del consumo di acqua del rubinetto (compare sui cartelloni mentre beve un bicchiere d’acqua del rubinetto: slogan «Anch’io bevo l’acqua del sindaco»); lo sciopero dei croupiers («guadagnano il doppio del mio stipendio dopo trent’anni d’insegnamento»); la manutenzione del Palazzo Ducale dopo che un masso di trenta chili ha colpito un turista a passeggio; le autorizzazioni per la musica dal vivo, concesse non in base ai decibel ma al genere musicale (il «jazz sperimentale quale free jazz, essendo dissonante, potrebbe essere sgradevole o di disturbo»; il ricambio al vertice della Biennale; la polemica con l’attrice Fanny Ardant che aveva dichiarato: «Per me Renato Curcio è un eroe. Ho sempre considerato il fenomeno delle Brigate Rosse molto coinvolgente e passionale», alle quali rispose: «Io preferisco perdonare. Perché bisogna perdonare quelli che non sanno cosa fanno o dicono. Curcio sapeva benissimo quello che diceva e faceva, e non lo perdono. Fanny Ardant non lo sapeva. Si è esposta parlando di un periodo che ignora, di un personaggio che ignora. Sì, insomma, ha fatto pipì fuori dal vaso»; la candidatura di Venezia ad ospitare le Olimpiadi del 2020 contro Roma (entrambe le città poi hanno perso); la moratoria di un anno sull’apertura di nuove pizzerie e kebabberie in centro città; l’ordinanza per far «sparire le mani tese dalle porte delle chiese e i questuanti dal centro della città».
• Critico sul Mose e sul via libera della Commissione di salvaguardia ai cantieri, malgrado la contestazione della Commissione europea: «Mi appare semplicemente incomprensibile, perché siamo di fronte a un intervento che con assoluta evidenza modifica profondamente e permanentemente lo stato dei luoghi, che doveva essere sottoposto anche a una valutazione di tipo paesaggistico e il cui impatto ambientale, inspiegabilmente mai valutato secondo le norme nazionali, è già stato denunciato con lettera formale dal direttore generale del Ministero dell’Ambiente».
• Critico anche sul Consorzio Venezia Nuova, la società concessionaria del ministero dei Trasporti per la costruzione del Mose, al centro di un’inchiesta nel luglio 2013: «Ho sempre sostenuto che la decisione di costituire un consorzio era tale da prefigurare condizioni molto favorevoli a pratiche monopoliste (...) C’erano sei miliardi di lavori tutti concentrati in un’opera unica. E c’era una sola stazione appaltante (...) Se sei l’unico appaltatore e incentri tutto sul Mose, è chiaro che fai quello che vuoi. Non ho mai detto che questo fosse illegittimo, ho denunciato che era profondamente sbagliato. E sono stato il solo a dirlo» (Rodolfo Sala) [Rep 15/7/2013].
• Alla fine della Regata Storica (settembre 2007) è stato fotografato mentre otto braccia (due collaboratori e due vigili in alta uniforme) lo trattengono. Si voleva scagliare contro il secondo classificato Igor Vignotto (bicipiti larghi come il torace del sindaco), che lo accusava di favoritismo nei confronti del vincitori: «È sempre stato impulsivo, di quelli che sembrano dire “andiamo fuori e facciamo i conti”. Anche se poi le botte non sanno neppure cosa sono e le prendono» (Cesare De Michelis).
• Il 12 settembre 2008 è stato inaugurato il ponte sul Canal Grande ideato dallo spagnolo Santiago Calatrava. Nessuna cerimonia a causa delle polemiche provocata dalla provvisoria mancanza di un’ovovia per disabili e i costi lievitati da cinque a undici milioni di euro. Cacciari l’ha definito «l’opera di architettura contemporanea italiana qualitativamente più importante degli ultimi decenni» (Nino Luca) [Cds 26/8/2008].
• Altri progetti realizzati durante il suo mandato: il museo di Tadao Ando alla Punta della Salute e l’Archivio Vedova, progettato da Renzo Piano. Saltato invece l’annunciato Venice Gate all’aeroporto ad opera dell’archistar Frank Gehry.
• Il conte Ranieri da Mosto: «Sono stato con lui in consiglio comunale per cinque anni. Se la prendeva con i suoi, dandogli dei cretini in aula» (Stefano Lorenzetto) [Grn 9/5/2010]. Per Gianni De Michelis, altro storico politico veneto, Cacciari è stato «un sindaco che non ha fatto niente per Venezia e un affabulatore ostaggio di venditori di cianfrusaglie e centri sociali». «Il verdetto è chiaro, e viene a galla dopo una lettura rapida delle tabelle: nel 2007 i sindaci più bravi d’Italia sono stati Massimo Cacciari e Sergio Chiamparino» (Emiliano Fittipaldi) [Esp 22/1/2009].
• Conclusa l’esperienza da sindaco, nel luglio 2010 è tra gli estensori del manifesto di Verso Nord, un movimento che puntava «a scalfire l’egemonia leghista nel Triveneto» (Francesco Bei) [Rep 10/4/2011]. Si tira presto fuori: «Non c’entro niente con Verso Nord e l’ho ribadito cento volte. Sono degli amici e una volta ho partecipato a un loro dibattito. Ma non ho idea di che cosa vogliano fare» (a Daniele Riosa) [Affaritaliani.it 26/4/2012].
• Col tempo è diventato sempre più critico verso il centrosinistra: «Prodi e gli altri devono innanzitutto vergognarsi e poi fare un’autocritica precisa (...). La questione mi sembra evidente: la sinistra ha il problema del Settentrione d’Italia». Nel 2010 ha lanciato l’idea di un «un Pd del Nord autonomo, federato con quello nazionale solo sui temi della politica estera e delle direttive generali dell’economia», il cui segretario avrebbe dovuto essere Sergio Chiamparino. Definita la sinistra «un campo di capre pazze», ha puntato su Luca Cordero di Montezemolo come leader di un nuovo schieramento: «Gli imprenditori come lui devono scendere in campo. Perché Fini, Casini e Rutelli non bastano. Serve un processo costituente: non per il terzo Polo, ma per il Polo» (Alessandro Trocino) [Cds]. Per le amministrative di Milano del 2011, sfumata la candidatura di Gabriele Albertini, il suo Centro di formazione politica ha appoggiato Manfredi Palmeri.
• Del Partito Democratico che non è riuscito a vincere le elezioni politiche del 2013 ha detto: «Siamo gente affetta da snobismo e da puzza sotto il naso. La loro vita si sviluppa solo tra Botteghe Oscure, il Nazareno e Montecitorio. Del resto non sanno nulla, gli basta quel triangolo». La colpa non sarebbe stata di Bersani ma «di quel gruppo dirigente che continua a circondarlo. Abbiamo sbagliato a non appoggiare Renzi. È stato un grande errore» (Alessandro Ferrucci) [Fat 26/2/2013].
• «Ha dichiarato (scendendo di livello) che detesta Renzi. Ha capito bene che quel “ganzetto” toscano è impermeabile alla filosofia e quindi al suo magnetismo di filosofo insondabile, tipico e per antonomasia. Renzi non è un decisionista teologico-politico alla Carl Schmitt (su cui Cacciari gli farebbe volentieri una lezione), è invece un decisionista pratico, che per decidere fa prima a parlare che a pensare» (Berardinelli, cit.).
• Preside dal settembre 2002 a metà 2005 della neonata facoltà di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, voluta da Don Verzè. Nel 2003 sponsor della sua cattedra di Estetica è stata la Fondazione Prada (100.000 euro all’anno per tre anni). Attualmente insegna Pensare filosofico e metafisica.
• «Collaboratore fedele» (Vittorio Feltri) di Don Verzè, i due si conobbero nel maggio del 2002 «nel palazzo delle Stelline a Milano. “Vuole occuparsi lei del Logos fatto di carne?”, gli chiese Don Luigi. Cacciari accetta e il sodalizio diventa talmente forte da indurre il prete a dire: “ormai Cacciari è la mia voce”» (Alberto Statera) [Rep 17/11/2011]. Fu tra i pochi a presenziare ai funerali del fondatore del San Raffaele, in ricordo del quale citò Don Milani: «Se uno alla fine della vita ha le mani completamente pulite vuol dire che le ha tenute in tasca».
• Nel 2012 è stato il presidente della giuria del premio Campiello.
• Protagonista del pamphlet dello storico Raffaele Lucci Il politico della domenica - ascesa e declino di Massimo Cacciari (Stampa Alternativa, 2013). Nel testo Cacciari è descritto come «un tuttologo sfibrante, una sorta di Sgarbi del post­berlusconismo, senza per altro possedere le virtù istrioniche del critico d’arte».
• «Cacciari è la più bella maschera filosofico-politica che il carnevale di Venezia abbia regalato alla commedia mediatica italiana» (Berardinelli, cit.).
Amori «Single irriducibile» (Corriere della Sera), alle voci di una sua storia con Veronica Berlusconi (diffuse da battute pubbliche del marito) replicò così: «Veronica non la conosco. Sua figlia Barbara è una mia brillante allieva». Sempre a proposito di Barbara Berlusconi: «In politica potrebbe funzionare, meglio di Marina» [Mario Sechi, Fog 28/9/2013].
• «L’altro amore inventato è quello con Evelina Manna, modella e attrice di folgorante bellezza, assurta a onor di cronaca nel 2007 quando fu nominata nelle intercettazioni fra Berlusconi e Saccà» (Maria Luisa Agnese) [Cds 15/12/2012].
• Rapporti difficili con il fratello Paolo, ex parlamentare di Rifondazione Comunista: «Non condivido assolutamente nulla di quello che mio fratello dice e fa da trent’anni».
Frasi «È prima dei 26 anni che bisogna dare il massimo, da giovani si hanno le più alte potenzialità cerebrali, poi si diventa progressivamente coglioni».
• «Dei progetti a sigle non me ne frega niente. Ds più Democratici meno Mastella più Cossiga meno Dini... non me ne importa nulla. Mi interessa il progetto. Dopo di che, mi metto a fare il partito anche con il diavolo».
• «In filosofia chiedere scusa è facile, perché per natura il filosofo si nutre di dubbi».
• «Chi abbia letto una sola tragedia greca, una sola invettiva dantesca, un verso della Ginestra, saprà ascoltare, saprà riconoscere i propri limiti e il valore altrui, ma passivamente obbedire mai».
• «La Luce rivela che l’uomo è straniero a se stesso. E poiché non si conosce, compie atti che non doveva compiere – il primo, che tutti comprende: nasce e non avrebbe dovuto».
• «Se Venezia fosse ancora austriaca, oggi avrebbe le auto in piazza San Marco».
• «La cosiddetta società civile ti invade ogni giorno l’ufficio perché ha la prostituta nel viale, o il casino nel bar sotto casa, o il mendicante o la strada dissestata. Un esercito di infanti incapaci di arrangiarsi su qualsiasi vicenda umana e terrena. E io rispondevo: va bene, ti faccio l’ordinanza, così smetti di rompermi le palle».
• «Non mi fanno paura i cimiteri ma le persone che non pensano alla morte».
Vizi «Io non sono mai andato dal barbiere. Mi taglio i capelli, mi faccio la barba da solo».
Tifo Milanista sfegatato.