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 2012  maggio 22 Martedì calendario

In due parole, il risultato dei ballottaggi è questo: la Lega ha perso sette volte su sette, i grillini hanno conquistato Parma e altri due comuni, Leoluca Orlando ha vinto a Palermo con il risultato-monstre del 72,43% dei voti, il Pdl sembra essere scomparso dalla scena, a Genova ha vinto il vendoliano Marco Doria, su 177 comuni con più di 15 mila abitanti, 92 sono andati al centro-sinistra, che prima ne aveva solo 45

In due parole, il risultato dei ballottaggi è questo: la Lega ha perso sette volte su sette, i grillini hanno conquistato Parma e altri due comuni, Leoluca Orlando ha vinto a Palermo con il risultato-monstre del 72,43% dei voti, il Pdl sembra essere scomparso dalla scena, a Genova ha vinto il vendoliano Marco Doria, su 177 comuni con più di 15 mila abitanti, 92 sono andati al centro-sinistra, che prima ne aveva solo 45. Bersani grida che questa è una vittoria del Pd senza se e senza ma, ed è difficile dargli torto, nonostante il senso del voto sia sicuramente più complesso di così, più articolato. Il segretario democratico, che non riesce ad assegnarsi una vittoria convincente fino in fondo, insiste nel dire che il suo partito è capace di battere anche Grillo, come infatti è accaduto, per esempio, a Garbagnate e a Budrio.

• Il solo fatto che Bersani metta in evidenza queste due vittorie, su tutte le altre teoricamente esaltabili, dice quanto è diventato importante Grillo sulla scena nazionale.

L’analisi non può ignorare il dato dell’astensione. Ha votato il 51% degli aventi diritto, cioè in pratica un italiano su due. Con punte di astensionismo mai viste, come a Palermo (39,76% di votanti) o a Genova (39,08).

• Però a Parma l’affluenza è stata superiore alla media, più del 60% mi pare.

Sì, il 61,18%, appena tre punti in meno rispetto al primo turno, ma addirittura 10 punti in più rispetto alla media nazionale. La vittoria di Grillo è netta e indiscutibile. Se l’è sempre vista con candidati di centro-sinistra e li ha battuti, oltre che a Parma, dove il nuovo sindaco è il grillino Federico Pizzarotti, anche a Mira (Venezia) e a Comacchio (Ferrara) città dove i due nuovi sindaci Alvise Maniero e Marco “Cichino” Fabbri sono stati preferiti agli uomini di Bersani. È vero, naturalmente, che il Pd s’è preso la rivincita a Garbagnate e Budrio, ma, naturalmente, la vittoria di Parma fa premio su tutto il resto: Pizzarotti è passato dal 19,47% del primo turno al 60,22% del secondo. Il suo avversario, Vincenzo Bernazzoli, non si è praticamente mosso: 39,2% il 7 maggio, 39,77 adesso. Enrico Letta, vicesegretario del Pd, dice che hanno votato per l’uomo di Beppe Grillo quelli del centro-destra, a cui interessava soprattutto di non consegnare il comune al centro-sinistra. Questo è certamente accaduto, pure non basta a spiegare del tutto il risultato del voto in questa città e anche altrove.

• E qual è questo significato?

Gli elettori non vogliono più vedere, in Parlamento e in televisione, le facce che hanno visto fino a ieri. Leggo, per esempio, che Alfano prepara il Pdl a offrire una proposta nuova agli elettori. E quale potrebbe essere questa proposta nuova rispetto alle mille cose che Berlusconi e i suoi hanno promesso e non hanno fatto quando hanno avuto in mano il pallino del gioco? E che cosa ci si può aspettare dagli avversari di Berlusconi, cioè i democratici, che a loro volta sono stati al comando nel periodo 1996-2001 e 2006-2008 sbranandosi tutte le volte tra di loro e non consegnandoci lo Stato che tutti desideriamo, cioè uno Stato giusto, semplice, funzionante e liberato dalle oligarchie, o potentati, o bande che lo attraversano in tutte le direzioni facendosi la guerra tra di loro o stringendo accordi di cui non sappiamo niente senza far caso alle vittime innocenti delle loro scorrerie? Questo Pinzarotti di Parma ha una faccia pulita, ha detto che rivedrà i conti del comune per capire quali sacrifici i cittadini saranno chiamati ad affrontare per pagare i debiti fatti dalle giunte precedenti (centro-destra), ha ringraziato Beppe Grillo per la mano che gli ha dato presentandosi a Parma venerdì scorso, ma non ha l’aria di chi obbedisce a un padrino. Sia chiaro, gli renderanno la vita molto difficile: il marcio nel quale siamo sommersi è anche il frutto di coloro che invisibili e sconosciuti operano all’interno di un’amministrazione elefantiaca, che ha perso il senso della propria funzione e del proprio onore, che resiste a qualunque cambiamento in nome di mille piccole e grandi rendite di posizione. Pinzarotti deve badare che non  gli nascondano i numeri e le pratiche, che non lo facciano inabissare in qualche buco nero. Fatte le dovute eccezioni, non ci illudiamo sull’onestà complessiva del Paese, non è un caso se fino a ieri ci hanno governato quelli che ci hanno governato.

• Ha un sapore simile la vittoria di Orlando a Palermo?

Sì, e Orlando l’ha capito subito, dichiarando di essere stato scelto «in contrasto con il carrierismo della casta». Orlando è vissuto ancora come personaggio di rottura, come speranza di «tempi nuovi», una specie di Masaniello che conosce a fondo la sua città. La sua vittoria ha perciò lo stesso significato di quella di Grillo.

E la vittoria di Doria a Genova?

Pochezza degli avversari, fascino di un uomo nuovo che ha un’aria perbene. Qui però la maggioranza ha preferito non votare. I partiti non si autoingannino, dichiarando magari, come fa Berlusconi, che il centro-destra ha pagato l’appoggio a Monti o che il Pd ha ormai l’Italia in tasca come finge di credere Bersani.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 22 maggio 2012]