Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  febbraio 14 Martedì calendario

Il tribunale di Torino (giudice Guariniello) ha riconosciuto che le fabbriche di Casale Monferrato e Cavagnolo hanno costruito i loro oggetti con un materiale altamente velenoso, cioè l’Eternit, e hanno quindi condannato i due proprietari degli stabilimenti a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche

Il tribunale di Torino (giudice Guariniello) ha riconosciuto che le fabbriche di Casale Monferrato e Cavagnolo hanno costruito i loro oggetti con un materiale altamente velenoso, cioè l’Eternit, e hanno quindi condannato i due proprietari degli stabilimenti a 16 anni di reclusione per disastro doloso e omissione dolosa di misure infortunistiche. I due proprietari si chiamano Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier de Marchienne: hanno 65 e 91 anni e non andranno in galera, per ora, perché la sentenza è di primo grado e i due condannati vivono, rispettivamente, in Svizzera e in Belgio. Cartier de Marchienne si difende dicendo di essere un semplice azionista, di aver ricoperto il ruolo di consigliere per un breve periodo e di non avere quindi responsabilità nelle tragedie provocate dall’Eternit: ricorrerà in appello. Schmidheiny ha cercato di prevenire gli effetti della sentenza, lasciando fallire la fabbrica vent’anni fa, mettendo in piedi un gigantesco centro comunicazione che facesse lobby in Italia per bloccare le inchieste dei giornali e soprattutto gli interventi legislativi, costruendo intorno a se stesso una fama di ambientalista e da ultimo offrendo 18 milioni alla città di Casale perché non si costituisse parte civile. Soldi che il sindaco della città, Demezzi (Pdl), ha prima accettato (con l’assenso del consiglio comunale) e poi, vista l’ondata di proteste da parte dei cittadini, ha rifiutato. Adesso il tribunale ha fissato, in mezzo a una lista di risarcimenti talmente lunga che la sua lettura ha richiesto tre ore, un indennizzo per Casale di 25 milioni.

Intanto c’è da capire che cos’è esattamente l’Eternit.

Si aggiunge una piccola percentuale di amianto a un impasto di acqua e cemento, ed ecco l’Eternit, così chiamato dal suo inventore, l’austriaco Ludwig Hatschek, a cui pareva che quel materiale sarebbe durato per l’eternità. Era il 1901. La fabbrica a Casale venne impiantata nel 1907. Che l’amianto facesse male lo si sospetta praticamente da sempre, ma dagli anni Settanta lo si dice apertamente. Una lunga lotta ha permesso di dare certezza scientifica al sospetto. A Casale parlano ancora del professor Salvini, medicina del lavoro dell’Università di Pavia, che una certa mattina del 1984 si presentò in fabbrica con un pennello e spennellava di qua e di là le pareti che la direzione aveva tentato di lucidare a specchio. Salvini trovò talmente tanta polvere, e così nociva, da trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica. Dopo una dozzina d’anni la fabbrica fallì e la sentenza di ieri è la prima che condanna quel materiale e chi lo produce. Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha parlato di sentenza storica. E giustamente. In Cina, in India, in Brasile si continua a trattare l’amianto esattamente come prima. Facendo finta di niente.

Quanta gente è morta a Casale e negli altri stabilimenti, per questo?

Precisiamo che il processo ha preso in esame quanto accaduto a partire dal 13 agosto 1999, risultando prescritti i reati eventualmente consumati negli stabilimenti di Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). I morti accertati al 5 ottobre 2011 sono 1830, a cui si aggiungono 1027 parti lese. Non sono morti solo lavoratori e impiegati degli stabilimenti. A Casale se n’è andata all’altro mondo col mesotelioma pleurico o con l’asbestosi, la silicosi e varie broncopneumopatie da silicati tanta gente che in fabbrica non ci aveva mai messo piede. La polvere, portata dal vento, s’incanalava per le vie della città imbiancando le famiglie ignare che stavano a casa. Il peggio purtroppo deve ancora venire perché il picco dei decessi – che continuano con ritmo impressionante - si registrerà tra il 2015 e il 2020. Solo dopo comincerà il declino di questa peste metallica. Il male cova molto a lungo nell’organismo ed è svelto a uccidere (meno di un anno) solo quando uno si accorge di essere stato colpito.

Come se ne accorge?

Un piccolo dolore alla schiena.

Il tribunale ha stabilito anche un qualche risarcimento per le famiglie delle vittime?

Sì, importi tra i 30 e i 50 mila euro, destinati a tutti i familiari che si sono costituiti parte civile.

Molto? Poco?

Poco, a detta di tutti. Anche i 25 milioni assegnati a Casale si direbbero insufficienti. Il sindaco, prima della sentenza, aveva parlato di 30 milioni per bonificare il territorio, perché di polvere, specie sui tetti, ce n’è ancora tanta. Il tribunale ha però assegnato, tra l’altro, 20 milioni alla Regione, 4 milioni a Cavagnolo, 15 milioni all’Inail e 5 milioni alla Asl. È possibile che, mettendo insieme tutti i soldi, una bonifica integrale sia possibile.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 14 febbraio 2012]